What’s new?, Cosa c’è di nuovo? è il titolo dell’esposizione voluta da Giancarlo e Danna Olgiati presso la sede della collezione di Lugano, facente parte del circuito del MASI. Aperto dal 19 settembre al 13 dicembre e a entrata libera, l’allestimento mira a presentare al pubblico i recenti acquisti dei collezionisti, attraverso percorsi che accomunano le opere e mettono in dialogo artisti storicizzati con personalità contemporanee. Come ha precisato Danna Olgiati, le nuove opere sono realizzate da artisti provenienti da zone diverse del mondo, ma soprattutto vissuti in periodi diversi.
Durante la visita guidata alle sale, Giancarlo Olgiati spiega che l’intento principale è quello di stabilire nuove connessioni tra artisti costruendo, anche all’interno della stessa sala, aree autonome, come piccole isole: le 34 nuove opere spaziano per tecnica, supporti, riflessioni ed epoche e la ragione degli accostamenti risiede nelle cromie, nei temi o nelle poetiche degli artisti.
Lo spazio espositivo, in Riva Antonio Caccia 1 a Lugano, non è stato oggetto di modifiche, rimanendo invariato dopo la mostra monografica di Marisa Merz. Ad accogliere il visitatore un’opera di Remo Salvadori dal titolo Alfabeto (2016): sette tipi di metallo conversano tra loro, quasi a voler anticipare il fine della mostra.
La prima sala sorprende immediatamente l’occhio per le zone di interesse create e, in ognuna di queste, per i continui rimandi tra le opere. Ognuna di queste è entrata a far parte della collezione con uno specifico intento e per una specifica ragione. Vengono a stabilirsi così dei parallelismi tra Piero Dorazio e Niele Toroni, amico e compagno di scuola di Giancarlo Olgiati; primo tra tutti quello tra le campiture cromatiche, stese con precisione geometrica.
Un interessante dialogo nasce anche tra le opere che seguono nella sala, il cui avvicinamento si fonda sulle forme spigolose a cui esse si rifanno: il Passo Doppio di Francesco Arena, uno spigolo in bronzo, parla alle fotografie di Luisa Lambri, a metà tra l’astrazione fotografica e lo studio architettonico, che a loro volta comunicano con il metallo nero di Francesco Lo Savio. Tutte interagiscono con luci e ombre, generandosi ed evolvendosi attraverso queste.
L’opera parla da sola
Giancarlo Olgiati
Altri rimandi che si manifestano sono quelli sottolineati dalla forma circolare, presente in tre opere poste vicine: attraverso la sua tela, Gabriel Orozco sviluppa lo studio del cerchio sommato a una serie di quattro colori, che vengono combinati in maniera matematica; il suo lavoro parla all’installazione di cerchi in bronzo e alla sfera stratificata di Damián Ortega, costruita incollando manifesti e volantini raccolti durante un anno a Berlino.
L’accostamento cromatico a predominanza rosa della seconda sala, invece, mette a confronto l’opera scultorea di Franz West, scelta per rappresentare la mostra nel suo complesso, con le due tele di Andro Wekua e Rudolf Stingel. Il colore traccia una linea precisa e mai forzata, aprendo un dialogo quasi onirico tra opere lontane, per periodo, provenienza e tecnica, ma allo stesso tempo vicine.
La riflessione viene dopo ma l’emozione viene prima
Giancarlo Olgiati
Nella sala successiva, il tema più duro e meno trasognato della guerra riporta il visitatore alla dimensione terrena: il ciclo di opere avanguardistiche della russa Natal’ja Gončarova, recentemente esposto al MoMa di New York, dal titolo La guerra. Immagini mistiche della guerra, rimanda al futurismo italiano di Filippo Tommaso Marinetti, qui esposto con il lavoro su carta Irredentismo, e alla scultura in ottone Lager di Fausto Melotti. Le opere di Gerhard Richter e Zoran Mušič fanno eco al tema, che viene indagato sotto ulteriori punti di vista.
Accanto, si individuano altre corrispondenze, da rintracciarsi nello stesso tema del conflitto. Le opere di Ana Mendieta, Shirin Neshat, Mona Hatoum e Gabriele Basilico sono prettamente incentrate sul legame con il Libano e lo scontro civile terminato vent’anni fa: anche quando il colore rosso del sangue vivo viene messo da parte a favore di una fotografia in bianco e nero, l’immagine che viene restituita al pubblico è pervasa dalla tragicità e dalla disperazione.
La fisicità del supporto è messa a confronto per le opere di Alessandro Piangiamore e Huma Bhabha, che lavorano con argilla, cemento, legno e combustione: il rapporto con la materia diviene centrale in quanto parte integrante dell’opera, e non solo corredo al concetto.
Il percorso pensato da Diego Cassina, direttore della collezione, e Danna Olgiati, non lascia margine all’aleatorietà, anzi vuole fungere da miccia per stimolare riflessioni profonde e approfondite su temi quotidiani e poetiche di artisti che sembrano – e sembrano solo – non convergere.
Quello che ci interessa di più sempre, sono le cose che ancora non conosciamo
Danna Olgiati
Informazioni utili
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
Riva Caccia 1
Lugano, Svizzera
Orari d’apertura:
da venerdì a domenica
11:00 – 18:00
ingresso gratuito