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L’arte è anche ripetizione: Morandi e Albers a confronto, a New York

Giorgio Morandi, Natura morta (Still Life), 1953 (detail) Giorgio Morandi, Natura morta (Still Life), 1953 (detail)
Giorgio Morandi, Natura morta (Still Life), 1953 (detail)
Giorgio Morandi, Natura morta (Still Life), 1953 (detail)

La ripetizione fa da anello di congiunzione tra due artisti distanti tra loro: Giorgio Morandi e Josef Albers. La galleria David Zwirner di New York mette in luce le corrispondenze che intercorrono tra i due in una mostra, in esposizione dal 7 gennaio al 3 aprile 2021.

La ripetizione è riflessione, approfondimento, studio, ritmo, calma, ossessione. La ripetizione è questo e altro, la ripetizione è arte. O meglio, l’arte è anche ripetizione. Ne sapevano qualcosa Giorgio Morandi e Josef Albers, due artisti distanti ma vicini, accomunati da fascino dell’elemento che ritorna incessante. Di loro, invece, sa molte cose David Zwirner, che presenta Albers e Morandi: Never Finished. In esposizione presso la sede della galleria di New York al 537 West 20th Street, la mostra esplora le affinità e i contrasti formali e visivi tra due dei più grandi pittori del XX secolo: Josef Albers (1888–1976) e Giorgio Morandi (1890–1964).

Dagli Stati Uniti a Bologna ci sono migliaia di chilometri e i due artisti non si sono mai conosciuti, ma appaiono accumunati dal un decennale impegno volto alla rielaborazione continua di un medesimo motivo. Dal 1950 fino alla sua morte nel 1976, Albers è ritornato assiduamente sul quadrato, declinandolo in soluzioni che variavano solo in minima parte, generando infinite combinazioni cromatiche ed effetti percettivi. Morandi si è invece dedicato tutta la vita a nature morte e paesaggi occasionali, dai colori tenui e dalle atmosfere intime; poetica del quotidiano dove lo spettatore si riconosce riflesso.

Colore, forma, morfologia, dialogo, corrispondenze, serialità: queste alcune delle caratteristiche su cui la mostra costruisce il confronto tra i due artisti. Da una parte le bottiglie, i piatti, i vasi poggiati sul tavolo e ritratti da Morandi, dall’altra la celebre serie Homage to the Square di Albers. I due hanno condiviso una pratica artistica scandita dell’attenzione e dalla dedizione quotidiana. Per loro l’intensità estetica si sviluppa in verticale, affondando fino all’essenza di un elemento, piuttosto che muoversi sempre alla ricerca di una nuova suggestione. Ogni cosa nasconde infinite possibilità visive.

 

Si può viaggiare per il mondo e non vedere nulla. Per ottenere la comprensione non è necessario vedere molte cose, ma guardare attentamente a ciò che vedi.

 

Giorgio Morandi

Sebbene sia Albers che Morandi abbiano approcciato la pittura in modo formalmente differente, le loro indagini individuali sul colore rivelano connessioni visive che risuonano per tutta la mostra. Entrambi gli artisti hanno sviluppato una consapevolezza superiore di come la quantità di colore e l’interazione tra varie cromie all’interno di un formato seriale strutturato potesse portare a composizioni distintive e visivamente vibranti. Il colore diventa così un linguaggio condiviso, che trascende tempo e spazio, e che pone le rispettive opere in comunicazione. Come i quadrati di Albers appaiono fuoriuscire o ritrarsi a seconda della relazione reciproca, così i vasi e le brocche di Morandi si distinguono per la quantità di colore che liberano o che trattengono.

Un piccolo vaso blu notte – isolato su un terreno grigiastro – in Natura morta (1959) di Morandi sembra ribadire la condizione di un quadrato dal blu ceruleo in un Homage di Albers del 1961. Un ricco vermiglio, racchiuso in un quadrato giallo Napoli, del 1954, riecheggia il rosso terra di Siena di un vaso in Fiori (1915) di Morandi. Gli abbinamenti in mostra mettono così in luce corrispondenze sorprendenti e inaspettate, rivelando una sensualità e tattilità pittorica non sempre visibile nelle opere dei due artisti.

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