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Come l’arte può rappresentare una svolta nella storia della coltivazione delle piante

Jan Davidsz. de Heem, Natura morta con ostriche e uva, 1653
Jan Davidsz. de Heem, Natura morta con ostriche e uva, 1653

Che aspetto dovevano avere, qualche secolo fa, la frutta e la verdura che oggi quotidianamente mangiamo? Probabilmente molto diverso, mutato nel tempo a causa dell’addomesticamento e della coltivazione. Per cercare di colmare questa distanza i ricercatori stanno cercando di tracciare l’evoluzione genetica di questi alimenti facendo riferimento alle rappresentazioni che ne hanno dato gli artisti.

#ArtGenetics è nome con cui i ricercatori belgi David Vergauwen, storico della cultura, e Ive De Smet del Centro di biologia dei sistemi vegetali VIB-UGent di Gand, hanno definito il loro nuovo campo di ricerca. Un indirizzo di certo originale, di cui il tempo valuterà ne valuterà l’efficacia. Sicuramente si tratta di un approccio inesplorato, dal momento che la pratica consueta predilige l’indagine delle mutazioni a partire dal genoma, piuttosto che dalla mutazione estetica che esso innesca.

Le immagini di frutta, verdura, legumi, cereali, noci e semi possono dunque rivelarsi un efficace mezzo per ricostruire l’evoluzione genetica di questi alimenti e non solo.

Il cibo a base vegetale è generosamente rappresentato da migliaia di artisti nel corso dei secoli e offre una visione ampia e unica della straordinaria evoluzione delle forme e dei colori dei nostri generi alimentari moderni. Catturare queste informazioni può dimostrare quando e dove sono emerse particolari varietà, quanto fossero comuni e quale correlazione esistesse tra le abitudini alimentari, le rotte commerciali e le terre appena conquistate.

 

David Vergauwen e Ive De Smet alla CNN

Ive De Smet and David Vergauwen have coined the term #ArtGenetics for their new field of research. Photo by Liesbeth Everaert, courtesy of Cell Press.

Le ricerche hanno condotto alla realizzazione di un articolo (Genomes on Canvas: Artist’s Perspective on Evolution of Plant-Based Foods), pubblicato su Trends in Plant Science. Nonostante questo risultato, ci sono dei pro e dei contro in questo tipo di indagine.

Se infatti da una parte i cataloghi dei musei hanno il potenziale per fungere da enorme database storico, spesso i titoli e le descrizioni dei dipinti non identificano il tipo esatto di alimento nella foto, soprattutto se il cibo è solo un dettaglio minore.

Anche quando il cibo è al centro del dipinto, potrebbe comunque avere un titolo Still Life generico. Anche il linguaggio storico rende complessa l’individuazione precisa del frutto in questione. Per superare tali difficoltà, il duo sta ricorrendo al crowdsourcing, chiedendo al pubblico di inviargli via email fotografie di dipinti che sono inerenti al loro studio.

Posto che un dipinto realista sarà sempre preferibile ad uno cubista, vi è poi da considerare l’abilità tecnica. In sostanza: quanto ci possiamo fidare delle rappresentazioni di un artista? Quanto sono verosimili? Un buon metro di riferimento, dicono i ricercatori, sia guardare alle opere raffiguranti le rose. Essendo loro mutate poco nei secoli rimango un affidabile termometro dell’abilità di un artista.

Jan Davidsz de Heem (1606-1684), Grande natura morta di frutta e fiori

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