NOT ONLY HISTORY, BUT OUR MEMORIES è il titolo della collettiva a cura di Carlo Sala che inaugurerà alla galleria Podbielski Contemporary di Milano non appena le norme sanitarie lo consentiranno. Esposte le opere di sette giovani fotografi italiani, le cui pratiche sono accomunate da un’indagine circa la storia contemporanea declinata in un presente personale e unico.
Il filtro artistico attraverso cui i fotografi-artisti incedono è quello della commistione tra memoria individuale-familiare e collettiva, rendendo superfluo e impersonale ogni tipo di elemento storiografico o celebrativo. I fotografi sono: Silvia Bigi, Marina Caneve, Federico Clavarino, Francesca Catastini, Massimiliano Gatti, Giulia Parlato e Jacopo Valentini.
Jacopo Valentini (Modena, 1990) presenta la serie Vis Montium (2018-in corso): essa indaga la Pietra di Bismantova un viaggio nell’Appenino Tosco-Emiliano. Il carattere identitario del territorio è altamente presente e viene riconnesso da Valentini a simboli antichi. La rupe soggetto di alcune delle fotografie è legata all’epoca etrusca – durante cui la tradizione la vedeva come un’arca sacrificale – e alla Divina Commedia – Dante ambienta qui il quarto canto del Purgatorio.
Il progetto Are they Rocks or Clouds? (2015-2019) è di Marina Caneve (Belluno, 1988). Qui, Caneve analizza un altro territorio, quello delle Dolomiti, profondamente segnato dalla grande alluvione del 1966. Ragionando sulla crisi climatica di cui l’intero pianeta è testimone, la fotografa mostra ritratti e scorci di paesi che recano “cicatrici”, stimolando una riflessione circa la ciclicità delle catastrofi e la relazione dell’uomo con la natura.
Massimiliano Gatti (Voghera, 1981) propone la serie Le nuvole, risalente al 2019. Ambientata a Palmira, Le nuvole accosta alle fotografie dei siti archeologici, scattate durante diversi soggiorni in Siria, dei fermo immagine dei video propagandisti dell’ISIS. Le nuvole si rivelano essere colonne di fumo, risultato dei moti distruttivi che si prefiggono di distruggere ogni traccia del patrimonio storico legato alla zona.
Sempre legata al Medio Oriente è la serie Hereafter (2014-2019) di Federico Clavarino (Torino, 1984), esposta in collaborazione con galleria Viasaterna di Milano. Il punto di partenza del lavoro è la casa dei nonni materni in Inghilterra. Qui, Clavarino trova oggetti legati alle terre dell’Oman, della Giordania e del Sudan, dove i due hanno vissuto. Tale vicenda familiare è la spinta per studiare le sorti dell’Impero britannico e le tracce del passato colonia.
La famiglia è una presenza costante anche nel progetto From dust you came (and to dust you shall return) del 2019 di Silvia Bigi (Ravenna, 1985) – qui l’intervista su ArtsLife. Lavorando sul suo archivio, l’artista visiva ha “grattato” le immagini per ricavarne dei pigmenti che idealmente serviranno a creare nuove opere. All’interno della collettiva, Bigi è presente anche con Il sangue e il latte (2017), in cui i due elementi si fondono alla ricerca di una conciliazione tra dimensione femminile e maschile.
Le questioni di genere sono presenti anche in Petrus (2016-2019), serie di Francesca Catastini (Lucca, 1982). Realizza gli scatti nell’abitazione di una persona cara, dove si ritrovano i segni della concezione occidentale della mascolinità, fornendo una serie di archetipi che ormai abitano la nostra quotidianità.
La serie Diachronicles (2019-2020) di Giulia Parlato (Palermo, 1993) è un lavoro fotografico sospeso tra realtà e finzione. Diorami, teche museali, ipotetiche stratigrafie archeologiche presentano ipotetiche narrazioni che rendono chiara la potenza generativa di musei e archivi, che possono modellare la realtà e i saperi.
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