Venticinque anni di fotografia al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, nella prima personale in un museo dedicata a Jacopo Benassi (La Spezia, 1970): con la mostra Vuoto, a cura di Elena Magini, dall’8 settembre al 1 novembre 2020 il museo di Prato offre uno sguardo sul lavoro potente, personalissimo, privo di mediazioni, del fotografo spezzino.
Il titolo della mostra – Vuoto – richiama la specifica sensazione dell’autore rispetto alla sua produzione, un desiderio di mettersi a nudo, tirando fuori da sé tutto, in un percorso di auto-esposizione pubblica. In questa mostra il fotografo si concede interamente allo spettatore, consegnando il suo studio, i suoi strumenti, il panorama creativo che l’accompagna nella gestazione del lavoro, l’insieme degli scatti che danno vita a un’indagine ventennale sui temi dell’identità, della notte, del lavoro. Un atto di apertura verso l’esterno che costituisce un punto zero nella carriera dell’artista e, di contro, una possibile rinascita.
Dallo studio dell’artista parzialmente ricreato all’interno della mostra alle sale del Centro Pecci, il progetto espositivo si sviluppa in una spazialità dilatata che accoglie alcune delle serie e dei lavori più significativi dell’autore, e si riversa anche negli spazi cittadini, in cui la mostra viene annunciata da un progetto site specific di affissioni.
La sua prima fotografia è quella di un gruppo punk in un centro sociale: dalla fine degli anni Ottanta Jacopo Benassi si forma nell’alveo della cultura underground spezzina, sviluppando nel tempo uno stile particolare fatto di mancanza di profondità di campo e flash; una fotografia cruda, vera, pur nella totale mancanza di luce reale: un atto forzato, un evento creato dall’artista in cui lo scatto perfetto non esiste.
I soggetti di Benassi sono i più disparati, dall’umanità che abita la cultura underground e musicale internazionale (a partire dall’esperienza del club Btomic, gestito dallo stesso fotografo con alcuni amici) a ritratti di modelle, attrici, artisti, stilisti pubblicati nelle più importanti riviste italiane, fino all’indagine sul corpo, che varia dalla documentazione autobiografica di incontri sessuali, allo sguardo intenso sulla statuaria antica e che può essere considerato il “filo rosso” della sua produzione pantagruelica.
Un posto speciale nell’opera di Benassi è occupato dall’autoritratto, spesso legato al suo percorso performativo: la sperimentazione sulla performance, sua o di altri, si lega costantemente alla musica e viene sempre mediata dall’immagine fotografica, soggetto e oggetto della sua ricerca.
In mostra vengono presentate anche opere inedite legate all’interesse di Benassi per l’editoria e la produzione di libri; proprio da un lavoro editoriale in via di pubblicazione nasce la serie The Belt, progetto sul distretto industriale di Prato in collaborazione con l’Archivio Manteco, che oltre a essere esposto è protagonista delle affissioni pubbliche in città nei giorni precedenti alla mostra.
Con The Belt, dal 31 agosto le attività, gli strumenti, gli uomini e le donne che animano il distretto tessile pratese diventano i soggetti delle immagini esposte su grandi cartelloni pubblicitari in vari punti della città. La scelta di anticipare la mostra con una campagna di affissioni pubbliche che presenta il lavoro di Benassi su Prato e le sue fabbriche, risponde all’interesse del museo ad uscire dalle sue mura e a cercare un rapporto più dinamico e diretto con la comunità cittadina.