Print Friendly and PDF

“Un bellissimo crimine”. Al Teatro Arcimboldi le opere di Banksy e dei maestri della Street Art

Pulp Fiction 2015 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection Pulp Fiction 2015 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection
Banksy, Happy Choppers (2003)
Banksy, Happy Choppers (2003)
“Conosco un detto di molto tempo fa. I graffiti sono un atto di vandalismo, ma un bellissimo crimine”, così era solito esprimersi Bando, membro della crew di Street Art The Chrome Angelz, attiva a New York durante gli anni ’80 (“The duality of Graffiti: is it vandalism or art?”, Alan Colombini, CeROArt).

Fino al 13 dicembre, al Teatro Arcimboldi di Milano, è in corso la mostra “Unknown: Street Art Exhibition”, organizzata da Next Exhibition e Show Bees, in collaborazione con il Collettivo di collezionisti Xora. In questa sede, attraverso le oltre 100 opere presentate, si può entrare in contatto con il mondo di quella che per anni è stata identificata- dalle sfere più esclusive del mondo dell’arte – con il titolo dispregiativo di aeresol art,ma le cui opere vengono oggi battute alle aste internazionali per decine di milioni di dollari.

Shepard Fairey, Obey, (anni ’90)
Shepard Fairey, Obey, (anni ’90)

La mostra prende in considerazione la storia della Street Art fin dalle sue origini. Le opere di protagonisti della Street Art americana come KayOne, Phase 2 e Swoon accolgono il visitatore, proiettandolo nella New York degli anni ’70. A fianco delle opere americane, l’allestimento, curato da Lacrym Lisnic,pone sin da subito le opere dello street artist marchigiano Blu. I suoi lavori compongono buona parte della mostra, partendo da Uomo Carroarmato, dipinto su di una saracinesca, fino alla documentazione del murale realizzato (insieme a Ericailcane) nel 2007 sulla facciata interna del Pac di Milano in occasione della mostra “Sweet Art, Street Art. Dalla cultura hip hop alla generazione pop up”, voluta dall’allora Assessore alla Cultura di Milano Vittorio Sgarbi e curata da Alessandro Riva.

Proseguendo lungo il percorso espositivo, si possono osservare le opere di esponenti internazionali della Street Art, dai brasiliani OSGEMEOS (“i gemelli” in portoghese, in quanto duo artistico composto proprio da due gemelli originari di San Paolo, Brasile) – di cui è presentata Contrafiction, realizzata in collaborazione con gli street artist Nina Pandolfo, Herbert Baglione, Vitché, Mate, Daim eTasel – fino all’inglese Ben Eine, di cui è esposta Delinquents. Seguono lavori di ShepardFairey, l’ideatore della celebre quadricromia di Obama che accompagnò le elezioni americane del 2008, Basquiat – la cover da lui disegnata per il singolo Beat Pop diRammellzee, street artist e artista hip hop – e di Banksy, con la sua LaughNow, ButOneDayWe’ll Be In Charge, originariamente ideata per un murales all’Ocean Rooms, night club di Brighton.

Blu, Il nulla, 2011
Blu, Il nulla, 2011

La seconda parte della mostra vede protagonista ancora Blu, con varie serigrafie realizzate intorno agli anni ’10 del 2000, tra cui Funerale Il nulla, oltre alla documentazione di murales di grandi dimensioni realizzati in varie parti del mondo, da Campobasso fino a Buenos Aires. Minimo comune denominatore della sua produzione, la critica sociale. L’ultima parte dell’esibizione presenta, a fianco di opere di 3D, all’anagrafe Robert del Naja, street artist e musicista leader dei Massive Attack – da alcuni sospettato di essere il volto dietro il progetto Banksy -, alcune delle opere più celebri di Banksy stesso, da Girl with Balloon – battuta all’asta nel 2018 da Sotheby’s per più di un milione di sterline, e autodistruttasi grazie a un meccanismo inserito dentro la cornice del quadro – fino a Happy Choppers, dall’evidente significato antibellico.Concludono la mostra alcuni scatti a tema Street Art di EleonorCollini, fotografa milanese con base a Londra.

Jean-MichealBasquiat, Beat Pop (copertina di vinile), 1983
Jean-MichealBasquiat, Beat Pop (copertina di vinile), 1983

STREET ART:TRA ESTETICA E CRITICA SOCIALE

La Street Art, per come la conosciamo oggi, è frutto di un’evoluzione durata più di 50 anni. Nata a Philadelphia verso la metà degli anni ’60, si diffuse successivamente a New York, dove avrebbe conosciuto il suo autentico sviluppo.

Prima dell’avvento di artisti come Banksy o ShepardFairey – noto ai più come “Obey”, secondo la scritta che appariva sugli sticker da lui ideati e che finirono per essere incollati ai pali delle città di mezzo mondo, addirittura dando vita a un brand di abbigliamento omonimo – tuttavia, la Street Art si era presentata, almeno inizialmente, come un mezzo di comunicazione che, oltre ad essere fuori da qualsiasi logica di mercato, spesso si poneva in diretta opposizione al “sistema”.

Blu, Uomo Carroarmato , 2003
Blu, Uomo Carroarmato , 2003

Fu solamente a partire dagli anni ’80 che la Street Art, chefino a quel momento si era concretizzata quasi esclusivamente nel fenomeno del “writing”, ovvero la rappresentazione del proprio nome d’arte sui treni della metro di New York, cominciò a uscire dalla nicchia in cui era nata. Di questo periodo è emblematica una dichiarazione di Keith Haring, che, prima di essere proiettato ai più alti piani dell’art systeminternazionale, era solito disegnare negli spazi pubblicitari vuoti della subway newyorchese:

“Un giorno, viaggiando in metropolitana, ho visto un pannello vuoto che avrebbe dovuto contenere un messaggio pubblicitario. Ho capito subito che quello era lo spazio perfetto per disegnare. Sono risalito in strada fino ad una cartoleria e ho comprato una confezione di gessetti bianchi, sono tornato in metropolitana e ho fatto un disegno su quel pannello. Era una carta perfetta, soffice e nera; il gesso ci disegnava sopra con estrema facilità” (“To New York”, Keith Haring Foundation).

Copertina del catalgoArte di frontiera: New York Graffiti , 1984
Copertina del catalgoArte di frontiera: New York Graffiti , 1984

Vennero poi organizzate le prime mostre, prima in quartieri di periferia come il South Bronx (l’art space“Fashion Moda”, dell’austriaco Stefan Eins, nell’ottobre 1980 inaugura la mostra “Graffiti Art Success for America”), per poi passare ad ambienti della New York più indipendente e underground come l’East Village, nel downtown newyorchese, per esempio la “Fun Gallery”  di Patti Astor, aperta proprio per esporre le opere degli allora emergenti street artists, fino ad arrivare alla ristretta cerchia delle gallerie con sede a Manhattan, in particolare alla “Sidney Janis Gallery” della 57esima strada con la mostra “Post-Graffiti”, inauguratasi il 1 dicembre 1983. Scarso il successo di critica, che,anzi,accuserà l’esposizione di una mancanza di autenticità dovuta alla totale decontestualizzazione della Street Art dalla strada stessa. Da lì in poi le quotazioni di quella che era nata come forma di autoaffermazione personale e protesta verso il sistema non hanno più smesso di salire.

Di particolare interesse la storia che lega la Street Art al nostro Paese. La prima esposizione internazionale dedicata alla StreetArt avvenne infatti proprio nel nostro paese, in particolare alla Galleria “La Medusa” di Roma, nel dicembre 1979. Dietro l’organizzazione di questo evento ci fu la figura del gallerista Claudio Bruni, che dopo aver conosciuto due dei più famosi writer newyorchesi – George “Lee” Quinones e Frederick “Fab 5 Freddy”, famosi per i loro graffiti che spesso interessavano interi treni della metropolitana newyorchese – attraverso un articolo pubblicato il 12 febbraio 1979 sul settimanale “The Village Voice”, acquistò alcune delle loro opere e li invitò ad esporre nella Capitale.

vBlu, Funeral, 2007
Blu, Funeral, 2007

Un altro evento chiave per lo sviluppo della Street Art in Italia, in quanto ispirò una generazione di artisti, di cui Blu, arrivato a esporre perfino alla Tate Modern di Londa, è solo la “punta di diamante”, fu l’organizzazione della mostra “Arte di frontiera: New York Graffiti”, inaugurata il 17 marzo 1984 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna (oggi MAMbo). L’esposizione fu il punto di arrivo della ricerca intrapresa dalla critica e curatrice Francesca Alinovi, scomparsa in circostanze drammatiche alcuni mesi prima, nel luglio 1983.

Viene da chiedersi quale sia oggi il senso di questa forma d’arte, nata per essere contro e oggi perfettamente integrata nel sistema che voleva combattere. C’è però da dire che se l’intento di quei primi tagger che firmavano compulsivamente i treni della metropolitana newyorchese era quello di farsi conoscere, si può affermare con certezza che ci sono riusciti.

Ben Eine, Criminals, 2008
Ben Eine, Criminals, 2008

Commenta con Facebook