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Archeologia subacquea. In campo un robot per studiare le navi romane in Sicilia

Un'immagine subacquea di uno dei relitti studiati in Sicilia Un'immagine subacquea di uno dei relitti studiati in Sicilia
Un'immagine subacquea di uno dei relitti studiati in Sicilia
Un’immagine subacquea di uno dei relitti studiati in Sicilia

La Soprintendenza del Mare della Sicilia studia due relitti romani con l’ausilio del ROV. Un veicolo filoguidato dalla superficie in grado monitorare e controllare il carico

il primo dei due relitti, noto in Sicilia dal 2009 e completamente rilevato nel 2016, si trova su un fondale di circa 55 metri ed è caratterizzato dalla presenza di centinaia di anfore, di 5 tipologie diverse, che contenevano probabilmente vino, databili fra la fine del II secolo a.C. e la metà del I secolo a.C. Il secondo, conosciuto dal 1986, trasportava un carico di tegole rettangolari, e giace su un fondale di circa 40 metri vicino alla costa di Ognina, poco a Nord del capoluogo.

Di che si parla? Dell’importante campagna di indagine nelle acque di Catania per verificare lo stato di conservazione di due giacimenti archeologici subacquei, già rilevati negli anni passati. Ma ora esplorati mediante ROV, un veicolo filoguidato dalla superficie in grado di immagazzinare immagini utili a monitorare e controllare il carico dei due antichi relitti che si sono inabissati in epoca romana. Frutto dell’impegno della Soprintendenza del Mare, in collaborazione con il 3° Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera di Messina diretto dal comandante Giuseppe Simeone. E supportato da mezzi nautici della Capitaneria di Porto di Catania e dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Riposto.

 

Il ROV, veicolo filoguidato per esplorazioni subacquee
Il ROV, veicolo filoguidato per esplorazioni subacquee

I relitti non erano stati mai studiati in maniera scientifica, per cui si è proceduto ad una valutazione dell’area di dispersione. E delle condizioni di giacitura del carico. Il patrimonio scoperto – in linea con le direttive Unesco che suggeriscono di non prelevare dal fondale reperti qualora sia possibile la loro fruizione e la salvaguardia del bene stesso sul luogo – viene lasciato per la maggior parte sui fondali marini. Come testimonianza della consistenza e tipologia dei giacimenti archeologici rinvenuti.

Poter operare a quelle profondità con un veicolo munito di telecamera subacquea e monitor – ha commentato l’archeologo Nicolò Bruno – ci ha consentito di valutare le condizioni del giacimento archeologico. E di indirizzare l’operatore ROV su aree particolarmente importanti per una più approfondita comprensione del relitto. È stato possibile verificare che il carico di anfore si mantiene abbastanza integro. Come anche tutti gli elementi in piombo delle ancore e la tubazione plumbea relativa alla pompa di sentina lunga ben 4 metri. Che sono rimasti nella stessa posizione di giacitura del 2016”.

http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/archeologiasottomarina/

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