Lo spettatore è intima presenza all’interno di Mutante il corpo mio s’abissa, progetto personale di Matteo Gatti (Olgiate Olona, 1989) fruibile fino al 19 maggio presso la sede di Dimora Artica a Milano.
Una bianca e spoglia stanza rettangolare accoglie i resti, le tracce di alcuni mostri. Due file di luci quadrate, neutre, illuminano lo spazio in maniera omogenea, disinfettante. Aculei, resti ossei incerti, denti uncinati e spine metalliche non mettono più paura, sono fermi, in bilico fra prove di un obitorio criminale e reperti archeologici alieni, conservati fra cura e timori infettivi.
Nel doppio ruolo cinematografico di investigatore e scienziato, lo spettatore è intima presenza all’interno di Mutante il corpo mio s’abissa, progetto personale di Matteo Gatti (Olgiate Olona, 1989) fruibile fino al 19 maggio presso la sede di Dimora Artica a Milano. Accompagnate da un colto e raffinato testo realizzato da Deborah Maggiolo, le opere creano un cristallino mondo sospeso, a suo modo affascinante e destabilizzante, senza rinunciare a un acutissimo e riuscitissimo uso dell’ironia.
Se il primo colloquio con la mostra ci conduce in una finzione più vera della realtà, trasformandoci in un moderno Fox Mulder attivo su uno dei suoi X-Files, è attraverso la lettura dell’aneddoto narrativo sviluppato nell’opera che da nome all’intero progetto che ritroviamo il necessario dispositivo di distacco critico e di analisi della nostra contemporaneità. Un grande scultura ruvida e scura emerge dall’immagine di una scansione sonar che mostra il fondale del celebre Loch Ness. Per anni “prova” della presenza di un mostro, nel 2016 si scoprì che la sagoma nel lago altro non era se non il rilievo generato da un prop utilizzato nel 1969 durante le riprese del film La vita privata di Sherlock Holmes, del regista Billy Wilder.
Il sorriso sulle labbra apparso durante il racconto della vicenda si trasforma subito in serio riconoscimento di come sia un fatto tutto umano, cresciuto negli spazi reconditi della nostra psiche, la generazione di mostri, creature ritenute diverse, prodotte dall’uomo che si sostituisce a Dio o generate da errori di una natura cieca e casuale, terreste o extraterrestre. Disegni e sculture raccontano un’archeologia del nostro presente che pone sullo stesso piano i frutti delle nostre tecnologie con i frutti delle nostre ansie e paure. Il virus che ha sconvolto le nostre vite non è della partita, il profondo immaginario generato dalle catastrofi ambientali e nelle nostre menti è precedente, la lenta apocalisse è iniziata da anni, il virus ha solamente reso evidente il declino tramite un processo di accelerazione noiosa.
Le opere di Matteo Gatti uniscono un’eccellente pratica del disegno – che sperimenta differenti superfici – a un uso di materiali grezzi resi eleganti (sale grosso e resine) e all’inserimento di “oggetti usati” che creano momenti di vincente cortocircuito, fino a sfiorare il rifiuto nello spettatore.
Eccellente l’uso dello spazio; nell’economia di mezzi e superfici il progetto espositivo si fa inaspettatamente ambientale in maniera non invadente; ricorda il geniale utilizzo delle luci ideato da Francesco Pacelli nella sua personale milanese Fishy fishy fishy X, anche se nel white cube di Dimora Artica la componente luminosa conduce verso una chiave più narrativa e cinematografica, restando pur sempre olistica.
Avvinti fra chele subacquee, pungiglioni metallici lucenti e indecifrabili calchi ossei, le nostre fantasie si perdono in un evento espositivo che ha il merito di farci riflettere sul concetto di mostro e su una contemporaneità necessariamente sempre più aperta, solidale e ibrida, che ci pone abitanti di un mondo in declino dove i mostri siamo noi.
Questo contenuto è stato realizzato da Marco Roberto Marelli per Forme Uniche.
Matteo Gatti
Mutante il corpo mio s’abissa
12 aprile – 19maggio 2021
Dimora Artica – Via Dolomiti 11 – Milano