Un’opera, quella di Erwin Wurm, in cui la fotografia gioca un doppio ruolo: da un lato è espressione artistica fine a se stessa, dall’altro è utile a fissare nel tempo opere-performance, che si trasformano quindi in sculture. Alla MEP (Maison Européenne de la Photographie) di Parigi, la retrospettiva Erwin Wurm. Photographs getta nuova luce sull’opera dell’artista austriaco.
Con un approccio umoristico tanto sottile quanto spiazzante, le opere di Erwin Wurm ci spingono a riflettere sull’assurdità degli oggetti che ci circondano, dei movimenti che facciamo e più in generale della realtà in cui viviamo: come quando si ripete a lungo una parola e questa finisce per perdere senso, l’artista porta l’attenzione su dettagli irrilevanti che spalancano le porte a una serie di questioni esistenziali irrisolvibili. All’incrocio fra arte, performance e sperimentazione, il lavoro dell’artista austriaco non assomiglia a nessun altro. Presentata per la prima volta in Francia, la retrospettiva Photographs, a cura di Simon Baker e Laurie Hurwitz, va in scena alla Maison Européenne de la Photographie fino al prossimo 25 ottobre. Attingendo dall’archivio personale dell’artista, la mostra ne ripercorre la carriera fino alle opere inedite più recenti e a quelle realizzate appositamente per l’occasione parigina.
Nato nel 1954 in un paesino dell’Austria, Erwin Wurm inizia presto a disegnare e a dipingere. Figlio di un poliziotto, non riceve supporto dai genitori quando decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Rifiutato dal corso di Pittura, viene preso in Scultura, fatto che lo stimola a intraprendere una ricerca sul significato stesso della disciplina. Wurm inizia a sperimentare con oggetti del quotidiano o con elementi di scarto, portando avanti un’attenta decostruzione della scultura in senso canonico. “Sono interessato a tutti i materiali che mi circondano nella vita quotidiana. Possono sempre tornare utili: non solo gli oggetti, ma anche i temi che riguardano la società contemporanea. Le mie opere parlano dell’intera entità di un essere umano a livello fisico, spirituale, psicologico e politico”.
Le sue prime “sculture fotografiche” risalgono all’inizio degli anni ’80: l’artista immortala piccoli oggetti appoggiati su cuscini, frullatori appesi ai muri, phon sospesi in aria. Nella serie Hotel Rooms si dedica invece alla bizzarra sovrapposizione di letti, divani e altri elementi d’arredo all’interno di camere di hotel in giro per il mondo, tanto da esserne più volte cacciato. Negli anni ’90 realizza le sue sculture effimere: posa un oggetto su una superficie, ricopre tutto di polvere e rimuove l’oggetto. L’impronta che rimane assume quindi le sembianze di una scultura dell’assenza.
Via via che approfondisce la sua ricerca, Wurm sviluppa un approccio in equilibrio tra minimalismo e arti performative che lo porta ad analizzare il legame tra il copro e la società attraverso un senso dell’assurdo sofisticato. Presto sposta la propria attenzione sul corpo umano: in 59 positions, fotografa se stesso o alcuni amici nell’atto di confondere il proprio corpo per mezzo dei vestiti, interrogandosi sul momento in cui un’azione fisica può trasformarsi in una scultura a tutti gli effetti.
Cuore della mostra sono però le One minute sculptures, in cui chiede a dei volontari di assumere posizioni scomode e insolite accompagnati da oggetti quotidiani che non possono essere utilizzati come di norma. Consegne impertinenti per un’azione che dura appena 60 secondi, ma che spalanca le porte a questioni esistenziali smisurate. Durante il percorso, due spazi invitano il visitatore a creare la propria one minute sculpture seguendo le istruzioni dell’artista: il risultato, fissato da una polaroid, diventa parte integrante della mostra. A chiudere il percorso, la recente serie De Profundis (2012) esplora il fenomeno della vecchiaia attraverso i ritratti ad alcuni coetanei uomini, il cui corpo nudo è trasformato attraverso l’intervento della pittura: l’artista non cessa di rinnovarsi, ma rimane sempre fedele a se stesso e alla propria dolce insolenza.
Informazioni
Maison Européenne de la Photographie, 5/7 Rue de Fourcy, Paris
fino al 25 ottobre 2020
dal mercoledì al venerdì 11-20, sabato e domenica 10-20