150 anni di storia siciliana vista attraverso le vicende di sette donne della famiglia Filangeri di Cutò. In mezzo, la splendida decadenza di una nobiltà orgogliosa ma fatalista, riscattata proprio dalle sue donne. Un’epopea narrata in Le Gattoparde. Il tramonto di un’epoca in una grande saga siciliana, appena pubblicato da Giunti Editore (pp.320 Euro 16,90).
Roma. La Sicilia nobile e riservata, magnifica e appena sussiegosa, rivive nelle pagine di Le Gattoparde, ultima fatica letteraria di Stefania Apehl Barzini che alla scrittura affianca la passione per la cucina, e che in questa sua ultima fatica letteraria va alla riscoperta di un mondo che ormai appartiene alla storia. Idealmente, Villa Piccolo – la straordinaria residenza di campagna dell’aristocratica famiglia Piccolo – diventa il centro della Sicilia; in quel paradiso terrestre arroccato in cima alle colline di Capo d’Orlando e immerso in uno splendido parco di oltre venti ettari, visse la principessa Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, dopo che il marito, principe Piccolo, era fuggito con una ballerina.
È lei, assieme ad altre donne ugualmente volitive e appassionate, la protagonista di un racconto storico, sociale e artistico, impreziosito appunto da queste straordinarie donne che al fascino del rango affiancarono quello della personalità. Storie troppo spesso taciute e comunque poco note, secondo quel patriarcale vizio di forma che affligge anche la nostra storiografia; invece l’autrice riscopre questo punto di vista multicolore, poetico, volitivo e disilluso: quello delle donne, delle Gattoparde, appunto, qui rappresentate dalle cinque figlie della principessa Cutò, elette appunto a simbolo di questa nobiltà “al femminile”.
Se una mollezza venata di fatalismo, accompagnata dal demone della dissipazione, contraddistingue buona parte degli aristocratici siciliani, poco interessati a porre rimedio al franare dei loro patrimoni, diametralmente opposta è la reazione delle aristocratiche le quali, pur consapevoli della decadenza del loro mondo, non si rassegnano alla parte di semplici comprimarie. Fra lutti familiari, amarezze morali, radicali trasformazioni sociali e tragedie personali, queste donne hanno saputo trovare una direzione, hanno saputo riempire di carattere la propria esistenza, mantenendo alto il senso del rango e della tradizione familiare, ma soprattutto affermando la loro personalità contro quelle ingiustizie da cui nemmeno il loro rango riusciva a metterle al riparo. Ragione per cui l’autrice conferisce al libro anche un carattere a tratti intimo, utilizzando Agata, ultima discendente della famiglia, come depositaria della memoria: ne nascono pagine toccanti, ora espressamente dedicate alla vita domestica, con i suoi grandi e piccoli riti (anche gastronomici), ora dedicate al commosso ricordo di quelle antenate così speciali sullo sfondo di dolore delle loro esistenze.
Sullo sfondo, narrate sul filo della memoria, le intricate vicende siciliane e italiane, il terremoto di Messina, l’industrializzazione, il cambiamento di usi e costumi, le trasformazioni e le ascese sociali. Fra le nuove “Gattoparde”, nella sostituzione di ceti a suo tempo prevista dal Principe di Salina, brillerà quella di Donna Franca Florio, che fu omaggiata anche con un ritratto eseguito da Giovanni Boldini. Le vicende scorrono davanti agli occhi del lettore con la gradevolezza di un romanzo, appena velato e ingentilito da una nuvola di poetica nostalgia per gli splendori di un mondo ormai tramontato, risucchiato nel vortice della storia; ma il lettore percepisce anche il rammarico per quello che poteva essere e non è stato, per le occasioni mancate e le decisioni non prese, che avrebbero potuto cambiare il corso della storia, almeno siciliana.
Su questo sfondo di nostalgia, comunque, rifulgono figure femminili colte, eleganti, volitive, e attente custodi della memoria familiare. Un ruolo cruciale, ancora oggi non adeguatamente riconosciuto e compreso.
Dalle pagine di questo intenso e coinvolgente volume, emerge anche una Sicilia voluttuosa, magnifica, orgogliosa, che nonostante la sostituzione di ceti dominanti (con l’aristocrazia ormai soppiantata dalla borghesia) non fa venire meno il suo carattere femminile e un po’ ribelle, eternamente sospeso fra Oriente e Occidente. L’intensa prefazione di Fabrizia Lanza, studiosa della cucina nobile siciliana, arricchisce questo lungo e appassionato racconto fra storia, cultura e femminilità