L’arte a Venezia respira ancora un po’, e non dispiace farsi una passeggiata in ambienti solitari che, forse anche per questo, di questi tempi acquisiscono ulteriore fascino. Situazione sanitaria permettendo, le esibizioni delle gallerie restano aperte al pubblico, e tra quelle che meritano una visita in questo scenario incerto c’è la galleria Alberta Pane, che con Imprese espone i frutti dell’incontro tra realtà aziendali e genio creativo.
Inaugurata a settembre e visibile fino al 28 novembre la mostra unisce l’estro creativo di Marie Denis e Michele Spanghero alla sapienza manifatturiera di Giovanardi e Lunardelli, ed esibisce installazioni di arte esperienziale rese possibili proprio dal connubio tra talento e “saper fare”.
Spanghero si serve della scultura in legno per mettere in relazione architettura e acustica: l’imponente struttura sferica di Tuned Volume trasforma lo spazio con la sua presenza massiccia, ma si mantiene in armonia con l’ambiente grazie alle vibrazioni sonore che riproduce, sintonizzate sulle frequenze del luogo di accoglienza. L’installazione è progettata per registrare le frequenze armoniche delle onde stazionarie acustiche della stanza in cui è esposta, e l’idea è che possa accogliere i suoni dello spazio come una tela gli strati di colore. Stesso principio muove la capsula sonora, che riproduce i suoni registrati nell’atelier dell’artista.
Affascinato dall’idea del vuoto, Spanghero la esplora attraverso media diversi: in Studies on the Density of White, ad esempio, utilizza la fotografia per concentrarsi su quegli angoli “vuoti” che abitano il nostro spazio trasformando immagini reali in figure geometriche, scatti in disegni. Sia nel suo lavoro che in quello di Marie Denis, tecnica e tecnologia si rivelano strumenti preziosi per esplorare e manipolare lo spazio circostante e, nel caso dell’artista francese, la natura.
Piante e foglie, seccate e patinate con polvere di grafite, sono presentate allo spettatore chiuse in scatole e teche, poggiate su risme di carta (Wunderkammer), rimosse da un ambiente in continuo divenire per essere catalogate in erbario fantastico. Materia organica e abilità umana si mescolano e quello che ne risulta è una classificazione affascinante quanto bizzarra, in cui all’immaginario di partenza di stampo botanico si aggiunge un’ironia di matrice duchampiana che traduce gli elementi del mondo vegetale in un universo di “oggetti trovati”.
Con il supporto della sapienza manifatturiera Denis mette in discussione i limiti tra naturale e artificiale e opera una secolarizzazione che sospende il tempo, spingendo l’osservatore a guardare più da vicino (quasi a toccare) così come Spanghero lo invita ad avvicinarsi ed ascoltare, chiamando in appello tutti i sensi.
Dal dialogo tra le installazioni dei due nasce un percorso esperienziale e coeso in cui il know-how tecnico serve la visione artistica, e gli esiti della collaborazione sembrano felici.