Dal 17 settembre al 8 dicembre CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, ubicato nella torinese Via delle Rosine 18 – ospita Carousel, itinerario nella versatile e composita professione artistica di Paola Ventura. In occasione della mostra, curata da Walter Guadagnini, direttore di CAMERA, con la collaborazione di Monica Poggi, si tiene la pubblicazione della prima monografia dedicata all’opera di Paolo Ventura, edita da Silvana Editoriale.
Paolo Ventura nasce a Milano nel 1968, figlio di Pietro Ventura, autore di libri per bambini. Alla fine degli anni ‘80, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera e dagli anni ‘90, comincia a lavorare come fotografo di moda collaborando con riviste come Elle, Marie Claire, Amica, Vogue. All’inizio degli anni Duemila, si trasferisce a New York, dove mette a punto una ricerca artistica di ampio respiro che abbraccia fotografia, pittura, scultura e teatro. Ottenuti i primi riconoscimenti, tra cui l’inserimento all’interno del documentario della BBC «The Genius of Photography» nel 2007, l’artista fa ritorno in Italia, dove continua ad esplorare le molteplici modalità di commistione artistica, in cui la sua abilità concreta nel fare e nell’usare le mani si coniuga con una vocazione tendente a liricizzare ed astrattizzare la realtà, trasfigurandola su un piano incantato e fiabesco.
L’esposizione, ospitata nelle sale del centro espositivo torinese, accoglie alcune delle opere-creazioni più bizzarre, pittoresche e poetiche realizzate dall’artista negli ultimi quindici anni.
Una carriera in cui fondamentale è il tema del doppio, fonte – fin dalle commedie latine di Plauto – di equivoci, malintesi ed ambiguità e il tema pirandelliano della finzione, della maschera e del travestimento.
A proposito delle maschere da lui realizzate ed esposte nella prima sala espositiva, Paolo Ventura scrive: “Queste maschere sono, tra i miei lavori, le cose che preferisco. Sono i miei compagni di scuola. Il lattaio dove andavo da bambino. I miei vicini di casa. Il giornalaio di Piazza Amendola. Persone che ho visto una volta sola”.
Nelle prime sale sono esposte alcune delle sue opere più recenti: da The Automaton (2010), onirica rielaborazione, attraverso piccole strutture scenografiche e burattini – il diorama o plastico, ovvero, un’ambientazione in scala ridotta che ricrea scene di vario genere – delle sepolcrali e desolanti atmosfere della Seconda Guerra Mondiale nella cupa e fredda città veneziana. Il protagonista è un anziano ebreo, appassionato di libri, che decide di costruire un automa, al fine di avere un amico accanto nella sua abitazione, che presto verrà perquisita dalla polizia tedesca. Alle Short Stories, brevi ed enigmatiche narrazioni messe in scene di fronte a fondali dipinti (verdi foreste o profondi cieli azzurri), immortalati dalla macchina fotografica, i cui protagonisti sono spesso lo stesso artista, il suo simpatico figliolo e la moglie (The Birdwatcher – 2013 e The Juggler – 2014).
“Prima da solo, poi ho iniziato a coinvolgere mio figlio Primo, infine mia moglie Kim e mio fratello Andrea. Ho fotografato storie di guerra, magia, abbandono, e piano piano, inconsapevolmente, mi sono trovato a rifare quello che facevo da ragazzo in quel luogo, nascondermi nei miei mondi immaginari e inventare storie.” (Dalla prefazione dell’autore alle Short Stories)
A War Souvenir (2005) è un percorso visivo che riflette, racconta e testimonia la dolorosa realtà della Seconda Guerra Mondiale. Nelle sale successive, sono presentati due lavori inediti: «Grazia Ricevuta», moderna e giocosa rilettura del tema dell’ex voto, e “La Gamba Ritrovata” realizzato a seguito della partecipazione al programma “ICCD/Artisti in residenza”, avviato a partire dal 2017 dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma, ed esposto per la prima volta grazie alla collaborazione tra CAMERA e l’Istituto del MiBACT.
A conclusione della mostra, i primi due lavori realizzati da Ventura, agli inizi della sua carriera negli anni ‘90: Buchi di Violenza e Prima Guerra Mondiale.
L’allestimento della mostra su Ventura si colloca in un momento importante nella storia di CAMERA, ovvero l’anniversario della nascita del centro, inaugurato il 1° Ottobre 2015. Spazio espositivo dedicato alla fotografia e al fotoracconto, ma nello stesso tempo sede di incontro, ricerca, studio e promozione – non solo attraverso l’allestimento di mostre, ma anche l’ideazione di workshop e di attività didattiche – di questa espressione visiva, la “fotografia”, di cui ricordo la radice etimologica – dal greco φῶς, φωτός, luce e -grafia γραϕία, scrittura – per rammentare come essa è “scrittura di/con la luce”. Luminosità che CAMERA ha saputo e sa trasmettere in ogni sua attentamente studiata e diligentemente illustrata e spiegata esposizione.