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Che rimane di questo anno? Artigiani 2021. Il silenzio dell’arte deve tornare a parlare

Umberto Boccioni, La città sale, 1910
Umberto Boccioni, La città sale, 1910
È ancora in corso una delle più emozionanti storie dell’era umana. Sì perché piaccia o meno, prima dell’uomo c’era la Terra. Dopo l’uomo, una terra umana.

Abbiamo riscoperto, come in uno Scopone Scientifico, in coppia con Alberto Sordi e la Mangano, quanto sia connessa la nostra vita al lavoro. Solitamente accade soprattutto in ore serali, la limpida voglia di interpretare. Analizzare. Soprattutto di parlare a tutti, come se fossimo in una terrazza, ad urlare che “potremo farcela se”, che “dovremo sopravvivere anche”, “avremo tanto da ricostruire”.

L’architettura è una parola democratica, eguale e sincera. Nasce per darci un tetto. Questo anno che sopraggiunge, che ci osserva, chissà da quanto tempo, se la sorride. E’ un 2021 che noi stiamo costruendo. Dove per la prima volta l’uomo, positivamente, reagisce, prima da individuo e poi da comunità, allo spettro che si aggira per il Mondo.

Il manifesto lo leggo: “Un virus s’aggira per il mondo- si chiama Covid-19, uno spettro. Tutte le potenze della vecchia Europa e del Mondo si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro: papa e zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. Quale partito d’opposizione non è stato tacciato di negazionismo dai suoi avversari governativi; qual partito d’opposizione non ha rilanciato l’infamante accusa di complottismo tanto sugli uomini più progrediti dell’opposizione stessa, quanto sui propri avversari reazionari? Da questo fatto scaturiscono due specie di conclusioni. Lo spettro è di già riconosciuto come potenza da tutte le potenze europee. È ormai tempo che le persone di qualunque moralità espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro un manifesto del partito stesso. A questo scopo si sono riuniti gli esponenti delle nazionalità più diverse e hanno redatto il seguente manifesto che viene pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, fiammingo e danese… La storia umana da sempre e in particolare fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Sì ma un giorno saremo più vicini. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, sono continuamente in reciproco contrasto, e conducono una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta. Un Virus s’aggira per il Mondo – Si chiama Covid-19. E noi, arte, siamo qui a trascrivere che l’arte, quella sana architettura che circonda le menti e gli spiriti, senza di noi, non può esistere. Chiamateci”

Sì perché questo anno ha tolto tanto. Se non tutto. Rimane quell’odore delle mascherine, quel morbido e acido gel, le urla di dolore, quello doloroso, quello che colpisce nel costato, all’improvviso. È stridulo questo Virus. Il mondo stridula. Allungate gli occhi verso i bambini che crescono, verso gli animali che ancora corrono cacciano muoiono, a quei ghiacciai in deriva. Che mondo stridulo. Graffia il virus nel fango dei nostri ricordi. Eravamo polvere e polvere saremo.

Nel buio dei Musei, nelle piazze rinascimentali, nelle gallerie e fondazioni, archivi, dipartimenti di belle arti, c’è un silenzio che possiamo usare. Come un primo vaccino. Una iniezione di coscienza. Questa la parola chiave dell’Architettura. La coscienza della conoscenza. Il silenzio di oggi è un silenzio non umano. Interrotto dalle televisioni e dai proclami. L’erba del vicino magicamente diventa un passaggio sconosciuto verso i confini del possibile. Nel silenzio, ripeto, ci sono anche delle cornici che racchiudono, fermamente, la tavola, la tela, la carta. Pilastri che sorreggono quintali di creatività scultorea. Abbiate coscienza di comprendere che senza ombra di dubbio lo spettro del Virus ci ha ricordato quanto l’arte non possa essere solo una carina immagine ma un porto di uomini e donne e bambini. Quelle che salvano le storie degli uomini. Chiamateci per soccorrere non per assistere.

E dunque giuriamo per questo anno che arriva, giuriamo, come dei medici, con innocenza e purezza che custodiremo la nostra vita e la nostra arte. Che solleveremo i malati, astenendoci da ogni offesa e danno volontariato, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.

Ciò che noi possiamo vedere o sentire durante il nostro esercizio o anche fuori dell’esercizio sulla vita degli uomini, non taceremo ciò che è necessario sia divulgato, ritenendolo come un segreto cose simili. E a noi, dunque, che adempiamo un tale giuramento e non lo calpestiamo, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorati degli uomini tutti per sempre; ci accada il contrario se lo violiamo e se spergiuriamo”.

Wols, Il fuoco, 1947-49

Il silenzio dell’arte deve tornare a parlare. Ma non quello che superficialmente compone una fila, una visita e un avvicinamento. Oppure quello riflesso tra gli schermi dei telefonini. Il bisogno di fermarsi a riflettere lontano dai proiettori, lontano dalle luci che quest’anno brillano di autoreferenzialità. L’arte messa da parte parla del mondo solo grazie a noi. Non esiste preghiera senza due mani protese, non esiste una cura senza una presa di coscienza. Che rimane di questo anno? Poco e niente. Una cosa però è certa: siamo uomini che tramite un gesto d’arte, una vera atletica di manifattura a mano, possono urlare, sopra i tetti del mondo il nostro nome. Velasquez e De Chirico, Artemisia e la gentilezza dell’arte perché dall’arte c’è sempre una risposta ad una domanda, spesso prima ancora di ogni problema. Se abbandonate l’arte, abbandonate voi stessi. “#2021artigiano”

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