Si estende fino a fine agosto la mostra dedicata all’arte della stampa e a Raffaello Sanzio. Il rapporto tra il grande pittore rinascimentale e il mezzo di stampa ha origine precoce e visione avanguardistica.
Il grande Raffaello Sanzio aveva sempre la matita in mano. Schizzava, disegnava,inventava. Soprattutto inventava. Era questo il suo genio: inventare forme, classiche e insieme fantastiche. Ispirate all’antico, ma modernissime. E, dietro, di lui una folta schiera di collaboratori le copiava, interpretava, modificava, incideva e stampava facendo della sua bottega un laboratorio instancabile e celebre, attivo ben oltre la sua morte, per tutto il Cinquecento.
A portare dentro la fucina di Raffaello è una mostra piuttosto specialistica, ma rivelatrice di una parte importante della sua attività, riguardante la diffusione delle sue creazioni attraverso le stampe. Si intitola La fortuna visiva di Raffaello nella grafica del XVI secolo. Da Marcantonio Raimondi a Giulio Bonasone, aperta alla Pinacoteca Nazionale di Bologna sino al 31 agosto, curata da Elena Rossoni (catalogo NFC edizioni). L’occasione, i cinquecento anni dalla morte del Sanzio e la possibilità di esporre una sessantina di incisioni delle settecento legate a Raffaello conservate nel Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca di Bologna. Emerge tutto un mondo, che racconta quanto lavoro ci fosse in una grande bottega del primo cinquecento oltre alla vera e propria pittura su tavola e ad affresco, quanto contasse il disegno, quanto la diffusione e il commercio delle invenzioni. Naturalmente in una bottega innovativa come quella di Raffaello.
Perché l’urbinate aveva capito l’importanza di diffondere le proprie idee artistiche in un’epoca in cui la stampa cominciava ad assumere il suo valore. Non solo per renderle “eterne”, con il proprio marchio, ma anche per cavarne utili. Racconta lo storico cinquecentesco Giorgio Vasari che l’artista affidò al Baviera (cioè a Baviero de’ Carrocci), «suo garzone» e stampatore di fiducia, il compito di commercializzare le sue stampe dopo la sua morte per mantenere la donna amata, la famosa Fornarina.
I limiti cronologici della mostra sono il 1510-1511, quando iniziano le relazioni certe tra Raffaello e l’incisore Marcantonio Raimondi e la metà del ‘500. Raimondi aveva il merito, agli occhi di Raffaello, di essersi formato a Bologna nella bottega dell’orafo-pittore Francesco Francia, da lui molto ammirato, di avere cioè una solida preparazione e all’avanguardia. Quando i due si incontrano a Roma, Raffaello ha ventisette anni e, dal 1508, l’incarico di decorare le Stanze Vaticane.
Secondo Vasari a incantare Raffaello fu la stampa in rame da parte del Raimondi di un bellissimo disegno di Raffaello con una «Lucrezia romana che si uccideva». Da quel momento Raimondi diventa il “primo incisore” di Raffaello. Ogni schizzo, ogni idea, ogni composizione semplice o complessa viene incisa da Raimondi, studiata, riprodotta, diffusa, con uno spirito che precorre i nostri tempi. A ricordare l’inventore, cioè Raffaello, e l’incisore Raimondi, una sigla «Raph/Urbi/invenit/MA». Una sezione della mostra è dedicata al Raimondi e alle sue magnifiche incisioni dal 1510 circa al 1520 (Suicidio di Didone, Strage degli innocenti, La peste di Frigia, Quos Ego, Estasi di santa Cecilia, Giuseppe e la moglie di Putifarre ed altre).
Raimondi non era solo un esecutore, ma un grande artista, che a sua volta creava, completava, interpretava. Con tutta probabilità con una propria bottega, perché lavorava anche per altri maestri. E non era il solo a incidere per il Sanzio, intorno a cui ruotava, dal secondo decennio del ‘500, una folta schiera di operatori del settore, da Giovan Francesco Penni a Giulio Romano, da Giovanni da Udine a Perin del Vaga, per continuare con Marco Dente, Agostino Veneziano, Ugo da Carpi ad altri ancora. Tutti geniali e originali, come dimostrano le stampe esposte, ma capaci di far circolare e perpetuale il verbo raffaellesco.
Informazioni
La mostra: La fortuna visiva di Raffaello nella grafica del XVI secolo. Da Marcantonio Raimondi a Giulio Bonasone
Bologna, Pinacoteca Nazionale. Via delle Belle Arti, 56.
mercoledì e sabato 10:00-19:00
Biglietti:
intero 8,00 euro
Biglietto agevolato per ragazzi da 18 ai 25 anni: 2,00 euro
Biglietto per possessori della Card Musei Metropolitani, Welcome Card e Card Cultura 2,00 Euro
Gratuito per tutti i cittadini di età inferiore a 18 anni
Rimangono invariate le altre agevolazioni e le gratuità previste per legge
Con il biglietto della mostra è possibile accedere anche alla collezione della Pinacoteca Nazionale di Bologna e a quella di Palazzo Pepoli Campogrande