“Per Willy” non è solo un ritratto di straordinaria e angelica bellezza. Ma anche un’opera concettualmente impegnata a rappresentare un messaggio tutt’altro che scontato: “in quella foto Willy usa le mani per migliorare se stesso”
“Mai più” è il titolo dell’ultima cover di Vanity Fair, dedicata all’assurda morte di Willy Monteiro Duarte. Un messaggio contro l’odio attraverso la potente bellezza dell’arte.
Non poteva essere una targa commemorativa a ricordare il coraggioso sacrificio di Willy. Occorreva il suo sorriso, a ricordarcelo ogni giorno, in un linguaggio che parlasse direttamente ai più giovani. Nel luogo dove Willy è cresciuto, nei cortili dove giocava sognando di diventare un giocatore della Roma. E per lanciare un messaggio come questo, il direttore di Vanity Fair, Simone Marchetti, non ha avuto dubbi. Per realizzare il murale in Largo Aldo Moro – snodo del centro storico e luogo di aggregazione per tutta la comunità di Paliano – ha puntato senza esitazioni ad Ozmo, uno dei più grandi artisti contemporanei e street artist del nostro paese, molto conosciuto anche all’estero.
In questo modo, attraverso il linguaggio universale ed immediato della street art, il suo volto farà il giro del mondo. E la nuova copertina di Vanity Fair sarà dedicata proprio a questo murale. Un’opera nell’opera la foto della cover che ritrae due amici di Willy abbracciarsi sullo sfondo del volto sorridente del loro amico.
Non solo uno splendido ritratto. Non è da Ozmo limitarsi alla perfezione tecnica della sua arte figurativa. Anche per questo la scelta del direttore di Vanity Fair è ricaduta su di lui. Ozmo è un artista socialmente impegnato e le sue opere si prestano sempre a una seconda lettura.
È così anche per il murale dedicato a Willy. Ma lasciamo che sia proprio lui a spiegarci il concetto dell’opera nei passaggi che seguono alla nostra intervista.
Reduce dall’inaugurazione del murale – “consegnato” alla famiglia, agli amici e ai cittadini di Paliano, dove viveva Willy Monteiro Duarte – e da una no-stop di tre giorni di lavoro, si percepisce tutta la stanchezza ma anche la soddisfazione di Ozmo per un’esperienza umana prima ancora che artistica:
“Sono venuto da Parigi – dove risiedo – viaggiando di notte, senza dormire pensando solo a buttar giù il bozzetto dell’opera che avrei realizzato e in 3 giorni ho fatto tutto da zero che, per un intervento del genere, è un tempo record. Ho dovuto lavorare al volo e sotto al sole, con trabattelli coperti per non rovinare l’emozione di svelarla la sera dell’inaugurazione”.
È vero che hai coinvolto la famiglia e gli amici di Willy?
“Sì, certo. Per prima cosa ho voluto contattare la famiglia, per me era imprescindibile. Poi arrivato in paese ho incontrato gli amici e la comunità capoverdiana che era presente in paese in questi giorni. E’ stata una bella esperienza”.
Come hanno reagito quando hanno cominciato a vedere l’opera che prendeva forma?
“I parenti mi hanno ringraziato uno ad uno qualcuno prendendomi entrambe le mani, qualcuno piangendo. È stata una cosa molto forte”.
Perché hai scelto di rappresentare Willy in un’immagine iperrealistica tratta dalla foto apparsa su tutti i media nazionali?
“Ho scelto di dipingere la foto nella quale Willy è sorridente, solare e spontaneo, perché ho trovato il dettaglio delle mani molto simbolico: a prima vista possono sembrare quasi dei pugni in un gesto di difesa come avviene nella boxe, in realtà le sta usando per sistemarsi il colletto. In quella foto, Willy usa le sue mani per migliorare se stesso”.
Gli amici di Willy ti hanno chiesto di inserire nel ritratto un piccolo dettaglio: l’aureola sopra l’iniziale del suo nome. Cosa vorresti far arrivare ai giovani del luogo che ogni giorno passano davanti il murale?
“In realtà vorrei che rappresentasse qualcosa per tutti gli altri. Per i suoi amici il murale rappresenta il volto del loro caro amico che è stato ammazzato mentre per il resto d’Italia spero che diventi un simbolo e che faccia riflettere su quella che è diventata la nostra società e di quanto la frustrazione sociale e la mancanza di valori possano degenerare nell’odio e nella violenza. Però io non sono un sociologo, non sono un filosofo, ho solo cercato di dare il mio contributo attraverso l’arte e di trasformare il suo viso in qualcosa che diventasse più vicino a un’icona. Ho saturato lo sfondo per immergerlo in una luce dorata che rimanda al sacro”.
Concludiamo con la nota diffusa dall’artista a margine della conclusione dell’opera consegnata alla comunità di Paliano:
“L’opera ‘per Willy’ è parte del un progetto ideato da Vanity Fair e realizzato in collaborazione con il sindaco della città di Paliano. Il compenso previsto per la sua realizzazione sarà interamente devoluto in beneficenza. Rinnovo la mia vicinanza alla famiglia e agli amici di Willy e alla comunità”.