Udite, udite, o rustici;
Attenti, non fiatate.
Io già suppongo e immagino
Che al par di me sappiate
Ch’io sono quel gran medico,
dottore enciclopedico,
chiamato Dulcamara,
la cui virtù preclara
e i portenti infiniti
son noti in tutto il mondo… e in altri siti…
Da L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti
Questa introduzione da melomane per indurvi a leggere la bella intervista, rilasciata per La Repubblica di giovedì 9 luglio a Francesco Bonami da Daniel Birnbaum nella quale il già direttore della Biennale di Venezia del 2009 (per chi ne avesse voglia Il circo Birnbaum di Venezia) ci introduce ai prodigi della AR, la realtà aumentata. Infatti, rotti gli indugi, DB, abbandonando la più paludata e prestigiosa carriera istituzionale, dal 2019 ha assunto la direzione di Acute Art, una piattaforma dedicata a progetti di realtà virtuale ed aumenta rivolta all’arte. Sparigliando le carte e abbattendo i muri ormai stretti del Museo, l’arte si getta nell’immenso mare del virtuale. Una gigantesca prateria dove gli artisti potranno realizzare mondi paralleli scaricabili dai tablet, smartphone e varie ed avariate diavolerie. Prepariamoci in un prossimo e non lontano futuro a vedere la Biennale sdraiati sul divano o al bar sotto casa.
Che questa roba fosse nell’aria un po’ si era annusato, altrimenti non si capiva la corsa dei grandi player dell’arte ad accaparrarsi archivi e annessi diritti di immagine e proprietà intellettuale, come a costituire una sorta di libreria sul modello Spotify, library alla quale ognuno potrà democraticamente accedere pagando un piccolo obolo e forse scaricare un’immagine su un imponente sofisticato schermo sulla parete di casa.
Insomma, cchiù pilu pe’ tutti. Ora, dopo questa libera e fantasiosa ricostruzione della bella intervista è d’obbligo spendere, tranquilli, brevemente, due paroline sulla “ favolosa” realtà aumentata.
Intanto va chiarito che perché questa sofisticata diavoleria possa esplicare tutte le sue potenzialità necessita della tecnologia 5G che consente una velocità di trasmissione stellare, la quale, a sua volta, permette l’afflusso di una quantità enorme di dati ed immagini fra loro correlati in tempo reale. Che detta così è una figata pazzesca. Però, però! Il diavolo si nasconde nei dettagli, e i dettagli non sono da poco.
Dovete sapere che la AR non è una tecnologia così banalotta fondata unicamente sulla velocità. Tutti noi quando ci connettiamo alla rete agiamo direttamente e ricerchiamo quel che ci aggrada o serve in quel momento. Con la AR si cambia musica, non siamo noi che ci interfacciamo al sistema, ma sono le macchine che si “parlano” tra loro e poi, successivamente, si rivolgono gentilmente a noi.
Spero di essermi spiegato, stiamo dolcemente scivolando in un mondo distopico di cyborg, e non prendetemi per matto. Gli svalvolati della Silycon Valley stanno già progettando dei cip da introdurre sotto pelle per permettere a noi inferiori e lenti umani di poter interagire con le più veloci e intelligenti macchine! Il primo passo verso Skynet.
Ok, cominciamo la ricerca di John Connor e si salvi chi può. Ah, tornando a bomba, in tutto ‘sto casino che ne sarà dell’arte? Sarà quel fantastico mondo nuovo che il Direttore prefigura? Mah, ai posteri-ori…
Ah, dimenticavo, last but not least, tutta sta roba al netto degli inquietanti problemi di sicurezza che il seducente gadget assicura.
Distopici saluti
L.d.R.