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Roma e la scultura della “porchetta” a Trastevere. Dopo le polemiche, il vandalismo

scultura porchetta La scultura della porchetta vandalizzata
scultura porchetta
La scultura della porchetta vandalizzata. Immagine facebook da

La tanto vituperata scultura della porchetta di Trastevere è stata imbrattata con della vernice rossa dagli animalisti che hanno rivendicato l’azione dimostrativa sui social

Per scelta avevamo deciso di non seguire la surreale polemica nata intorno all’opera di marmo intitolata “Dal panino si va in piazza” raffigurante la tipica specialità gastronomica laziale.

Le polemiche sulla scultura “porchetta”

Fin dal suo posizionamento a Roma in piazza San Giovanni della Malva, infatti, la scultura di marmo era stata oggetto di attacchi da più parti. Si erano lamentati  i residenti ritenendola brutta e non adatta al contesto del Primo Municipio che racchiude il centro storico della Città Eterna.  Dello stesso avviso anche alcuni giornalisti (magari ritenendo però geniale un neon  di qualche affermato artista pochi giorni prima). E se i politici hanno indicato quella porchetta in marmo come una citazione artistica dei cinghiali che qualche volta fanno capolino tra le vie della città  per cercare cibo nei bidoni della spazzatura, quelli che più di tutti hanno manifestato il proprio dissenso sono stati ovviamente gli animalisti.

Il progetto “Piazze Romane”

Tornando a noi, avevamo deciso di non partecipare al vivacissimo dibattito  per il semplice fatto che si trattava del progetto “Piazze Romane” voluto dal Primo Municipio, con la partecipazione degli studenti della Rome University of fine arts (Rufa). Questa era dunque una delle tante sculture del progetto ( anche queste non particolarmente apprezzate pare dal giudizio generale), opera di un giovane studente.

Una scelta infelice

Si può  – e si deve – discutere  dell’opportunità di far sperimentare la creatività di giovani studenti nel municipio con la più alta densità di patrimonio artistico della Capitale. In effetti da questo punto riteniamo la scelta a dir poco infelice. La polemica però, a nostro avviso, doveva fermarsi a questo e non estendersi verso una sorta di bocciatura feroce e collettiva dell’opera di uno studente. Soprattutto se tutto questo avviene usando come metro di giudizio il lato estetico della stessa. A meno che non si consideri l’arte puro decorativismo.

L’atto vandalico

Diverso il discorso per gli animalisti, forse gli unici coerenti nel vortice di giudizi negativi scatenati dall’opera. Che, ovviamente, non hanno gradito il fatto che  un intervento di arte pubblica prendesse a modello la sofferenza degli animali. Peccato però che abbiano deciso di vandalizzarla con della vernice rossa, nonostante la ricerca di un confronto costruttivo di Amedeo Longo, il giovane autore dell’opera che poche ore prima aveva affidato il suo sfogo in un’intervista a Repubblica. Cercando di spiegare il concetto della scultura, riferito a questo tipico piatto della cucina regionale, anche in vista delle riaperture post-covid :

“La mia opera è stata strumentalizzata dai politici. Ho spiegato il messaggio che avrei voluto trasmettere: conviviale, stare insieme. Poi, certo, i gusti sono gusti, può piacere e non piacere, mi sono anche beccato insulti. Ma non sono contento dell’interpretazione totalmente travisata e della strumentalizzazione dell’arte, che è quello che di più amo al mondo”.

La dichiarazione di Animaliberaction

Con un post su facebook  la dichiarazione di Animaliberaction :

Grazie al gruppo #ALF (Animal Liberation Front) ora questa “opera”, rappresenta la realtà.
È arrivato il momento che le istituzioni comincino a rendersi conto che dietro al cibo, alle tradizioni e alla nostra cultura, c’è tanta violenza e sofferenza degli animali.

La dichiarazione di Rufa sulla “scultura porchetta”

Ovviamente anche l’Accademia Belle Arti di Roma aveva subito risposto alle critiche, portando il discorso nell’ambito del contenuto artistico, con un lungo post pubblicato sui social, con tanto di riferimento a Damien Hirst:

Crea più scandalo il travertino romano della realtà stessa.
In un’epoca in cui nei musei e nelle grandissime collezioni abbiamo cavalli impagliati e squali immersi nella formaldeide, certo non ci aspettavamo che a fare rumore fosse una scultura classica, resa alla maniera della grande tradizione scultorea di animali romana. Opera che ha visto, appunto, degli scultori scolpire una forma e che ovviamente non ha visto né implicata l’uccisione o il maltrattamento di nessun animale. Opera basata su disegni preparatori e realizzata da mani e arnesi, e non dalla cattura di un bellissimo squalo tigre commissionata, sia pure in Australia, quello sí realmente ucciso.
Invece fa stupore una scultura che celebra la vita e la tradizione, che non fa che immortalare, a monumento, quello che quotidianamente accade, un piatto che ci nutre in tantissime caratteristiche fraschette romane, legalmente e normalmente, ogni giorno. Da anni la porchetta è il vanto e il piatto tipico di Roma, piatto povero e piatto prelibato, i cui venditori ovviamente non compiono reati, né generano cortei, come fa un travertino.
Piatto nostrano, come la carbonara e l’amatriciana, anche questi a base di carne, per i quali non occorrevano (e non occorrono) molti ingredienti e molti soldi, nei tempi grami.

scultura porchetta
Immagine Rufa

Piatto che celebra la compagnia tra persone, con un bicchiere di vino e un panino. Un’immagine orizzontale che si oppone e accompagna, con la stessa forza della vita, ai verticali kebab, anch’essi ovunque per le nostre vie.
Dunque cosa colpisce e sconcerta? L’immagine-monumento della verità di ogni giorno più della verità, la celebrazione del cibo più di una reale uccisione o di un reale maltrattamento (che non c’è stato). La nostra vita e tradizione possono esistere ma non possono essere fissate in immagine da nessun artista? Può l’America celebrarsi e raccontarsi pop, ovvero popolare, di tutti con l’immagine di un panino McDonald e di una coca cola, ma noi non possiamo raccontare che veniamo dalle fraschette, vino e porchetta? Non dovremmo dire che siamo sopravvissuti con questo, che siamo vissuti, che siamo andati avanti quando tutto era difficile?
In questa opera si celebra alla maniera degli eroi antichi l’eroe della nostra storia recente, il maiale che ha reso possibile la nostra vita, storia, tradizione e sopravvivenza. Non in squallidi allevamenti, non nelle macchine industriali di grandi catene che fabbricano panini, ma nella campagna, col contadino, in quelli che sono stati sempre, e speriamo lo siano ancora i rapporti sani col cibo, non in scatola, ma reali.
Eppure la sua celebrazione genera orrore. Qualcosa non quadra

Al momento non ha ancora risposto all’imbrattamento della scultura avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 giugno.

 

 

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