“Il Caravaggio rubato: mito e cronaca di un furto” di Luca Scarlini, tutte le storie attorno alla scomparsa della Natività coi santi Francesco e Lorenzo
È un libriccino piccino, sta comodamente in una mano, quasi. Ha l’aspetto austero e al contempo raffinato, come di un piccolo messale. Eppure al suo interno vi è raccontata una storia che è al contempo tante storie assieme, per lo più tutte drammatiche. A raccontare queste storie è Luca Scarlini in “Il Caravaggio rubato: mito e cronaca di un furto”, edito da Sellerio nel 2012 nella collana La nuova diagonale e ora presentato in una nuova edizione aggiornata nella collana Il divano.
Quella della Natività con San Lorenzo e San Francesco, unica opera che Caravaggio aveva lasciato a Palermo a seguito di un breve e non ben chiaro soggiorno nella città, è una vicenda tanto nota quanto nebulosa, un vero e proprio buco nero per la Storia dell’Arte italiana (ma non solo). Un capolavoro che è diventato una pratica, l’ormai famigerata Pratica 799, quella dell’opera d’arte più ricercata al mondo.
Quella di Scarlini è una scrittura felice che, oltre a ricostruire i fatti (con tono tanto acuto quanto svogliatamente polemico) dà voce anche all’opera stessa, che diventa così testimone in prima persona di questo stupro figurato.
Il furto è avvenuto nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo, dove l’opera era “custodita”, nella notte tra il 17 e 18 ottobre del 1969, qualcuno dice di notte, qualcuno di pomeriggio. Le testimonianze negli anni si sono susseguite in maniera contraddittoria tra loro.
Sullo sfondo il fantasma della mafia che su tutto aleggiava tanto silente quanto frastornante. Mauro De Mauro, il giornalista che per primo aveva provato a far luce sulle dinamiche dell’accaduto, sparisce l’anno dopo, nel 1970, per mano mafiosa.
Ma com’è possibile rubare, addirittura, un Caravaggio? Non aveva protezioni?, una sorveglianza?, un sistema d’allarme? No. Da tener presente anche che l’opera è (era?) molto grande e posizionata molto in alto, in una posizione difficoltosa, probabilmente non sarebbero quindi bastate due persone, quante invece cronaca & leggenda vogliono siano state. Perfino la denuncia del furto non fu immediata: le due “perpetue irregolari” avvertono il prete, questi avvisa arcivescovo che a sua volta chiama il sovrintendente alle Belle Arti.
Scarlini, senza incaponirsi troppo sull’eccezionalità dell’opera, ricostruisce lo sconcertante stato di degrado della Palermo di quegli anni. Anche prima del furto clamoroso la situazione era notoria e c’era chi ne dava denuncia, come Elio Tocco proprio nel 1969 con il suo libro intitolato Guida alla Sicilia che scompare (non quella già scomparsa o quella che scomparirà, un giorno, no, quella che in quegli anni sta scomparendo sotto gli occhi di tutti).
Tempo prima erano spariti La Madonna del Carmelo e San Michele combatte Satana di Pietro Novelli, c’era stato il tentativo (sventato dai guardiani) di trafugare tre opere di Antonello da Messina esposte a Palazzo Abatellis, e innumerevoli i furti di suppellettili e opere minori da chiese e palazzi signorili.
Solo tra il 1967 e il 1968 risultano volatilizzati 43 lotti dal magazzino demaniale di Selinunte, 11 dipinti dalla sola chiesa di San Biagio, 1 dipinto dalla cattedrale di Messina e diversi quadri dalla chiesa di Sant’Antonio a Ragusa.
Nel ’69 questo trend prosegue a gonfie vele sul panorama di un paesaggio devastato dall’incuria in cui la mano criminosa ha facilità di movimento: Villa Palagonia a Bagheria che versa(va) in stato di abbandono, la fontana Garrafello riciclata come discarica di mercato o la Chiesa del Crocifisso di Lucca riarrangiata a negozio e magazzino (e tutt’ora in uno stato pietoso).
In un simile contesto un Caravaggio esposto così alla bell’e meglio non poteva che essere destinato ad altra fine se non quella che ha fatto.
Rimangono nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo, a custodire un’opera che non c’è più, le opere di Giacomo Serpotta: a guardia del vuoto troviamo la Fortezza e la Verginità, tutt’attorno le storie di San Francesco e San Lorenzo, con le allegorie della Carità, della Misericordia, dell’Ospitalità e dell’Elemosina. Un apparato abbagliante e bianchissimo che unisce in maniera miracolosa istinti aulici e popolari, e che rende il vuoto lasciato dal Caravaggio smaterializzato
Le domande che pendono su questa vicenda sono molteplici, svariate le ipotesi -quasi tutte vedono nel mondo mafioso i principali sospettati- e ricca la letteratura che vi è fiorita attorno (da Sciascia con il suo ultimo racconto, Una storia semplice, fino al nuovo film di Roberto Andò, Una storia senza nome), l’unica cosa che continua a scarseggiare sono le risposte.
Per ora dobbiamo accontentarci di fare un po’ di ordine, come ha fatto Scarlini, che in questa desolazione è riuscito anche ad aggiungere delle splendide pagine di letteratura.