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È morto Giancarlo Zen, l’artista degli oggetti che illuminano lo spazio

Si è spento Giancarlo Zen all’età di 90 anni. Celebre per la ricerca improntata all’analisi dello spazio e alla sua resa geometrica, l’artista ha elevato l’utilizzo del neon a componente fondante dei suoi lavori.

La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.

Diceva Sant’Agostino riguardo la morte. Commiato che non si perde nella strenua resistenza di chi resta, ma diventa saluto convinto di  chi va, forte del mistero dell’assenza che si fa intensa presenza. Di fatti è la luce che detta i ritmi del mondo, tanto che qualcuno si è spinto a dire che il buio non esiste, che è solo mancanza di luce. La vera funzione dell’assenza è quindi riaccendere la presenza, o almeno rievocarla nella sua muta celebrazione.

Noi invece non possiamo che esprimerci a parole, così ci uniamo al commiato per la morte di Giancarlo Zen. Lo facciamo celebrando il suo brillore artistico, mai concessosi totalmente a un movimento preciso, condensato in linee di luce che prendono il nome di neon. Un altro esempio, se vogliamo, di luce che guadagna sostanza, di presenza che si fa spazio nel vuoto dello spento supporto. Zen ha individuato nell’opera l’immanenza dell’oggetto che la compone, resistendo alla tentazione di trasformarlo in esperienza.

Le sue ricerche con l’impiego di materiali industriali – principalmente p.v.c. e neon – hanno inizio negli anni ’50 e gli valgono diverse mostre personali – Galleria Numero, Firenze, IT (1951), Galleria Giraldi, Livorno, IT (1954), Galleria La Colonna, Milano, IT (1959). Un intenso percorso artistico che si infittisce nei decenni successivi, che lo vedono protagonista in diverse esposizioni nazionali e internazionali. Spicca, tra queste, il rapporto con la Galerie Denise René. Più di una semplice collaborazione volta a una singola esposizione, la relazione tra Zen e la galleria parigina si è strutturata attorno a una lunga e proficua amicizia professionale.

Le sue creazioni hanno così guadagnato spazio in molte collezioni nazionali e internazionali: Neue Galerie am Landeemuseum Joanneum, Graz, AT; Landesgalerie, Eisenstadt, AT; VAF-Stiftung, Francoforte, DE; MART Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto (Trento), IT; Galleria d’Arte Moderna, Firenze, IT; Museum Sztuki, Lodz, PL; Museo Civico, Padova, IT; Kunstmuseum, Basel, CH.

Compagno di Marina Apollonio, con lei ha condiviso un gusto essenziale per l’opera d’arte, la sensibilità per la purezza estetica e lo slancio verso la pulizia delle forme. Costruzione geometrica che indaga lo spazio, ricerca di un’architettura che affonda alle origini della percezione.

Con la stessa immediata (ma evocativa) linearità la mente ripercorre le sue creazioni soffermandosi in particolare su Diffrazione Ottica N1-01 e su quello scarto che, a metà dell’opera, crepa lievemente lo scorrere della luminosa linea rossa che obliquamente taglia la tela. Un’interruzione, rapida ma definitiva, come la morte che con i suoi tempi arriva e ribalta vite, rinnovando le esistenze a nuova forma. Così è lieve pensare che anche Giancarlo Zen abbia subito solo una deviazione, che per quanto definitiva non interrompe il fluido dell’anima, ancora libero di scivolare lungo un percorso che, anche se non lo vediamo, scorre proprio accanto a noi.

Diffrazione Ottica N1-01, 1976

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