Lorenzo Lotto è tornato a Venezia, e nel farlo non si è certo risparmiato: grazie al prestito del Kunsthistorisches Museum di Vienna la sua Sacra Conversazione con i santi Tommaso e Caterina è infatti arrivata alle Gallerie dell’Accademia, dove rimarrà esposta fino al 17 gennaio 2021.
L’opera, dipinta tra il 1526 e il 1528 proprio nella città lagunare, rappresenta il primo appuntamento dell’iniziativa Un Capolavoro per Venezia, nata con il sostegno di Intesa San Paolo in seguito all’emergenza acqua alta e ancor più appropriata in epoca post (e inter) covid. Il progetto prevede una serie di mostre in collaborazione con importanti musei internazionali, e punta a rilanciare i rapporti culturali della città attraverso partnership prestigiose e opere del Rinascimento veneto di qualità straordinaria. Si inizia appunto con Lotto, e con un dipinto che ne attesta gli esiti più felici.
Il motivo messo in scena è quello della Madonna con il bambino affiancata da una riunione di santi, e l’esecuzione tradisce la scuola del Bellini nell’allentamento della struttura e dell’ordine gerarchico; il colorismo, raffinato e calibrato, è di stampo veneziano, così come il bucolico paesaggio di sfondo. A differenza dei modelli però Lotto riesce a rendere la posa naturale, dinamica ed espressiva, servendosi di un perfetto equilibrio tra gesti, colori e luce. Il movimento parte dalla figura dell’angelo e si chiude con le spalle del santo ma a prevalere cromaticamente e fisicamente è la figura di Maria la cui veste, dipinta con un pregiato blu lapislazzulo, contribuisce a enfatizzare la solennità del personaggio (e la ricchezza dei committenti).
Le attitudini inquiete e dinamiche caratteristiche di Lotto sin dal primissimo Cinquecento (già visibili, ad esempio, nella pala di Santa Cristina al Tiverone) si traducono qui in un visibile e intenso scambio di gesti, un ritratto-dialogo che permette alle figure rappresentate di irradiare, come affermato da Argan “una bellezza […] come una luce interna”, che attesta la modernità di un artista troppo a lungo sottovalutato.
Particolarmente trascurato nella città natìa, dove veniva persino schernito, l’artista aveva preferito una vita più raminga e anche all’epoca era solo di passaggio, diviso tra Bergamo e le Marche: le stesse Gallerie faticarono molto ad acquistarne un quadro, e il Ritratto di giovane gentiluomo (unica sua opera presente nella collezione permanente) arrivò solo nel 1930.
Accostare i due dipinti nel percorso di esposizione non è stato possibile per motivi logistici, ma il confronto apre il dialogo all’interno della collezione e accoglie un’opera che può giustamente definirsi capolavoro. La prossima esposizione riguarderà un prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo, e chissà cosa possiamo aspettarci.