La Fondazione MAST di Bologna propone un’agile soluzione virtuale per visitare le due mostre che ospita nei suoi spazi fisici, ora chiusi. Il curatore Urs Stahel conduce il pubblico, attraverso due video-tour, alla scoperta delle esposizioni MAST Photography Grant on Industry and Work 2020 e Inventions.
La prima mostra si configura come allestimento delle immagini dei cinque finalisti del concorso fotografico da cui prende il nome l’esposizione. Realizzandosi a cadenza biennale, il progetto mira a donare visibilità ad artisti emergenti che lavorino su tematiche attuali e impegnate, quali il lavoro, la tecnologia, la donna e la produzione industriale.
Questa sesta edizione ha visto la partecipazione su invito di 47 candidati provenienti da tutto il mondo. La giuria è composta da figure internazionalmente rilevanti nel mondo dell’arte, quali Pippo Ciorra, Quentin Bajac, François Hébel e Isabella Seràgnoli. I cinque finalisti esposti presso la Photo Gallery del MAST di Bologna sono: Alinka Echeverría, la vincitrice (Messico/Regno Unito, 1981); Chloe Dewe Mathews (Regno Unito, 1982); Aapo Huhta (Finlandia, 1985); Maxime Guyon (Francia, 1990); Pablo López Luz (Messico, 1979).
Alla vincitrice, artista e antropologa visiva, è dedicata la prima sala della Gallery. La fotografa ha deciso di approfondire il ruolo chiave delle donne nell’industria e nel lavoro, guardando al passato e fornendo varie testimonianze. Una delle sue installazioni sottolinea la parte fondamentale di queste nel montaggio cinematografico, attraverso stampe fotografiche su lastre in vetro.
Un’altra opera della stessa Echeverría si avvale di materiale d’archivio per comporre un mosaico di immagini di donne scienziate. La terza installazione sfrutta invece una tecnologia di ultima generazione per proiettare una vecchia immagine della prima programmatrice di computer. Tutto il progetto dell’artista è anche, in qualche modo, una critica al fatto che le donne siano state così facilmente dimenticate.
Il lavoro di Chloe Dewe Mathews è incentrato sul Mar de Plàstico – mare di plastica –, l’area a sud della Sierra Nevada, in Spagna. 200 chilometri quadrati di coltivazioni intensive di frutta e verdura sono ricoperti da teli di plastica. Affianco a questa enorme produzione, si trovano miniere di oro e argento, assieme ai set cinematografici western dove Sergio Leone ha ambientato alcuni suoi film e che, di conseguenza, attraggono molti turisti.
Le fotografie di Maxime Guyon, fotografo pubblicitario, sono disseminate in vari ambienti dello spazio espositivo, senza limitarsi a ricoprire una sala unica. Esse si configurano come rappresentazioni dettagliate della tecnologia degli aeroplani che sembrano restituire delle sculture perfette, quasi smaterializzate e decontestualizzate, rispecchiando quello che può essere definito, per citare il curatore Stahel, “feticismo tecnologico”.
Aapo Huhta, tra i migliori trenta fotografi under 30 secondo Magnum Photos, si concentra invece su una parete della galleria. Dopo aver scattato immagini in varie zone rurali della Finlandia, sottopone cinque di queste a un’analisi ipertecnologica: l’impatto è forte e colmo di significato. Contrariamente a quanto si pensa, questi programmi non sono così neutrali e oggettivi: analizzando la foto di una donna parlano di bellezza, cosa che non accadrebbe con il ritratto di uomo.
Pablo López Luz si concentra sui negozi locali di moda tradizionale dell’America Latina. Se tra gli anni ’60 e gli anni ’80 avevano preso piede in tutte le grandi città, ora stanno lentamente scomparendo per essere rimpiazzati da marchi internazionali. Il viaggio dell’artista in Sud America documenta gli “ultimi sopravvissuti”.
Diverso obiettivo si pone l’esposizione Inventions, curata dalla francese Luce Lebart, in collaborazione con lo stesso Urs Stahel. Ricorrendo alle collezioni dell’Archive of Modern Conflict di Londra e degli Archives Nationales di Parigi, la mostra presenta le fotografie delle invenzioni più acute e brillanti portate a termine tra le due Guerre mondiali presso l’Office des inventions francese, per volere di Jules-Louis Breton, capo del Sous-secrétariat d’État aux inventions.
La volontà di Breton era quella di promuovere la ricerca scientifica e industriale – e in questo è possibile trovare un punto d’incontro con l’esposizione di cui sopra –, velocizzando il processo di trasformazione di un’idea da mero concetto astratto a oggetto o macchina funzionali.
Assieme ai progetti e alle descrizioni delle invenzioni, le immagini permettevano una più rapida comprensione dell’aspetto e del funzionamento dei congegni. Le fotografie, arrivate fino a noi, hanno aiutato a mantenere una traccia nel tempo.
L’esposizione considera la pluralità delle invenzioni presenti nell’archivio Breton: dagli oggetti per sopravvivere in tempi di conflitto ai dispositivi per migliorare la qualità di vita in periodo di pace. La documentazione, pur non avendo fini artistici, possiede evidenti proprietà estetiche. Il taglio fotografico degli scatti dà l’impressione che questi siano stati prodotti dalla mano di un artista; purtroppo, però, non sono mai firmate.
Nel breve video-tour della mostra, Stahel spiega come le immagini siano sì testimonianza delle invenzioni del periodo, ma anche testimonianza dell’evoluzione della fotografia in questo campo. Inizialmente, gli oggetti sono immortalati nei contesti in cui sono stati creati e/o usati, poi gli stessi sono astratti dalla loro realtà, portati nello studio e fotografati con uno sfondo bianco.
Qui, gli oggetti “si svincolano dal loro contesto e acquisiscono vita propria, a tal punto che a volte non riusciamo a distinguere realtà e finzione”. Un’invenzione realistica e funzionale riveste, talvolta, ruoli di fantasia e finzione.
Informazioni utili
Sito della Fondazione MAST di Bologna
Video dell’esposizione MAST Photography Grant on Industry and Work
Video dell’esposizione Inventions
Via Speranza, 42, 40133 Bologna BO
051 647 4345