Irma Marco (Valencia, 1981) è un’artista multidisciplinare, ricercatrice e docente. Attualmente vive e lavora a Barcellona ed è in residenza presso Fabra i Coats, Fàbrica de Creació.
Ha esposto in diversi musei come il Centro di Sviluppo delle Arti Visuali de La Habana, al Museo d’Arte Moderna di Santo Domingo, a Matadero, alla Fondazione Telefonica di Madrid, al MACBA e al Arts Santa Mònica di Barcellona. Ha presentato il suo ultimo lavoro #internetflags all’Espai Souvenir di Barcellona.
Nel corso della tua carriera hai sperimentato con suoni, immagini, testi, sempre con particolare attenzione al contesto in cui emergono e si presentano. Com’è cambiato il tuo lavoro dagli esordi a oggi?
Se c’è un fattore comune a tutto il mio percorso è, come dici, l’attenzione al contesto. Penso che le circostanze di ogni persona o gruppo, e il modo in cui le si guarda, possano avere molto potere. Trovo difficile credere in un senso unico o puro per tutto, mi meraviglia il numero di approcci diversi che esistono. Per questo motivo lavoro da un punto di vista site specific. Allo stesso tempo, trovo altrettanto efficace avviare un processo creativo a partire da un concetto, così come dalle possibilità offerte da un materiale o da un dispositivo.
Da sempre la musica ha avuto un grande peso nella mia vita e carriera. Fin da bambina avrei voluto far parte di una band ma, per diverse circostanze, non è mai successo. La vera svolta è arrivata quando scoprii le cassette come mezzo sul quale dipingere, intervenire, modificare il suono per inscriverlo in uno spazio tridimensionale. Così iniziai a collezionare migliaia di nastri nel mio studio, molti volevano sbarazzarsi di questo supporto obsoleto e me li regalavano. La quantità di “gioielli sonori” che ho scoperto grazie a questo gesto cumulativo è inimmaginabile. I contenuti più interessanti sono quelli non musicali: registrazioni casalinghe, conversazioni, lezioni di lingua, manuali di auto-aiuto, storie: vere e proprie testimonianze sonore in cui la parola aveva molto potere. Da lì sono passata a interessarmi di melodia, rumore e lingua.
Non solo artista visiva ma anche produttrice musicale, creatrice e distributrice di fanzine, docente e ricercatrice. Come si combinano tutte queste attività? E in che modo si fondono?
La verità è che sono sempre stata molto irrequieta, da sempre mi piace fare più cose contemporaneamente. Umberto Eco in Come si fa una tesi di laurea parla di personalità monocromatiche e policrome; quest’ultime le descrive come persone che “lavorano bene solo quando realizzano più interessi contemporaneamente, e se si dedicano a una sola cosa si logorano, oppressi dalla noia”.
Ho imparato molto intraprendendo contemporaneamente diversi tipi di progetti, soprattutto editoriali, ma man mano che questi progetti crescevano e richiedevano più tempo, divenne insostenibile seguirli tutti contemporaneamente. Attualmente, i miei progetti editoriali indipendenti – Beauvoir Archives, Playanueva, Absent Tapes, etc. – sono in standby, ma la loro essenza, che è lavorare con pubblicazioni cartacee e supporti sonori, è ancora molto presente in quello che faccio a livello artistico.
Il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han ha scritto nel suo saggio Hyperkulturalität – Ipericulturalità: “La cultura si libera da tutte le cuciture, limitazioni o fessure; perde i limiti, i bordi e si apre il passo verso una ipercultura. Non i confini, ma i collegamenti e le connessioni organizzano l’iperspazio della cultura”. Che rapporto ha il tuo lavoro con la tecnologia e con Internet?
Data la mia tendenza a collegare discipline e formati, ho finito per concentrarmi sulle connessioni stesse anche a livello tematico. M’interessa molto riflettere sulle implicazioni del vivere in una società iperconnessa, sugli effetti delle tecnologie di comunicazione digitale sul nostro comportamento e su Internet come mezzo che articola tutto questo. Credo che l’arte possa contribuire molto al dibattito sulla sovranità tecnologica.
In questo momento la cosa che mi affascina di più è l’obsolescenza programmata. Penso che sia pericoloso parlare di novità come di un valore unico e che tutto sia molto più relativo. Da queste prime riflessioni è nato un disco digitale, Internet E.N.D., componosto da una serie di esperimenti sonori elettrici, collage, pezzi di dialoghi e field recording che offrono una libera interpretazione del tema.
Per molti artisti e centri d’arte il 2020 è stato un anno difficile. Mostre, concorsi e residenze sono stati sospesi. Tuttavia, durante il confinamento hai prodotto il tuo ultimo progetto: #internetflags. Puoi dirci di cosa si tratta e di come hai vissuto questo momento particolare?
Ventiquattro ore prima che la Spagna dichiarasse il confinamento domiciliare (14/03/20), andai a comprare molti metri di tessuto e di pittura. Mentre tutto sembrava fermarsi io ho iniziato a dipingere freneticamente. Devo ammettere che qualcosa che sembrava venirmi in maniera naturale, in realtà proveniva da una precedente ricerca sui materiali. Volevo dipingere delle bandiere con messaggi sulla vita nella società iperconnessa, anche se non sapevo bene a cosa avrebbe portato il progetto.
Il lockdown, che inizialmente doveva essere di quindici giorni, si allungava senza una fine concreta. Le bandiere con i loro messaggi cominciarono ad accumularsi nella mia sala da pranzo. Così decisi di esporre le bandiere a turno sul balcone di casa mia. Così è nato #internetflags: un modo per dialogare con il mondo esterno senza la mediazione di uno schermo. A quasi un anno di distanza, sto continuando ad appendere le bandiere sul mio balcone.
La mostra organizzata alla galleria Espai Souvenir ha mantenuto fresco il gesto originale esponendo le opere anche sui balconi e sulle finestre di vicini nel quartiere di Gràcia. Inoltre, si sono organizzati anche dei #walk, tour programmati sotto forma di visita guidata per vedere le opere installate nel quartiere e il suo contesto. Abbiamo lavorato sodo e con tempi impossibili, visto che ci siamo incontrati a fine agosto e a metà ottobre stavamo aprendo, ma è stata un’esperienza fantastica. Tanto che oggi il progetto è ancora vivo e alla ricerca della sua prossima sede.
Da poche settimane abbiamo iniziato un nuovo anno. Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ora la mia priorità è continuare a sviluppare la tesi di dottorato (Universitat de Barcelona) per poterla depositare l’anno prossimo. Alla fine ho deciso di affrontare l’argomento di indagine inserendo una parte di ricerca artistica che è effettivamente legata a #internetflags. Questa svolta nella tesi mi permetterà di articolare diverse collaborazioni legate al dottorato. Per esempio, in primavera realizzerò una residenza d’arte digitale presso L’Estruch,Fàbrica de Arts en Viu di Sabadell, dove ho presentato un progetto per sviluppare parte della tesi. Inoltre, ho in programma di combinare la ricerca con la mia attuale attività di docenza, collaborando con diverse materie e progetti presso l’Universitat Oberta de Catalunya, Escola Massana e il MACBA (Museo d’Arte Contemporanea di Barcellona).
Questo contenuto è stato realizzato da Marco Tondello per Forme Uniche.
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