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Charles Saatchi, l’uomo che ha rivoluzionato il sistema dell’arte

Charles Saatchi Charles Saatchi
Charles Saatchi
Charles Saatchi

Amarcord 59 – Un nuovo appuntamento con la rubrica di Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi: Charles Saatchi

Negli anni ’70 e ’80 quando nominavi Charles Saatchi, il mitico collezionista iracheno-inglese, la gente si metteva sull’attenti. Saatchi è stato l’uomo che ha inventato la figura del collezionista moderno, metà illuminato nelle scelte e l’altra metà oculato uomo d’affari, pronto a disfarsi delle opere nel momento in cui potevano avere una flessione sul mercato. Ma ossessivamente appassionato di arte con grande considerazione di se stesso, ricchissimo e onnipotente e che poteva portare le quotazioni di un artista alle stelle ma anche distruggerlo subito dopo. Mai nessun collezionista è stato influente come lui nell’arte contemporanea, malgrado Charles tenesse un comportamento low profile, schivo e di apparente timidezza.

In realtà lui, in quegli anni, non ha mai tentato di creare l’artista (come qualcuno pensa), perché sapeva bene come districarsi tra i grandi artisti di cui pullulava il mondo dell’arte e di cui erano piene le gallerie di SoHo e quasi sempre molto a buon mercato. Si ipotizzava, scandalizzati, che spendesse due milioni di dollari l’anno, cifra mostruosa per quei tempi in cui un grande Sol LeWitt costava duemila dollari e con due milioni comperavi due o tre super attici alla Trump Tower. Ma Charles, coadiuvato dalla sua coltissima moglie americana di allora, Doris Lockart, figlia d’arte, sapeva ben individuare, tra gli artisti proposti dalle migliori gallerie, chi poteva avere un futuro, che in qualche caso lui stesso propiziava, attraverso mostre e pubblicazioni.

Unico e irripetibile fu il suo catalogo, Art of Our Time. The Saatchi Collection (1984), in quattro volumi di grande formato: il primo con opere straordinarie di Carl Andre, Dan Flavin, Eva Hesse, Donald Judd, Sol LeWitt, Bruce Nauman, Richard Serra, Fred Sandback, Robert Ryman ecc. e con un illuminante saggio di Peter Schjeldahl; il secondo con opere di Artschwager, Chamberlain, Stella, Twombly e Warhol, introdotto da Jean Christophe Amman, Robert Rosemblum eccetera; il Terzo volume, a cura di Rudi Fuchs, con Baselitz, Guston, Kiefer, Morley, Polke e Schnabel; il quarto volume con opere di Borofsky, Burton, Longo, Clemente, Sherman eccetera. Charles Saatchi era l’antitesi di Giuseppe Panza di Biumo, con cui si divideva universalmente la scena artistica. E di cui era amico e che stimava moltissimo e ne seguiva l’esempio (nelle scelte, non nel comportamento). Pur essendone la vera figura antitetica. Il diavolo e l’acqua santa.

Charles Saatchi negli anni ’70 e in poco tempo aveva acquistato decine di grandi opere di tutti i minimalisti e concettuali americani (Donald Judd, Carl Andre, Richard Serra, Sol LeWitt, Twombly, Marden) ma anche Andy Warhol, Gilbert & George, 15 incredibili opere di Anselm Kiefer e naturalmente negli anni ’80 molte opere di Jeff Koons e ovviamente di Damien Hirst, di cui fu il mentore, l’amico, il supporter iniziale. E con il suo aiuto Damien da studente del Goldsmiths College divenne un genio dell’arte contemporanea, interpretandone alla grande tutti i ruoli: artista, curatore, mercante, collezionista. Sostituendosi talvolta alla figura del critico e del teorico d’arte. E in parte a quella di mercante.

 

Art of Our Time. The Saatchi Collection, 1984
Art of Our Time. The Saatchi Collection, 1984

Labour Isn’t Working. New Labour, New Danger

Ma chi era veramente Charles Saatchi? Secondogenito dell’imprenditore ebreo-iracheno Nathan Saatchi, Charles nacque a Bagdad nel 1943. Ma Nathan, preoccupato dall’instabilità del Medio Oriente e dai fermenti antisemiti, nel 1947 preferì emigrare con tutta la famiglia in Inghilterra, dove continuò con successo la sua fiorente attività di imprenditore tessile. Il giovane Charles, con tutte le possibilità di questo mondo, dapprima frequentò una scuola di grammatica (il nostro liceo classico, presso a poco): un docente in un’intervista recente lo definì “dislessico”, il direttore “povero nella scrittura”. La solita vendetta dei docenti frustrati davanti ad un loro allievo di grande successo ma poco apprezzato a scuola. Invece la sua poco gloriosa carriera liceale rappresentava l’ordinaria svogliatezza di un ragazzo troppo veloce di mente e rallentato dalla monotonia degli studi e con troppi sogni in testa.

Poi frequentò, con maggior profitto, il London College of Communication, che gli fornì gli strumenti per la luminosa carriera di pubblicitario che subito intraprese, facendo diventare, in poco tempo, la Saatchi & Saatchi, creata con suo fratello Maurice (la mente amministrativa, mentre Charles era la mente creativa) la più grande agenzia pubblicitaria al mondo, con 600 sedi dislocate nei vari paesi. E fu proprio la Saatchi & Saatchi l’agenzia incaricata da Margaret Thatcher di curarne l’immagine per le elezioni di Primo Ministro del 1979 e le successive, contribuendo in modo determinante alla sua vittoria grazie anche agli slogan di grande impatto, creati da Charles, LABOUR ISN’T WORKING e, stampato sopra la foto di un “diabolik” Tony Blair in manifesti che invasero tutta la Gran Bretagna, NEW LABOUR, NEW DANGER.

 

I manifesti ideati da Charles Saatchi per la campagna elettorale anti-laburista di Margaret Thatcher
I manifesti ideati da Charles Saatchi per la campagna elettorale anti-laburista di Margaret Thatcher

Fatto sta che Margaret Thatcher per tre mandati consecutivi stravinse le elezioni con accanto, come consulente d’immagine, il Mogul della pubblicità, dell’arte e del business: il mitico, silenzioso, modesto ma pretenzioso, Charles Saatchi. Queste campagne pubblicitarie mi fanno pensare ad una immaginazione creativa che pochi artisti hanno. Forse Charles Saatchi è il più grande artista tra gli artisti che lui collezionava? Le sue campagne pubblicitarie sono vere opere d’arte globali. Altro che poesia visiva o arte concettuale. Più incisive di Hans Haacke.

 

Hans Haacke, Ritratto di Margaret Tatcher come fosse la regina Elisabetta
Hans Haacke, Ritratto di Margaret Tatcher come fosse la regina Elisabetta. Sugli scaffali dei libri, due piatti rotti con ritratti i fratelli Saatchi, come santi protettori, 1984

Mi chiamo Charles Saatchi e sono un artolizzato

Ma nel 1969, a 26 anni, Charles Saatchi, pare grazie alla moglie Doris, incontrò l’arte contemporanea. Dapprima con Sol LeWitt, di cui acquistò subito numerose opere, e poi tutti gli altri minimalisti americani. E in poco tempo entrò nel mondo dell’arte con tale determinazione e fragore da fargli dire “Mi chiamo Charles Saatchi e sono un artolizzato (alcolizzato d’arte, NdR)”. E negli anni ’70 il giovane Charles divenne l’ossessione di tutti i tranquilli appassionati d’arte che vedevano in lui “lo Squalo”, il collezionista-mercante implacabile che divorava gli artisti, acquistandoli in massa, spesso corpo e anima, e rendendoli suoi sudditi e rivendendone alcuni, appena ne prevedeva il declino o dopo un litigio in studio. Infatti Charles fu idolatrato da tutti gli artisti che lui acquistava, ma dagli stessi odiato quando li rivendeva.

Però Saatchi era anche il deus ex machina delle gallerie di SoHo che trovavano in lui un sostenitore intelligente e talvolta anche generoso. Di lui Leo Castelli mi disse: “Charles ha fatto lievitare i prezzi di tutti gli artisti americani, ma ha salvato anche molte gallerie”. È stato proprio Charles Saatchi il grande sponsor della galleria Lisson di Londra che, anche grazie a lui, divenne un riferimento dell’arte mininimal e concettuale. Penso che lui abbia sempre voluto acquistare in galleria, raramente dagli artisti. A meno che non fossero privi di galleria. Prima di lui i collezionisti entravano in galleria in punta di piedi e timidamente acquistavano un’opera, massimo due. Charles Saatchi, come un elefante in una cristalleria, entrava in galleria e acquistava tutta la mostra dell’artista e anche ciò che era nel retro.

 

Charles Saatchi, Saresti più attento se fossi tu a restare incinto? Chiunque può ricevere suggerimenti sulla contraccezione dalla Family Planning Association, 1970
Charles Saatchi, Saresti più attento se fossi tu a restare incinto? Chiunque può ricevere suggerimenti sulla contraccezione dalla Family Planning Association, 1970

Leggendari sono gli agguati dei suoi colleghi collezionisti, a volte amici ma anche competitor, che, racconta la leggenda, lo aspettavano all’aeroporto JFK di New York, quando lui scendeva dall’aereo e prendeva il taxi, per seguirlo segretamente sino in galleria, per vedere ciò che lui acquistava. E quando Saatchi acquistava le opere di un artista tutti gli altri lo imitavano a valanga. E l’artista saliva nell’Olimpo delle considerazioni della critica e del mercato. Da sottolineare la sua diatriba con Sandro Chia, pare per un’opera che Sandro, al culmine del suo successo, gli aveva negato e a cui Saatchi, forse per ripicca, teneva molto. Dopo questo episodio Saatchi offrì alla gallerista di Chia, Angela Westwater, sette opere dell’artista e al rifiuto della gallerista di acquistarle al prezzo di costo, le mise in asta. Seguìto a ruota da altri collezionisti.

Da quel momento iniziò il lento declino dal palcoscenico internazionale di Sandro Chia. “Se Charles Saatchi si libera delle opere di un artista, non è buon segno”, tutti pensarono. Personalmente ritengo che mai collezionista sia stato più influente, ammirato, criticato e odiato di lui nel mondo dell’arte. Certo, è stato un collezionista discusso, da taluni definito specullector, cioè collezionista speculatore. Ma di grande intelligenza, sempre attento e curioso verso l’arte più propositiva: storico fu il suo rapporto, con la relativa promozione, con la giovane arte britannica, gli Young British Artists (YBA), a partire dal 1990. E mitica fu la mostra Sensation, alla Royal Academy di Londra, con 110 opere di 42 artisti, tutti della sua collezione, che suscitò grande scalpore sia a Londra che a New York, per opere considerate blasfeme o troppo crude.

 

NY Art Now, The Saatchi Collection, Giancarlo Politi Editore, 1987
NY Art Now, The Saatchi Collection, Giancarlo Politi Editore, 1987

Io e Saatchi

Io non ho mai avuto molti rapporti diretti con Charles Saatchi, perché lui era apparentemente timido, riservato, introverso, scontroso. Ed evitava accuratamente di confrontarsi con critici e giornalisti, che lui non stimava. Proprio nessuno. Non ha mai stimato o apprezzato alcun critico della contemporaneità. Questo me lo fece capire nelle due o tre volte che l’ho incontrato. Perché lui con la sua intelligenza (e un po’ di denaro) li manipolava come voleva e dunque non li stimava. E tutti scrivevano, più o meno, ciò che lui chiedeva. Anche lo scorbutico sinistrese e sempre avversario strenuo del mercato, Rudi Fuchs, che per 6 lunghi anni fu anche direttore del Castello di Rivoli, che ridusse ad una sua galleria personale, si sottomise alle richieste di Saatchi. E Rudi escluse dalla sua documenta nel 1982 Julian Schnabel e tutti i pittori, perché espressione del mercato. Peccato che nel 1983 scrisse una entusiastica prefazione sugli stessi artisti poco prima demonizzati, nel catalogo di Saatchi. I miracoli delle ambizioni e del denaro.

Di Charles Saatchi per molti anni circolò solo una foto ufficiale, con suo fratello Maurice, proveniente dalla Saatchi & Saatchi, a dimostrare ai suoi clienti che lui esisteva. Ma nel 1987 in qualità di editore ho pubblicato un importante libro della sua collezione di artisti americani degli anni ’80, un po’ la nostra specialità. E credo siano stati gli artisti stessi o alcuni di essi (Jeff Koons?), a suggerirgli di pubblicare il libro con la Giancarlo Politi Editore, che attraverso Flash Art aveva contribuito alla visibilità di tutti quegli artisti presenti nella sua collezione, prevalentemente Neo Geo, di cui Flash Art si era fatta interprete. Quando Charles Saatchi mi chiamò da Londra io ero in redazione qui a Milano, e cortesemente mi chiese se l’indomani sarei potuto essere a Londra, da lui.

Emozionato, mi recai nella storica sede di Saatchi & Saatchi: Charles mi spiegò che voleva pubblicare un libro, con un’ampia introduzione di Dan Cameron, nostro collaboratore, sui nuovi artisti di New York, di cui Flash Art si era occupata ampiamente, mi disse. Per i costi di produzione nessun problema, mi accennò furtivamente Charles. Mi mostrò una bozza già pronta e impaginata, con relativo testo di Dan, e io ne fui entusiasta. Si trattava di una vera antologia, chiara e informata, della New York di quegli anni, la New York che io e Helena avevamo vissuto lungamente in prima persona, dalle primissime mostre da International With Monument a quelle di Sonnabend e Mary Boone (Schnabel) o Sperone Westwater (Clemente). Charles mi congedò dicendomi che preferiva stampare il libro a Londra, per poterlo seguire personalmente.

Poi aggiunse: “Ti darò tutte le copie che vuoi per la tua distribuzione”. Io accettai e ne fui contento. Stampare un libro, soprattutto negli anni ’80, per un perfezionista come lui, comportava sempre dei rischi nella riuscita della stampa. E io fui ben contento che qualcuno si occupasse, con la sua grande esperienza, di stampare un libro che a me piaceva moltissimo. E così fu. Tornai a Londra ancora una volta per vedere come procedeva la stampa del libro, ma Charles e un suo agguerrito assistente mi presentarono il libro già stampato. In modo perfetto e senza alcuna sbavatura. Come invece sarebbe certamente successo in Italia con le nostre tipografie scelte sempre sulla base del ribasso. Ci complimentammo tutti a vicenda per l’ottimo lavoro svolto, consumammo un brunch insieme nel raffinato ristorante della Saatchi & Saatchi con champagne e caviale e poi ci salutammo.

E con Charles, che prima di lasciarci mi pregò di salutargli Giuseppe Panza di Biumo, forse non ci vedemmo mai più. A parte sporadici saluti con sorriso a documenta o alla Biennale di Venezia. Dopo due giorni ricevetti a Milano un pallet di copie di New York Art Now, mi pare mille, che noi distribuimmo attraverso la nostra piccola ma specializzata catena distributiva. E così capii che si poteva editare un bellissimo libro, raccoglierne complimenti e applausi, senza aver fatto nulla. Senza nemmeno aver visto la pubblicazione ma dando credito alla Sua parola.

Cari amici lettori, ciò è accaduto nel millennio passato. Ora tutto sarebbe diverso e forse non ci potrebbe essere più nemmeno alcun Saatchi. Ma al suo posto arriveranno, spero, ma certamente arriveranno, Jeff Bezos o Elon Musk, che non sanno nulla di arte, di stampa, di artisti. Ma che sono enormemente più ricchi di un ex ricchissimo e impareranno subito. E si sa, con il denaro e l’intelligenza, che a entrambi certamente non manca, si può ottenere tutto. Spendendo per l’arte ciò che a me costerebbe un cappuccino. Ma con un ritorno di immagine spettacolare. Pensate a François Pinault, a Venezia, che ha acquistato Punta della Dogana e Palazzo Grassi per la sua collezione e le sue mostre, con l’argent de poche. Ma per noi cifre da capogiro. Il prezzo del Paradiso per taluni è a portata di mano. Mentre a noi spettatori resta solo l’Inferno, gratuito per tutti.

 

Arthur Yates e Phoebe Saatchi nella loro galleria, Saatchi Yates
Arthur Yates e Phoebe Saatchi nella loro galleria, Saatchi Yates

E ora?

E ora cosa succede della collezione Saatchi e della famosa galleria? La Saatchi Gallery continua il suo controverso percorso, esponendo ora anche artisti sconosciuti (a pagamento?) a cui ha dato visibilità e possibilità di commercializzare le opere, e alcuni avviandoli anche verso una discreta carriera. Il Grande Guru lavora un po’ in disparte, come ha sempre fatto. Ha creato anche una super gettonata galleria online che vende opere e oggetti di artisti quasi sempre sconosciuti. E sembra che voglia lasciare il suo bellissimo spazio e la sua collezione (ciò che resta, ma vi assicuro è ancora da capogiro) alla Città di Londra.

Ma il suo nome continua a circolare a Londra anche grazie alla figlia Phoebe, che unitamente ad Arthur Yates, artista e designer, fondatore insieme a lei del brand di successo Bruta, ha aperto una galleria, la Saatchi Yates, forse la più bella di Londra. Con una programmazione giovanile ambiziosa ma lontana dai parametri del famoso papà Charles. A significare che anche i figli d’arte spesso hanno un cervello e una identità. E pare anche che Phoebe e Arthur siano oggi due sposi felici. Dunque auguri e figlie femmine. Che quasi sempre sono più creative e determinate dei maschi.

Viale del Tramonto?

Con Sensation ha toccato un apice dopo il quale si è invertita la rotta?
Saatchi: “Non è mai simpatico sentirsi dire che i giorni migliori sono alle tue spalle. Ma probabilmente ha ragione. Una volta ero sicuramente più dinamico e gestivo con energia feroce il mio business in pubblicità e la mia collezione d’arte. Ora che mi sono miseramente sgonfiato provo ancora piacere nell’allestire mostre di opere che mi piacciono. E nel presentare nuovi artisti al pubblico, nella speranza che così valga ancora la pena di andare faticosamente avanti”.

Charles Saatchi dixit

L’arte non è mai senza senso. L’altro giorno, facendo due chiacchiere, Immanuel Kant mi ha detto che il significato dell’arte è di non avere alcuna funzione”. “I libri di storia dell’arte fra cento anni saranno tanto spietati con la fine del XX secolo quanto con tutti gli altri secoli. Tranne Jackson Pollock, Andy Warhol, Donald Judd e Damien Hirst, chiunque altro sarà una nota a pie’ di pagina”.

Per scrivere a Giancarlo Politi:
giancarlo@flashartonline.com

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