Intervista con la New Media Art: un libro per i quindici anni di Digicult, osservatorio tra arte, design e cultura digitale
“Il web non è apparso dal nulla e non è stato inventato all’improvviso. Ha radici profonde nel pensiero che lo ha preceduto. La ragione per cui oggi lo odiamo è perché pensiamo che sia nuovo e senza storicità, una rottura netta con il passato”.
– Kenneth Goldsmith
Arte e rete, comunicazione e tecnologia: un libro raccoglie il lavoro di quindici anni di Digicult, un osservatorio editoriale che fin da subito ha saputo studiare e promuovere le connessioni tra creatività, comunicazione e universo digitale. Questo progetto ha avuto la lungimiranza di indagare e proporre fin da subito una visione ad ampio raggio del contesto della cultura digitale contemporanea, in questo modo ha creato connessioni e dialoghi tra ambiti disciplinari che fino a poco prima nemmeno si parlavano (e che ora non potrebbero esistere senza questo tipo di questo dialogo).
La New Media Art e la cultura digitale che in questi anni hanno interessano Digicult sono quelle in cui arte, scienza e tecnologia sono unite attivamente nella ricerca e nella sperimentazione, con esiti che possono influenzare la visione e la progettazione del mondo che ci circonda (dalla pianificazione territoriale all’architettura, dal design del prodotto alla comunicazione).
Intervista con la New Media Art. L’osservatorio Digicult tra arte, design e cultura digitale (Edizioni Mimesis) si basa quindi sull’esperienza di una delle più importanti piattaforme editoriali indipendenti di critica della New Media Art. Digicult, fondato da Marco Mancuso, nel corso degli ultimi quindici anni ha monitorato, studiato e favorito lo sviluppo della tecnologia e della scienza sulla produzione artistica e culturale contemporanea.
Attraverso una serie di saggi scritti da diversi dei suoi autori più rappresentativi, accompagnati da interviste ad alcuni tra gli artisti e designer più innovativi di questo inizio millennio, Intervista con la New Media Art si configura come una risorsa fondamentale per approfondire ambiti di ricerca e di produzione a cavallo tra arte, tecnologia e scienza.
“Instagram è il gioco finale della scrittura automatica dei surrealisti, più automatica di quanto qualsiasi surrealista avrebbe potuto immaginare”
– Kenneth Goldsmith
Tra i nomi trattati nel libro ci sono quelli di Andy C. Deck, net artist e pioniere dell’arte concettuale in Rete, Constant Dullaart, un artista che dialoga con interfacce conosciute su Internet, Travess Smalley (classe 1986), uno dei più importanti esponendi di quella branca dell’arte contemporanea concentrata sulle politiche dell’immagine nel mondo post-internet, Kenneth Goldsmith, artista, poeta e editor di UbuWeb (il più grande archivio digitale di arte contemporanea). E ancora molti altri artisti che con la loro ricerca sul linguaggio, artistico e tecnologico, hanno creato dei nuovi immaginari (dove reale e vituale non sono più categorie contrapposte, ma conpenetrate e organiche) e, soprattutto, delle nuove riflessioni attraverso cui leggere le dinaminche del contemporenao.
Le interviste con questi artisti spaziano nei diversi ambiti della creatività, dall’audiovisivo al teatro, dalla pittura alla poesia, dal design all’architettura: la tecnologia cambiando il quotidiano permea il nostro linguaggio e di conseguenza non può fare a meno di “contaminare” l’arte, che diventa così cassa di risonanza per le mutazioni che il cibernetico impone ai nostri corpi, ai nostri sensi e alle nostre abitudini.
E, non da ultima, una trasformazione del mercato dell’arte. Ne è un esempio Sedition, piattaforma lanciata 2011 da Harry Blain, della galleria Blain | Southern di Londra ed ex direttore del Post-War & Contemporary Art Department di Christie’s. L’idea nasce dall’intuizione di aggiornare la tradizionale arte “multipla” (incisione e fotografia) alle tecnologie dei new media, con opere d’arte create esclusivamente per schermi e dispositivi, ma in tiratura limitata. Nel progetto sono stati coinvolti numerosissimi artisti di fama mondiale, tra questi – solo per citare i più famosi- Damien Hirst, Bill Viola, Jenny Holzer, Christian Boltanski, e Ryoji Ikeda.
Il libro rappresenta, nel suo carattere documentale, una vera e propria testimonianza storica, e recupera l’esperienza del progetto Digicult, fornendo uno strumento di “navigazione” e di comprensione della poetica artistica contemporanea connessa ai meccanismi delle tecnologie figlie della contemporaneità.