Emergono cautele nell’annunciata attribuzione a Raffaello del Putto reggifestone conservato nelle collezioni dell’Accademia di San Luca
Galeotta fu la comunicazione. Siamo o non siamo alle prese con un’istituzione che vanta 5 secoli e mezzo di storia, animata da “principi” del calibro di Gian Lorenzo Bernini, Domenichino o Antonio Canova? Comprensibilmente difficile, per gente che vive di spirito, star dietro a email, comunicati stampa o lanci di agenzia. Ed è così che un “quasi Raffaello” in pochi giorni diventa un Raffaello, per poi tornare un “forse Raffaello”. Il soggetto è l’Accademia di San Luca, e l’oggetto è il celebre Putto reggifestone donato nel 1834 all’istituzione romana dal pittore, mercante e artista Jean Baptiste Wicar. Conservato nella collezione con un’attribuzione – perennemente dibattuta – a Raffaello.
Dibattuta fino alla scorsa settimana: quando una nota stampa dei Mecenati della Galleria Borghese – Roman Heritage Onlus – ripresa da molti media ArtsLife compresa – annunciava al mondo la buona novella: ricerche approfondite condotte in occasione del quinto centenario della morte confermano la paternità di Raffaello. Il frammento pittorico “è risultato per molti aspetti sovrapponibile a una delle due figure che affiancano il Profeta Isaia realizzato dal Sanzio nel 1513 circa nella chiesa di Sant’Agostino a Roma”, puntualizzava la nota dell’associazione di mecenati, sponsor dei nuovi studi. “Una qualità pittorica straordinaria, del tutto compatibile con la tecnica utilizzata da Raffaello nelle sue opere certe“.
Enigma risolto, brindisi pronti? Nemmeno per idea: perché pare che l’entusiastico – e forse un po’ imprudente – annuncio non fosse stato concordato con l’Accademia di San Luca. Che ora corre ai ripari, con una nuova nota che inserisce molte cautele nell’”unilaterale” attribuzione. “L’intervento testé effettuato ha messo in luce l’alta qualità dell’opera”, si legge oggi. “E ha fornito ai ricercatori preziosi elementi per confermarne con maggiore cognizione di causa rispetto al passato l’attendibile datazione all’epoca di Raffaello. Incoraggiandone quindi l’attribuzione se non altro alla sua stretta cerchia”.
Si torna nelle nebbie, dunque? A tal proposito l’istituzione annuncia “un convegno di studi che vedrà impegnati i massimi esperti della materia, sotto l’egida del Comitato Nazionale per le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della morte di Raffaello”, con storici dell’arte e restauratori chiamati a valutare “i contenuti scientifici del Progetto di Studio, Restauro e Valorizzazione dell’opera la cui indubbia rilevanza artistica deve essere ancora ben circostanziata in sede scientifica”.
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