L’artista, intellettuale, direttore editoriale e curatore è tra i protagonisti di ‘Oltre la Forma’, ospitata da Area35 Art Gallery a Milano, dialogo tra sei artisti – tre maestri del Novecento e tre artisti contemporanei – per una riflessione sull’idea di forma e sua traslazione pittorica e filosofica.
“Non esiste la figurazione. Non esiste l’astratto. Esiste solo la pittura” afferma Paolo Manazza ed attraverso tale asserzione è possibile avviare un’indagine nella sua poetica pittorica, leggere tra i suoi gesti segnici, carpire dalla sua grammatica il detto ed il non detto che, tuttavia, si celano nell’impasto cromatico che assale la tela sino a determinarne un codice precipuo, la cui astrazione diviene reale riconoscibile seppur secondo una volontà che non si lascia intrappolare dalla perimetrazione della forma.
Manazza, tra i sei nomi della mostra Oltre la Forma ospitata da Giacomo Marco Valerio nella galleria Area35 Art Gallery apre il colloquio con gli altri artisti Tano Festa, Mimmo Rotella e Mario Schifano ed ancora Luca Coser e Pietro Finelli, fruibileanche sullapiattaforma ArtLandonline, in attesa di poter migrare in altri luoghi espositivi e tornare laddove era attesa sin dall’inizio: al Museo Nazionale d’Arte della Moldova, nella capitale Chișinău.
‘La concezione di ‘guardare oltre ed attraverso’[…] non per rovesciamento, ma per novella decostruzione, è ciò che appartiene al sesto protagonista di questa mostra. Paolo Manazza, artista ed esperto d’arte e direttore di una delle più importanti riviste d’arte online italiane, dopo essersi interessato di pittura classica – ovvero d’epoca antica – e dei movimenti nati nel solco della grande stagione dell’Infomale newyorkese ed europea degli anni Cinquanta, è giunto ad un tipo di sperimentazione che trova nella sovrapposizione, nella superfetazione di materia ed astraente geometria, una vivida emozionalità. Da tale approccio con la forma, che pur forma non è più, nel suo discioglimento, nel suo accalcarsi nello spazio mediante una ricerca di commistione purissima tra energica gestualità segnica e vibrante costruzione cromatica, Manazza giunge ad esiti validi da instradarsi attorno ad un sentire a tratti indecifrabile: si ha l’impressione che, d’improvviso, quanto pareva trascurabile si sia trasformato in qualcosa di esclusivo, sobbalzato dallo sfondo ipotetico ad un primo piano reale, nella sua mai uguale serialità.’ Le parole che si leggono nel catalogo della mostra suggeriscono un modus operandi caro a Paolo Manazza, narrato dalle 4 opere in esposizione, un racconto materico e cromatico di percezioni del lockdown di primavera e che nella vividezza della costruzione di una exforma ha dato vita ad una visione interiore traslata in sublimazione che appare tangibile nella scelta delle titolazioni, appiglio con il reale nella traccia della riconoscibiltà della parola, del suo legame immaginifico con l’universo interiore delle idee e delle emozioni.
Primavera, Autunno, Estate, Inverno i quattro lavori che, nella destrutturazione del riflesso di natura, hanno costruito nuovi tempi, nuovi spazi con cui lo sguardo dello spettatore può interagire, interrogandosi e portano la grammatica del Manazza ad uno stravolgimento del già noto che stupisce ed ipnotizza, perché la sua visione è offerta di paesaggi interiori, intimi, contaminati da una pressoché infinita serie di modulazioni, di nuove frequenze ritmiche tali da generare uno scompaginamento delle certezze sensuali, offrendo nuovo ruolo principe all’emersione dell’essenza, alla resa visibile dell’altrimenti nascosto.
Evasione dal reale od invasione della dimensione astrante da esso? La pittura di Paolo Manazza si aggira vorticosamente nell’alveo di una necessaria volontà di comunicazione, di traccia priva di parola ma colma d’intenzioni. Intenzione d’evocare suggestioni altre, legate fortemente alla costruzione dello spazio che accoglie. Uno spazio che confessa e si apre all’infinito.
Un infinito che scorgiamo come fulgide rivelazioni, come istantanee perdite d’equilibrio. È il colore ad intervenire per ritrovare equilibrio – non sempre pacata armonia – trasformandosi nel medium idiomatico e concettuale ad uso personale dell’artista. Contrasto e misterico racconto aprono ad inusitate trascendenze ed inattesi punti di contatto e dialogo che, come le stagioni, scandiscono un ritmo esistenziale differente per ognuno di noi.