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L’architetto dell’immateriale. Le città di plexiglas di Francesco Candeloro in mostra a Milano

Francesco Candeloro Tempo Luci (Hiroshima), 2020 Taglio laser su plexiglass , 132x40x4,5 cm Courtesy A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano (ruotata a sinistra)
Francesco Candeloro, Tempo Luci (Hiroshima), 2020, Taglio laser su plexiglass , 132x40x4,5 cm. Courtesy A arte Invernizzi, Milano. Foto Bruno Bani, Milano (ruotata a sinistra)

A arte Invenizzi presenta la mostra Francesco Candeloro. Luoghi Misure Variazioni. Negli spazi della galleria, a Milano, dal 24 settembre al 10 novembre 2020.

La distanza tra la forma e la sua interpretazione si fa sempre più ampia. Un processo inevitabile forse, soprattutto quando si parla d’arte. Soprattutto quando si parla di Francesco Candeloro. Ad approfondire la figura dell’artista – nato a Venezia nel 1974 – è la galleria A arte Invernizzi, la quale inaugura giovedì 24 settembre 2020 una personale a lui dedicata.

Come accennato, la specialità di Candeloro è da rintracciare nella decostruzione della materialità dell’oggetto di indagine della sua idealizzazione. In sostanza, durante il suo processo creativo, il dato reale viene sottoposto a un lungo slittamento estetico, che lo restituisce nella sua essenza ideale. Essenza ideale che però non può che risiedere più nella mente di Candeloro piuttosto che nell’oggetto d’esame in sé, chiuso nella sua irriducibile enigmaticità.

La mostra Francesco Candeloro. Luoghi Misure Variazioni si concentra allora sugli skyline di città in plexiglas o sezioni di esse rese come superficie e contorno. Sono testimonianza di ciò che l’artista ha visto e vissuto, ma anche visioni di come queste si sono sedimentate nel ricordo e di come lui le ha poi interpretate. Un lavoro da architetto dell’immateriale, come lui stesso si definisce. Proprio qui si verifica quella trasposizione semantica che esalta la percezione dell’osservatore, spinto a osservare e interpretare. Così accade anche in Vie di Luci nel Tempo (Beirut) (2018), dove la realtà si fa trasparenza e provoca i sensi dello spettatore.

Spettatore che viene coinvolto anche nei giochi combinatori dei nove libri presenti in mostra. Questi sono costituiti da fogli colorati riportanti delle fessure, le quali possono essere definite come occhi disposti in precise combinazioni. Essi tengono conto delle geometrie dei supporti e delle colorazioni prodotte dai filtri di acetato che l’artista vi sovrappone. I libri hanno una struttura chiusa rettangolare ma, come fossero pagine raccolte in un volume, possono essere squadernati sulla parete consentendo una lettura aperta dell’opera.

A impreziosire la mostra un catalogo dell’esposizione, con un saggio di Francesco Tedeschi. Qui un estratto:

Da una parte la sagoma di un profilo di città si materializza, in una posizione non necessariamente riconoscibile, come ripresa di un luogo altro assorbito nella luce che essa stessa genera nello spazio in cui la sua immagine sintetica e astratta si trova; dall’altra le composizioni a parete alludono a un inoltrarsi in una dimensione nascosta, intima, che si rivela nascondendosi. La superficie, in entrambi i casi, diventa parte di un processo complesso, dal piano al labirinto.

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