Una chiesa sconsacrata, quella di Sant’Agostino a Piacenza, diventa il luogo ideale dove accogliere la mostra “La scrittura come enigma”, curata da Elena Pontiggia e dedicata agli ultimi vent’anni di lavoro di Giorgio Milani (Piacenza, 1946). Torna a casa il grande artista, con i suoi Poetari, i Libri, le Torri di Gutenberg, le Babele che hanno l’inconfondibile caratteristica di essere sculture di caratteri mobili tipografici. La mostra è visitabile dal 25 ottobre 2020 al 6 gennaio 2021, allo spazio Volumnia.
A spiegare il titolo della mostra di Giorgio Milani, La scrittura come enigma, è Elena Pontiggia, la curatrice: «La scrittura di Milani, i suoi Poetari, non compongono un catalogo razionale o una schedatura scolastica, ma sono semmai il luogo dell’enigma, non perché svelano il mistero, ma perché rivelano che il mistero esiste. […] Dietro la tavola pitagorica delle sue vocali e delle sue consonanti, sta la consapevolezza che il significato delle parole ci sfugge, e che il nostro sapere più grande, anzi l’unica cosa che sappiamo veramente, è che non sappiamo nulla».
Sono 11 le sezioni in cui si sviluppa la mostra, raccogliendo ben 120 opere di Giorgio Milani, di cui alcune ancora inedite, come il pannello d’acciaio d’oro con il cielo di Brescia la sera del 27 febbraio 1839, con alcune migliaia di stelle con una luce interna e coincidente con l’anno di nascita del capostipite dell’azienda che gli ha commissionato il lavoro, completato dall’artista solo una settimana prima dell’inizio della mostra. L’arte contemporanea ci ha ormai abituati ad accogliere nel suo alveo oggetti di uso comune, poveri. Nell’arte di Milani i caratteri tipografici in legno, loro stessi opera di abilità artigianale, sono sicuramente di recupero, perché altrimenti destinati al macero, ma nient’affatto poveri. Al contrario, racchiudono in sé la memoria di tutto quello che è stato letto e studiato. È da qui che nascono i primi Poetari degli anni ottanta. Perché Milani non è solo artista, ma anche poeta, che da sempre ha lavorato sul rapporto fra immagine e scrittura. Sono i Poetari a segnare la storia di Milani, poiché furono i primi ad essere esposti alla Fondazione Stelline di Milano nel 1997, in una mostra intitolata Poetari di fine Gutenberg, curata da Tommaso Trini. Fu da questo momento che si iniziò a parlare della sua ricerca come “Poesia Visiva oggettuale”.
Le vecchie tipografie chiudevano, lui iniziava. Prima i Poetari, poi le Babele e poi ancora le Torri di Gutenberg. Perché è a lui che rivolge la sua ammirazione Milani, come inventore della stampa a caratteri mobili, che dal 1450 ha permesso la diffusione della cultura in tutto il mondo. Non a caso la mostra idealmente inizia dalla pedana a specchio di sei metri di diametro, posta in corrispondenza della cupola, dove sono collocate una decina di cilindriche Torri di Gutenberg, cuore pulsate da cui si irradia il resto del percorso espositivo. Percorrendolo, ricostruiamo l’evoluzione del pensiero di Giorgio Milani e del suo fare artistico, che con il nuovo millennio ha dovuto fare i conti con la cultura del web. Questo passaggio al digitale è testimoniato dal ciclo delle Sublimazioni: Poetari completamente bianchi che stanno per dissolversi. È la fisicità dei caratteri tipografici che svanisce, la stessa che aveva dato alle lettere dell’alfabeto non solo un valore strumentale ma un significato materiale, poetico, carnale.
Tra i temi a lui più cari c’è quello della Babele. La torre dell’incomprensione. Noi oggi siamo immersi nella Babele. La Babele dell’incomunicabilità tra popoli e culture diverse che può generare conflitti e guerre; e quella della comunicazione. Lo stesso Milani dice: «Siamo immersi in milioni di notizie, informazioni, immagini che si susseguono in una chiacchiera indifferenziata. Tutto si mescola: il sacro e il profano, il bello e il brutto, il vero e il falso, con una uniformità che svuota di significato i fatti e le cose». Il tema del dialogo torna anche nel ciclo Oriente e Occidente, che consiste in Poetari che racchiudono una simbologia orientale e occidentale. L’idea nasce dopo un viaggio a Istanbul, città che appartiene a due continenti, metà Asia e metà Europa, dove basta entrare nella chiesa di Santa Sofia per incontrare simboli cristiani e islamici accostati e iniziare a credere a una possibilità di convivenza e dialogo.
Giorgio Milani torna alla pittura, ma senza mai abbandonare i suoi amati caratteri tipografici, con il ciclo delle Sindoni. Si tratta di tele di lino di grande dimensioni, dipinte con impasti di cera, cenere e bitume. Le Sindoni sono il sudario da cui affiorano le tracce della nostra cultura, fatta prima di tutto di un alfabeto, che Milani considera la più grande invenzione dell’umanità. D’altronde, come dargli torto. L’alfabeto, le lettere sono la manifestazione segnica del linguaggio. Naturalmente, in questo percorso artistico non potevano mancare i libri, strumento sacro attraverso cui il potere del linguaggio si tramanda, definendo e ridefinendo la nostra visione di mondo. Il ciclo de I libri rappresenta un omaggio al libro, risorsa indispensabile che sempre Gutenberg aveva donato all’umanità. Quelli di Milani sono libri di poesie, dove le parole convivono con le immagini, con i colori, con le emozioni.
Avviandoci verso la fine della mostra incontriamo le ultime opere, forse le più recenti dell’artista, in cui notiamo anche il cambio di materiali. Le Rose, sono un ciclo di opere realizzate con la tecnica del frottages. Rispetto alle Sindoni, le lettere ricalcate qui emergono in positivo sulla tela. Il tema della rosa è un omaggio al poeta Rainer Maria Rilke (1875-1926), che tra le tante poesie che scrisse, una diceva: «Ti vedo, rosa, libro socchiuso, così pieno di pagine di gioia centellinata che mai si leggerà. Libro-mago, che si apre al vento e che può leggersi ad occhi chiusi…, da cui farfalle escono confuse di avere avuto quelle stesse idee.». Anche negli Acciai, Milani, dialoga con la poesia. Questa volta di una giovane serba, Isidora Tesic (1996). L’incontro tra la sua poesia e Giorgio Milani ha condotto a Canti ad ombre rare in cui la poesia prende vita, spazio, corpo e ombra, perché incisa su fogli d’acciaio con un raggio laser.
Chi è, dunque, Giorgio Milani? È un artista concettuale e un poeta visivo-oggettuale, che ha ripercorso a ritroso la storia del nostro linguaggio, giungendo alla sua prima manifestazione fisica: i caratteri mobili tipografici. Questi, ossa del nostro linguaggio, sono assemblati per costruire sculture, che sono gli scheletri della nostra storia. A Giorgio Milani piace pensare ai suoi lavori come opere aperte, che permettono letture differenti e dove il testo va sempre immaginato, poiché quasi sempre illeggibile.
Informazioni
GIORGIO MILANI. La scrittura come enigma
Piacenza, VOLUMNIA (Stradone Farnese 33)
25 ottobre 2020 – 6 gennaio 2021
Orari: martedì – sabato, 15.00 – 19.00 e su appuntamento
Ingresso libero