Santa Sofia torna ad essere una Moschea e lo spettro iconoclasta incombe sulle opere cristiane conservate al suo interno. Il portavoce di Erdoğan ha però divulgato un progetto che appare un buon compromesso.
Ormai, lo sappiamo tutti, è ufficiale: Santa Sofia tornerà a essere una Moschea. Il 10 luglio il Consiglio di stato turco ha annullato il decreto con cui Atatürk aveva trasformato lo storico sito in un museo. Nessuna polemica, per carità. Nella sua storia millenaria la struttura è stata prima adibita a Basilica cristiana (360), poi a Moschea (1453) e infine a Museo nel 1935. Appare dunque ormai sterile rivendicare la supremazia di un culto o dell’altro, mentre può essere più interessante analizzare le ragioni politiche di questa svolta voluta da Erdoğan.
Non è ovviamente questa la sede per farlo, motivo per cui volgiamo la nostra attenzione all’aspetto che più ci pertiene: quello artistico. Infatti nei 1500 anni di consacrazione cattolica Santa Sofia si è fregiata di numerose opere d’arte, soprattutto mosaici di stampo bizantino, il cui destino è apparso incerto dopo la svolta islamica voluta presidente turco. Nonostante il pericolo di una rimozione (o peggio) apparisse comunque remoto, l’atteggiamento iconoclasta aveva già iniziato ad adombrare il dorato splendore di queste opere.
A chiarire i dubbi ci ha pensato il portavoce di Erdoğan, che ha dichiarato che i mosaici raffiguranti le icone cristiane saranno coperti durante le celebrazioni islamiche. Ad essere interessati sono in particolare le opere rivolte verso est, quindi verso La Mecca, indirizzo delle preghiere dei fedeli. Tra questi spiccano i mosaici la Vergine Maria e l’arcangelo Gabriele. Così facendo possono essere scoperti durante gli orari di visita – solitamente sempre densi: solamente nel 2019 il museo è stato visitato da 3 milioni di persone. Per quanto riguarda le decorazioni sulle volte e le cupole – raffiguranti Gesù, santi, angeli, imperatori – sono state studiate tecniche di illuminazioni per mettere in ombra le icone cattoliche.
Una soluzione che pare un ottimo compromesso, capace di mantenere vivo il fascino di questo tempio al centro delle interazioni tra Europa e Asia. Una svolta al momento positiva, dunque, che non lascia però tranquillo lo scenario internazionale. Sono stati diversi infatti, nei secoli, gli episodi di distruzioni o danneggiamento sono stati numerosi. Tanto che lo storico dell’arte Gary Vikan, specializzato in arte bizantina, ha affermato a Art Newspaper : “Non c’è niente che sta tra un iconoclasta e i mosaici“. Un timore importante, che speriamo rimanga tale.