Palazzo Parasi di Cannobio, sul Lago Maggiore, riparte con la stagione espositiva con un’antologica di Emilio Tadini, artista, pittore, disegnatore, scultore e designer, che è stato anche scrittore, traduttore, poeta, critico d’arte e letterario, giornalista, collaborando per anni con Il Corriere della Sera. Dal 1997 al 2000, Presidente dell’Accademia di Brera.
La mostra, prevista dal 19 giugno al 29 agosto, è realizzata in collaborazione con l’Archivio eredi Francesco e Michele Tadini, la Casa Museo Spazio Tadini e la Fondazione Marconi di Milano.
Il titolo, scelto dalla curatrice Vera Agosti, Fiabe al Lago, omaggia il Lago Maggiore, dove Tadini si recava con la famiglia, ospite dell’amico fraterno Valerio Adami (che ha esposto a Palazzo Parasi nel 2016), con il quale aveva costituito la Fondazione Europea del Disegno di Meina.
Oltre 30 opere, tra acrilici su tela e sculture, in vetro e in metallo, per ripercorrere i momenti salienti della ricca produzione dell’artista, dalle prime prove degli anni ’50 con Le Figure, le Cose, all’ultima ricerca dedicata alle Fiabe.
L’esposizione segue un percorso cronologico che si sviluppa dall’alto, partendo dalla sala video sul lavoro di Tadini. I grandi cicli su cui si è concentrata l’attenzione del maestro hanno spesso confini labili, poiché una serie nasceva nel momento in cui un’altra non era ancora completamente interrotta. I dipinti sono costruiti secondo una logica di sovrapposizione di piani temporali differenti, in cui convivono memoria e realtà, tragico e comico. Ogni opera è aperta a una pluralità di senso e di interpretazione.
Passando per Vita di Voltaire. Il magistrato in campagna (1967), Color & Co. Paesaggio nello studio (1969), Viaggio in Italia (1971), Museo dell’uomo (1974), Angelus Novus (1978), Disordine in corpo classico (1982)… , il pubblico incontra i filosofi che danzano (Il ballo dei filosofi, anni ‘90) il valzer del pensiero nella Città (Città italiana, 1988) tra i Profughi (No particular place to go, 1989), emblema della condizione umana e dello smarrimento che proviamo tutti noi, quando perdiamo i nostri punti di riferimento. La soluzione pare essere la Fiaba (Fiaba dei Tre Pittori, anni ‘90), l’immaginazione, con cui forgiamo la nostra identità e possiamo essere finalmente liberi. In esposizione anche alcuni lavori mai pubblicati, come la serie de La fiaba di Sant’Amleto (2000), ispirata all’opera shakespeariana e immagine guida dell’esposizione.
La ricerca figurativa e onirica dell’artista indaga il mistero dell’uomo, muovendosi tra l’influenza della Pop Art inglese, la Metafisica di De Chirico e altre suggestioni.
Il rapporto tra la figura e la parola scritta è sempre stato fondamentale per l’autore, in un gioco di contaminazioni. Parole dipinte, o scolpite, parole nella pittura, o nella scultura, come nei suoi splendidi Fiori. Non per nulla Umberto Eco definiva Emilio Tadini “scrittore che dipinge, pittore che scrive”. Proprio il legame tra parola e immagine sarà approfondito nella personale Le figure, le cose presso il Brunitoio di Ghiffa, dal 3 al 25 luglio.