Travolti dal trash nell’immenso mare del brutto. Viaggio alla scoperta del cattivo gusto per imparare ad amarlo
«Quanto i casi della vita mi pongono di fronte a una cartuccia stereo 8 di Fausto Papetti, mi guardo intorno cercando negli altri uno sguardo di complicità. Ma il mio entusiasmo per l’importante rinvenimento di un reperto trash è puntualmente raffreddato poiché trovo sempre il nulla, la meraviglia, l’ignoranza e l’inesattezza. Spesso trovo anche una domanda: “Che cos’è il trash?”», così Tommaso Labranca, che del trash è stato un estimatore eccellente, colui che meglio e prima di altri ha saputo affondare le mani nel pantano della cultura bassa per elevarla ad analisi socio-culturale.
Eppure, nonostante il contributo di uno scrittore amato (celebrato, mai abbastanza) come Labranca ancora oggi esiste nei confronti del trash una diffidenza coriacea. Il perché lo spiega bene Matteo Fumagalli nel suo libro, Travolti dal trash nell’immenso mare del brutto. Viaggio alla scoperta del cattivo gusto per imparare ad amarlo: in sintesi, dobbiamo darci un tono. Dobbiamo poter credere di essere diversi da “quella cosa lì”, ci imprigioniamo in una gabbia di snobismo (che è, in fin dei conti, solo una delle tante forme di difesa a cui ricorriamo per non guardare nell’abisso). Invece, molto probabilmente (anzi, quasi sicuramente) diversi da quello che disprezziamo non lo siamo affatto. Siamo tutti trash.
Fumagalli, che da anni sguazza nel mare del trash tra editoria e cinema (se non siete di quelli che comprano solo Adelphi perché stanno bene in libreria conoscerete il suo canale YouTube dove recensice libri trash tra i più assurdi in commercio – ma non solo), ci regala una guida per orientarci in questo universo vertiginoso: «conoscere il brutto ci consente di sentirci vivi». C’è il suo viaggio alla ricerca e alla scoperta di libri orrendi e film imbarazzanti, eppure imperdibili. Inoltre delle pratiche liste di libri, film e dischi essenziali spiegano meglio di qualsiasi dissertazione la differenza tra Trash, Camp e Kitsch. Sposerò Simon le Bon, Lezioni intime di Valeria Marini e Non mi avete fatto niente di Fabrizio Corona? Trash. Isabella Santacroce e Parish Hilton? Camp. Liala, Nicholas Sparks e Francesco Sole? Kitsch, perché tale è il romanticismo invecchiato male. Per la musica invece: gli album di Michelle Hunziker, Loredana Lecciso, Liam Payne? Trash. Donatella Rettore, Geri Halliwell e Lady Gaga? Camp. Laura Pausini, Céline Dion e Susan Boyle? Kitsch. Ma questi sono solo pochissimi esempi del “bestiario” che l’autore ha compilato: un succosissimo campionario di trashate partorite sempre con le migliori intenzioni, ma con i risultati peggiori di sempre. Ed è proprio lì, nel dramma delle aspirazioni disattese (delle illusioni infrante, dell’ego schiantato al suole), che vive una gustosissima parte del fascino trash. Slurp!
Travolti dal trash nell’immenso mare del brutto, tra esperienze personali e dissertazioni socio-culturali, guida il lettore alla scoperta di un terreno multiforme, il trash difatti è un mostro a più teste, non solo libri, cinema e musica, ma anche TV (e che TV!) e internet, ormai un catalizzatore eccezionale di fenomeni che un tempo, affinché se ne potesse godere a pieno, dovevano essere intercettati dalle televisioni locali o dal Maurizio Costanzo Show.
Prima regola: bando alle regole. Il libro è sacro, il libro è sempre meglio del film, scrivo dunque sono, gli youtuber non possono parlare di libri… Tutti preconcetti da buttare nell’indifferenziata. Per gioire delle bellezze che il brutto ci può donare bisogna lasciarsi alle spalle i polverosi preconcetti dei salotti della cultura bene, bisogna sapersi sporcare la mani, senza paura di insozzarsi il cervello: il trash è un toccasana, corroborante e energizzante (come direbbe un televenditore trash): è incredibile lo so, però è così realmente. Bisogna solo avere il coraggio di guardarsi in faccia, e Fumagalli è lì, pronto a tendervi uno specchio.