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Ripartire con “Càrico”, cocktail bar e bistrot

A Milano il “Càrico” bistrot, nonché cocktail bar, nonché ristoro nottambulo, ha scelto l’inizio di via Savona per esporre il suo pensiero un po’ fusion.

Ha cioè scelto quella che un’era geologica fa (nel pre-Covid 19) veniva definita zona Tortona-Savona-Bergognone, considerata un magico luogo trendy. Nulla di speciale, apparentemente, una gran macchia di case vintage (o anche solo vecchie) nella prima cintura esterna al centro di Milano, ma valorizzata al massimo dalla cornucopia di eventi del Fuorisalone del Mobile, da anni una fiera di rinomanza mondiale; e animata da una miriade di bar, trattorie, ristorantini e ristorantoni, per la gioia dei milanesi aperitivisti, dei nottambuli e dei turisti amanti dell’insolito, in arrivo da ogni parte del globo.

Chissà se Lorenzo Ferraboschi e Domenico Carella, titolari del progetto “Càrico” cocktail bistrot, avevano una lontanissima idea di quel che stava per travolgere la ristorazione, il commercio, la società tutta, quando hanno pensato di inaugurare proprio a febbraio: costretti a chiudere nel giro di qualche giorno.

Lorenzo, laureato come business designer, dopo anni di esperienza in Giappone, nel 2010 fonda F-T srl insieme a Maiko Takashima, per dare il via a diversi progetti nel mondo enogastronomico, la maggior parte dei quali legati al Giappone: ad esempio Sake Company e Wagyu Company, Sakeya e Takochu.

La cucina è guidata da Leonardo D’Ingeo, giovane pugliese cresciuto tra “Le Giare” di Antonio Bufi e “l’Atelier de Joel Robuchon”; al bar, accanto a Domenico,  troviamo invece Federico Turina, che ha maturato esperienze in locali di successo quali Langosteria cafè, Dry Milano e Ceresio 7.

Domenico Carella

Domenico, originario della Basilicata, è riuscito a combinare la passione per la mixology con una decennale esperienza come chef professionista. Si è dimostrato capace di tesorizzare l’esperienza di sapori e sentori collezionati in giro per il mondo, in locali di prestigio, per trasferirla nel cuore di cocktail che bilanciano alla grande consistenza e gusto: e difatti infusioni ed elementi inattesi gli servono a creare un piccolo viaggio, senza allontanarsi troppo dal minimalismo. Il bar come come “cucina liquida”, insomma, che ama l’innovazione e rispetta il passato, riservando un posto anche ai cocktail classici. All’indirizzo di Domenico Carella spariamo un banale “come va?” a bruciapelo, il che è un azzardo: la ristorazione milanese, infatti, sta attraversando un Purgatorio di cui non si vede la fine.

“Siamo ripartiti il 18 maggio”, risponde Domenico con un sorriso minimalista, “e le cose stanno andando meglio del previsto. Oggi è mercoledì, e alle ore ventidue siamo già ai limiti della capienza, fra dentro e fuori: proprio non mi posso lamentare, e mi sembra che la nostra clientela abbia recepito il messaggio del Càrico”

Appunto, quale messaggio?

“Quello di un locale in cui il mangiare e il bere devono avere la stessa importanza, e spesso puoi ritrovarti nel piatto ingredienti che sono pensati apposta per abbinarsi al tuo cocktail. In carta abbiamo interpretazioni dello chef come l’ostrica del giorno e alici del Cantabrico, piatti stuzzicanti come la seppiola con nero, crema di porro e cavolfiore marinato, e poi ancora cavallo marinato con salsa pizzaiola e aglio nero, quinoa con burro, Parmigiano e origano; ovviamente, con l’abbinamento di vini e cocktail ci si può sbizzarrire”

Abbiamo apprezzato molto anche il gambero di Mazara con fagiolini e salsa chimichurri, accompagnato da una miniserie di drinks in versione mezza porzione, in modo da seguire un percorso di proposte alcoliche quasi universale: girava per tutti i continenti. A questo punto è inutile perdersi negli elenchi, perché in cucina e al bancone le proposte cambiano mensilmente: restano i tradizionali Negroni, Bellini, Spritz, Daiquiri, Boulevardier e tanti altri, per chi non abbia voglia di esperimenti. E anche sake, distillati e vini sembrano essere all’altezza di una selezione che ha dichiarato guerra al banale.

Domenico, si può già parlare di successo o porta male? E se si può, a cosa è dovuto?

“Direi che è stata molto apprezzata l’idea di base, ossia accoppiare una cucina molto raffinata alla mixologia di classe. Dopodiché, abbiamo anche adottato una politica di prezzi che va bene per tutte le tasche, o quasi: chi non abbia voglia di una serata impegnativa può facilmente limitare i costi, ed assaggiare la nostra qualità. E poi l’orario, quello penso sia decisivo: in questa zona non saprei chi altro, oltre a noi, ha la cucina aperta fino alle due di notte. Forse nessuno. La sua parte la fa anche il servizio, perché ho notato che i clienti sono molto attenti alle nostre spiegazioni sui cibi, sui cocktail, sui distillati: amano farsi accompagnare, insomma, e questo vuol dire che non consumano a caso. E noi siamo ben contenti di questa tendenza”

L’accompagnamento è partito bene, dunque, a giudicare dal tasso di occupazione dei tavoli, e chissà che non prosegua anche meglio. Sarebbe da pazzi, proprio adesso, lanciarsi in previsioni sulla ristorazione e sulla ripartenza dell’economia in genere, ma girando di mercoledì sera per il trilatero del Mobile, via Tortona-Savona-Bergognone, qualche segnale si coglie.

I locali non sono pieni ma l’effetto deserto è scongiurato, e chissà che, grazie alla buona vena e alle idee innovative di imprenditori come Ferraboschi e Carella, la gente non ricominci a sentire il richiamo della movida milanese, resa frizzante e appetitosa anche dalle proposte di “Càrico”.

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