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Tra moda e cinema. Due mostre raccontano la liberazione del corpo e dell’anima, a Carpi

Smiling woman pinup wearing two piece gold bikini bathing suit posing riding water skis indoors, Los Angeles, California, 1949. (Photo by Camerique/Getty Images)
Let's Go Water Skiing - Smiling woman pinup wearing two piece gold bikini bathing suit posing riding water skis indoors, Los Angeles, California, 1949. (Photo by Camerique/Getty Images)
Let’s Go Water Skiing – Smiling woman pinup wearing two piece gold bikini bathing suit posing riding water skis indoors, Los Angeles, California, 1949. (Photo by Camerique/Getty Images)

Carpi accoglie l’autunno con due mostre inedite. La prima è un’esposizione dedicata a Liliana Cavani: Il portiere di notte. La libertà della perdizione. La seconda HABITUS. Indossare la libertà si incentra invece sulla liberazione del corpo attraverso la moda.

HABITUS. Indossare la libertà –  Musei di Palazzo dei Pio, Carpi (MO) – 17 settembre 2021-6 marzo 2022

HABITUS. Indossare la libertà analizza come, nel Novecento, le tappe più significative di innovazione della moda abbiano spesso coinciso con momenti di liberazione del corpo, soprattutto femminile, da costrizioni fisiche e sociali. Lo fa attraverso una serie di indumenti iconici, come gli abiti ispirati all’anticorsetto di Paul Poiret, i primi pantaloni creati da Coco Chanel per le donne, la minigonna, gli hot pants, i bikini, i jeans, la giacca destrutturata di Giorgio Armani, e molti altri ancora. Capi che hanno contribuito all’emancipazione, alla sovversione di paradigmi e canoni e alla liberazione dei costumi sociali.

Il primo, Liberare il corpo, prende avvio a inizio Novecento, quando i creatori di moda si pongono come obiettivo principale quello di liberare il corpo femminile dalle costrizioni dell’abbigliamento (busti, pizzi, abiti lunghi) e quindi dalle convenzioni sociali che chiudono la donna in cliché predefiniti. Scoprire il corpo introduce il visitatore negli anni del secondo dopoguerra, quando le donne, complice anche la diffusione delle immagini cinematografiche, affermano le loro libertà anche scoprendo il proprio corpo.

Con la sezione Work, sport, cool, la rassegna si spinge negli anni settanta e ottanta, periodo in cui la moda diventa unisex, e il vestito griffato, tipico della sartoria artigianale, lascia il posto al prêt-à-porter con capi prodotti serialmente. La mostra si chiude con Destrutturare, un passaggio all’interno della moda degli anni settanta caratterizzata da due capi divenuti iconici, come il Wrap dress di Diane von Furstenberg e la Giacca destrutturata di Giorgio Armani, che impongono una nuova concezione di abito “destrutturato”, ovvero senza imbottitura e controfodera, con i bottoni posizionati in un altro punto del tessuto e le proporzioni completamente riviste, con una innovativa modalità di chiusura facile ed essenziale, per creare, come ha affermato Giorgio Armani, una vestibilità “rilassata, informale, meno rigorosa, che lascia intuire il corpo e la sua sensualità”.

Charlotte Rampling. Foto Mario Tursi
Charlotte Rampling. Foto Mario Tursi
Il portiere di notte. Libertà della perdizione – Sala dei Cervi di Palazzo dei Pio – 17 settembre 2021-6 gennaio 2022

L’esposizione, curata da Francesca Brignoli è dedicata a Il portiere di notte (1974) uno dei capolavori più famosi tra quelli realizzati dalla regista carpigiana Liliana Cavano. La trama del film sfida lo spettatore a considerare la possibilità della libera scelta all’interno di una cornice di dominio e sopraffazione, sia concreta che psicologica.

Attraverso una serie di documenti originali, come la sceneggiatura con le annotazioni di Liliana Cavani o il bozzetto originale di Piero Tosi del famoso costume con le bretelle e il cappello di Charlotte Rampling, più di 60 fotografie di scena, materiale video, articoli di giornale provenienti dal Fondo archivistico Liliana Cavani, donato dalla regista all’Archivio storico comunale della sua città nel 2019 e oggetto nel corso degli ultimi due anni di un minuzioso lavoro di catalogazione, oltre a spezzoni del film, la rassegna getta luce sull’iniziale formazione dell’idea della pellicola, nata mentre Liliana Cavani lavorava al documentario storico La donna nella Resistenza, seguendone poi il percorso della produzione, realizzazione e distribuzione. La mostra avrà un focus in particolare sulla divisiva ricezione della pellicola sia in Italia che all’estero e sulle implicazioni generate in termini di censura.

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