Dopo otto mesi di chiusura riapre il Battistero, con i mosaici di profeti, santi vescovi e cherubini. Realizzati fra il primo e il secondo decennio del Trecento
Per la prima volta sarà possibile vedere restaurate quattro delle otto pareti interne in marmo bianco e verde di Prato. Con i mosaici raffiguranti profeti, santi vescovi e cherubini, realizzati fra il primo e il secondo decennio del Trecento. Di che si parla? Del Battistero di Firenze, che da sabato 3 luglio riaprirà al pubblico dopo otto mesi di chiusura per i lavori di restauro e la manutenzione dell’antico pavimento.
Iniziato nel 2017, dopo aver finito quello delle facciate esterne e del manto di copertura due anni prima, il restauro delle pareti interne del Battistero terminerà entro la fine dell’anno, salvo imprevisti. Addossato a uno dei quattro lati restaurati, il monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, risplende liberato dalle polveri superficiali che coprivano la doratura della figura bronzea.
Il restauro del Battistero si è rivelato fin da subito molto complesso, perché ha dovuto operare su tre piani. L’architettura, la struttura e la decorazione a mosaico. La campagna di studi e d’indagini diagnostiche e il restauro dei primi quattro lati hanno portato a numerose scoperte. Tra queste la tecnica musiva assolutamente originale impiegata nei mosaici parietali. Un vero e proprio unicum, tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli, che potrebbe essere la prova che in origine fossero tutti dorati.
Diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con un investimento globale di circa 2 milioni di euro, il restauro è condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, e la collaborazione per le indagini diagnostiche con Università italiane e laboratori specialistici. Il progetto odierno non riguarda il restauro dei mosaici della Cupola che saranno oggetto di un successivo restauro.
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