Il racconto del balletto andato in scena alla Scala di Milano il 9, 10 e 11 giugno 2021.
Era grande l’attesa del pubblico di risedere sulle poltrone dei plachi della Scala (la platea era occupata dall’orchestra) per vedere i beniamini della danza dal vivo. Un’attesa che è stata ben ripagata da uno spettacolo di pregio sotto ogni punto di vista: quattro coreografie di rango per un corpo di ballo in piena forma.
Ad aprire la serata è stata la versione allargata di “Verdi Suite”, prima coreografia di Manuel Legris per il Corpo di Ballo scaligero che ha preso vita su alcuni passaggi dalle musiche che Giuseppe Verdi scrisse per le danze nelle sue opere da “I vespri siciliani” a “Jérusalem”, “Il trovatore” ed altri . Un tessuto musicale ricco di brio ed energia su cui Legris ha costruito una creazione dal gusto classicissimo. Martina Arduino, Virna Toppi, Nicola del Freo, Marco Agostino, Mattia Semperboni, Maria Celeste Losa e Gabirele Corrado hanno saputo dare la giusta intepretazione all’idea di Legris, dando la corretta lettura ad un’intezione che evidentemente voleva un’affermazione che la danza classica accademica è intramontabile.
Di tutt’altro stampo il secondo titolo della serata, “Movements to Stravinskij”, debutto assoluto per il Corpo di Ballo scaligero in una coreografia creata nel 2017 da András Lukács per i suoi colleghi danzatori del Wiener Stattsballett. Una splendida suite su una scelta di brani stravinskiani , da “Pulcinella Suite”a “Les Cinq Doigts”, “Apollon Musagète” e “Suite Italienne”, in cui i ballerini scaligeri hanno fatto sfoggio di un’ottima preparazione tecnica in grado di cimentarsi anche con quello che non è puramente classico senza però sfociare nel puro contemporaneo. La coreografia di Lukàcs, elegante, minimalista e astratta, è costruita su delle linee rette che si rompono per poi ricostruirsi su un collante sospeso capace di esaltare l’armonia e la bellezza del movimento puro. Ottimi Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Antonella Albano e Andrea Risso, talento rivelatosi già quando era ancora alla Accademia della Scala e che senz’altro si affaccia ad un brillante futuro.
Anche il terzo brano è arrivato alla Scala per la prima volta, si tratta di “Le souffle de l’esprit” di Jiří Bubeníček. Oramai una celeberrima coreografia pensata per un trio maschile che si sviluppa sul Canone in re magg. di Johann Pachelbel, caratterizzata da una ricerca di simbiosi tra gli interpreti. Nicola del Freo, Gioacchino Starace e Mattia Semperboni hanno tradotto bene l’ispirazione del coreografo nata dai dipinti e disegni di Leonardo da Vinci, ma anche come visione di angeli che accompagnano l’anima umana in paradiso. Agili, fludi, leggeri e scattanti, i tre hanno presentato la loro forma perfetta anche in questa prestazione.
A chiudere Alexei Ratmansky con “Concerto DSCH”, sul Concerto No. 2 in fa magg. Op. 102 di Dmitrij Šostakovič. Un brano che la Compagnia scaligera ha presentato nel 2012, in debutto europeo, ricevendo il Premio Danza&Danza come miglior produzione classica, e che soprattutto inaugurò l’importante collaborazione con Ratmansky. Il coreografo russo all’interno di questo balletto inserisce un po’ tutto: da Nižínskij a Balanchine, fino a Robbins, riversando un’ energia sorprendente. Splendide le variazioni solistiche, ma, attenzione, il Corpo di ballo non è semplicemente uno sfondo per loro, anzi. Ogni coppia racconta una storia, come ogni gruppo. Ogni linguaggio viene usato ed esplorato con maestria servendosi di ballerini oramai al lor pieno espressivo come nel caso di Nicoletta Manni e Timofej Andrijaschenko, belli, bravi, affiatati più che mai in quelli che sono per loro i ruoli congeniali.