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Arte pubblica a Spilamberto, considerazioni e prospettive: Elisa Muliere e Giulio Zanet

Prospettive-Spilamberto Prospettive Spilamberto
Prospettive-Spilamberto
Prospettive Spilamberto
Chi ha la ventura di visitare Spilamberto, piccolo paese dell’Emilia Romagna, non può non rimanere incuriosito dalla dimensione accogliente e vitale che lo caratterizza. Ci troviamo in un territorio reso nel tempo sempre più eterogeneo e multiculturale, un paese in continua crescita che è divenuto sede della prima tappa di Prospettive. Visioni nella città tra memoria e futuro, progetto artistico diffuso tra il Comune di Cotignola (RA), il Comune di Calderara di Reno (BO) e il Comune di Spilamberto (MO) e curato dall’Associazione Culturale ADIACENZE di Bologna, insieme al contributo dei rispettivi Comuni e della Regione Emilia Romagna.

A Spilamberto Prospettive nasce dalla residenza artistica tenutasi durante luglio 2020 dagli artisti Elisa  Muliere e Giulio Zanet negli spazi di Rocca Rangoni, uno dei luoghi che meglio rappresentano il nucleo storico e narrativo della cittadina. L’iniziativa è una profonda riflessione sul concetto di identità e memoria e ha l’intento di guardare al futuro attraverso l’interpretazione della propria contemporaneità. Infatti, il progetto prende avvio dall’indagine sulla comunità di Spilamberto dall’antichità a oggi, tra aspetti sociali, antropologici e culturali.

Abbiamo incontrato Muliere e Zanet dopo l’inaugurazione della mostra Prospettive allestita all’interno dei Magazzini di Rocca Rangoni e diffusa lungo le vie della città.

Prospettive Spilamberto
Prospettive Spilamberto

A.M. _ Il vostro progetto si spinge oltre il centro storico e arriva fino alle aree più laterali e secondarie dell’abitato. Come interagisce l’arte contemporanea con la periferia di una cittadina? Quale mezzo espressivo avete scelto per parlare a quei circuiti esterni non direttamente deputati alla ricerca artistica contemporanea?

G.Z. _ Abbiamo realizzato dodici manifesti che sono stati affissi appunto nella periferia di Spilamberto. Andando a occupare degli spazi che abitualmente sono adibiti a pubblicità o comunicazioni pubbliche con delle opere, abbiamo cercato di creare quel cortocircuito visivo che ci auguriamo stimoli la partecipazione anche inconscia degli spettatori. Vedere qualcosa di inconsueto e decontestualizzato speriamo possa essere fonte di una nuova curiosità.

A.M. _ Spilamberto racchiude certamente un cuore antico, caratterizzato da una lunga storia ma che oggi ha la capacità di guardare al contemporaneo e all’integrazione multietnica di varie comunità. Con quali opere tu e Giulio avete deciso di raccontarci questo aspetto importante della città?

E.M. _ Abbiamo affrontato questa tematica all’interno dell’installazione diffusa per Corso Umberto I, nella passeggiata che dal Torrione porta a Rocca Rangoni. Vivendo la città durante il periodo di residenza artistica ci siamo mescolati agli abitanti del luogo, camminando e incrociando gli sguardi di una popolazione ricca per etnie, costume, storia. Abbiamo tradotto l’energia di questa unione in opera con la realizzazione di un imponente stendardo colorato, nel quale abbiamo cucito assieme tessuti differenti per colore e per filato, esposto sulla facciata d’ingresso della Rocca. Lungo il Corso, gli innesti del tessuto sono stati ripresi all’interno di altri piccoli manifesti, ai quali abbiamo affidato una scritta: “Avanti e indietro passeggiamo, tendiamo le fila del mondo che verrà”. L’aforisma è stato tradotto nelle lingue delle principali etnie che abitano Spilamberto così da divenire pensiero condiviso, indirizzato alla comunità tutta.

Prospettive-Spilamberto
Prospettive Spilamberto

A.M. _ Il rapporto con gli abitanti di Spilamberto è stato fondamentale per la vostra ricerca, soprattutto con alcuni personaggi. Che cosa dei loro racconti vi ha particolarmente influenzato per la creazione delle vostre opere-manifesto? 

G.Z _ Gli incontri con gli abitanti ci hanno permesso di immergerci in un contesto altro; la spontaneità e la voglia di condividere ci hanno coinvolti e resi partecipi di una storia che non era la nostra. Ci siamo lasciati influenzare dall’atmosfera che mano a mano i racconti andavano a creare, trovandoci in un paese strabordante di storia e creatività.

Quindi, affidandoci alla nostra sensibilità, abbiamo scelto dodici storie che più di altre ci avevano colpito e abbiamo cercato di restituirle sotto forma di immagine corredata di poche parole.

A.M. _ Nell’immaginario di una comunità sono importanti e permangono nella memoria anche quelle storie fantastiche che ne arricchiscono il senso identitario.

Il Magalasso è una creatura fantastica della mitologia locale che avete inserito in una delle vostre opere. Come vi siete rapportati con la forma narrativa e con la sua trasposizione in immagine?

E.M._ Abbiamo dialogato scambiandoci impressioni, materiali, letture, lavorando a ogni manifesto a quattro mani, mescolando pittura, parole e rielaborazione digitale. Ogni opera vuole essere una suggestione, uno spunto che porta in sé una storia, magari da andare ad approfondire in seguito. Ci ha affascinato l’idea di muovere e dislocare questi saperi. Il Magalas, drago leggendario con occhi e denti d’uomo che abita le acque del Panaro, è stato il primo tra i soggetti affrontati: un elemento sinuoso colorato si attorciglia intorno a una grande “M” e sul fondo dell’opera, una breve nota riconduce alla leggenda. Questa commistione tra testo e immagine/simbolo ricorre di manifesto in manifesto.

A.M. _ Ci salutiamo con un’ultima riflessione che rivolgo a entrambi: In una realtà come quella di oggi, dominata dalla globalizzazione e dal consumismo ma in cui si stanno manifestando i primi segnali di cedimento e di ribaltamento di ciò che abbiamo conosciuto, l’arte e la cultura se e come rispondono?  Ha senso parlare di un’arte di e per la collettività?

G.Z. _ Come sappiamo l’arte non è per tutti ma io credo che lo sforzo debba essere quello di renderla sempre più accessibile a un maggior numero di persone. Nel corso del tempo si è sempre più relegata a un sistema autoreferenziale e invece secondo me dovrebbe tentare di rivolgersi a un pubblico che non necessariamente sia quello degli addetti al settore.

E.M. _ L’arte è espressione, linguaggio, parola viva. Non va addomesticata – se chiusa in asfittici circuiti, muore. Va lasciata libera di incontrare chiunque abbia la curiosità, la sensibilità per poterne ascoltare il messaggio.

Prospettive Spilamberto
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