Davanti all’opera di Gérard Garouste (Parigi 1946) bisogna accettare i limiti e gli abissi della sensazione-percezione con le sue folgorazioni e i suoi errori, gli stimoli, le inevitabili eccitazioni. Ed è solo intessendo un dialogo, una sorta di continuo va e vieni tra profondità e superficie, tra interno ed esterno, che si può accedere alla struttura profonda, affettiva e perciò più complice e comunicabile del suo innovativo linguaggio estetico.
Conflitti, convertibilità delle energie psichiche, reazione, difesa, sublimazione, simbolizzazione: munito di alcuni concetti base dell’edificio freudiano, un bravo psicoanalista potrebbe trovare ampio materiale per decriptare l’opera di Gérard Garouste. Potrebbe vedere nella sua arte un appagamento sostitutivo di un rapporto difficile o interrotto con la realtà, la stessa vicenda umana di questo singolare artista affetto da turbe maniaco-depressive, due volte internato in ospedali psichiatrici, offrirebbe del resto ampio e doloroso materiale alla piuttosto ovvia e fuorviante conclusione che l’artista è un caso clinico e le opere d’arte una malattia.
Sono noti i limiti dell’indagine psicoanalitica (freudiana e non solo) in questo campo minato: essendo talento e capacità artistica indissociabili dalla sublimazione, sappiamo anche, per ammissione dello stesso Freud, che l’essenza della creazione artistica risulta quasi inaccessibile alla psicoanalisi. Consapevoli dunque del carattere sacrale del fenomeno artistico, la comunicazione estetica non risiede tanto nell’intenzione originaria dell’artista quanto piuttosto nella ricreazione della sua opera da parte del fruitore, purché capace di attivare le potenzialità simboliche in essa presenti, spesso sconosciute ed imprevedibili per lo stesso artista.
Il senso della sua arte non risiede pertanto nelle condizioni umane che l’hanno preceduta, tutt’al più la sua vicenda esistenziale e le sue disposizioni personali ne sono il terreno nutritivo. Demoni, uomini, processi si ripetono nel corso della storia di ognuno, ogni volta che la fantasia creatrice si esercita liberamente, residui psichici di innumerevoli eventi, favole, libri, forme multiple del pandemonium mitologico, immagini primordiali ed ecco che l’artista sembra parlarci con mille voci: “Metto in scena delle storie, la pittura le fa viaggiare, le deposita su altre retine, risveglia altre memorie, altri morti, altre domande – scrive Garouste ne L’Intranquille, la biografia del 2009 in cui rivela molto di sé stesso.
Garouste è nato nel 1946 e negli anni ’70, quando il mondo dell’arte si volgeva al concettuale, ha assunto in pieno la sfida del figurativo. Un artista costantemente in marcia alla ricerca di sé e del mondo, i suoi carnets di disegni offrono interessanti chiavi di lettura per comprendere l’anomalo, originale percorso di un solitario, totalmente a parte nel panorama dell’arte internazionale. La sua opera inquieta e stupisce, stimola l’intelligenza del visitatore costretto ad attivare circuiti cognitivi altri, a mettere in moto parti più arcaiche del cervello, quelle che presiedono all’emozione, “con il suo corpo ed il suo essere mette in pratica una relazione, altri circuiti cognitivi”.
Questa innata capacità di smuovere affetti antichi, primordiali, dando senso a ciò che apparentemente è insensato, è forse ciò che maggiormente attira nell’opera dell’artista francese. Nella sua mitologia personale, così come nell’universo kafkiano, manca il principio di causalità. Mettersi in sintonia con le sue immagini, le sue visioni folgoranti, divenirne complici, significa abbandonarsi al gioco vertiginoso delle allusioni, cercare di cogliere la complessità della sua arte e le referenze che lo hanno ispirato – su tutti Goya, El Greco, Chagall, Tintoretto.
L’immagine diviene “sorgente di infinite risonanze, di relazioni inattese, misteriose, poetiche”. L’arte del resto spesso ci obbliga al principio di incertezza, ci trascina a conversare con l’enigma. Pittore di miti, ombre, abissi, enigmatici labirinti che continuamente ci interpellano rendendo anche noi intranquilli, le opere di Gérard Garouste sembrano scaturire dalle profondità della psiche, si costruiscono attorno al mistero, sempre in bilico tra filosofia, psicoanalisi, letteratura. Gli sconcertanti arresti e gli slittamenti del tempo hanno l’irresistibile potere di provocare misteriosi scarti, il meraviglioso e il fantastico di situazioni eccezionali nella cornice del quotidiano segnano il debordare del vissuto nel sognato, del sogno nella vita.
“La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro” scriveva Schopenauer. Fantasie, certo, spesso giubilatorie, a volte tragiche come quelle di un Bunuel, archetipi, come il ritmo che sottende l’intera esperienza dell’uomo, l’artista gioca con ciò che lo ispira, lo deforma, lo mischia, lo espone, lo nasconde, mette in scena strane creature come il Golem legato alla mistica ebraica e alla figura del cabalista di Praga Rabbi Low.
Guardando i suoi quadri ci si sorprende a vagare sulle tracce di libri come La Divina Commedia, Don Chisciotte, I Vangeli, il Talmud, la Tora; sui passi di Kafka, Goethe, La Fontaine. Garouste, coltissimo autodidatta, ha studiato l’ebreo per meglio comprendere ed immergersi nella complessità dei testi sacri. Continuamente in bilico tra mito e allegoria, play-back di paradisi e inferni perduti gravati di tutti i problemi e i dolori dell’esperienza umana, la sua opera è popolata da un bestiario fantastico, gli animali sono gli interlocutori privilegiati, uccelli, centauri, cani, asini, questi ultimi dotati di grandi orecchie sono i più rappresentati, simbolo di saggezza, pazienza, perseveranza, libertà. Il cane, l’errante per eccellenza, così presente nella sua opera, cerca la via nella foresta oscura che è Dante e il suo viaggio nelle tenebre dell’inconscio. Intessere un dialogo, lasciarsi interpellare dal teatro infinito di questo artista, con una vocazione al vertice e all’abisso, diviene un’occasione privilegiata per ritrovare anche un po’ della propria verità.
Il 13 dicembre 2017 Garouste è stato eletto all’Accademie des Beaux Arts di Parigi. Ultime mostre: Diane et Actéon, Musée de la Chasse et de la Nature, Paris, 2018, Gérard Garouste, Centre des Arts Palais Aicha Fahmy, Biennale de Caire, Egypte 2019, Gérard Garouste -The other side, National Gallery of Modern Art of New Delhi, Inde 2020.