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L’unicità dell’impresa culturale del de’ Barbari come sintesi del Rinascimento veneziano. A Vicenza

Jacopo de' Barbari_Collezione Intesa Sanpaolo
Jacopo de’ Barbari_Collezione Intesa Sanpaolo

VENEZIA, CHE IMPRESA! La grande veduta prospettica di Jacopo de’ Barbari. Fino al 18 aprile 2022 le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Vicenza presentano la mostra dossier che vuole porre l’accento sulla straordinarietà e unicità dell’impresa culturale del de’ Barbari come sintesi del Rinascimento veneziano.

Il progetto espositivo, curato dalla storica Angela Munari e dal geografo storico Massimo Rossi, mette a confronto, per la prima volta, due ‘stati’ della Venezia MD, ovvero due versioni della grande xilografia della veduta di Venezia, ritenuta uno dei più grandi capolavori della cartografia urbana di tutti i tempi per le notevoli dimensioni, la ricchezza dei particolari, la qualità del disegno e dell’esecuzione.

Il titolo stesso della mostra, Venezia, che impresa!, vuole già nelle premesse restituire al pubblico l’immagine della città come straordinaria opera umana e culturale, nella sua veste di urbs e di civitas.

L’esposizione vuole offrire un quadro complessivo della storia della veduta prospettica Venetie MD di Jacopo de’ Barbari, con particolare riguardo al primo e al terzo stato dell’opera. Attraverso i documenti il visitatore avrà la possibilità di percorrere la città, a partire da Rialto e dall’area Marciana, per poi attraversare l’intero nucleo urbano, soffermandosi su alcuni dettagli relativi alla vita e alle attività di una delle maggiori città del XVI secolo.

Viene posta particolare attenzione ai dettagli, permettendo di far emergere paradossalmente la realtà unitaria e sfaccettata della città. La veduta a volo d’uccello è una continua planata su spunti di vita quotidiana.

Venezia-che impresa
Venezia-che impresa

Si tratta quindi, in una chiave leggera e immersiva, di invitare il visitatore ad entrare in una giornata veneziana “qualunque” del 1500, partecipando non da spettatore ma da protagonista al fermento della città per coglierne la complessità.

La mostra offre spunti e ancoraggi storico-culturali sui due esemplari dell’opera di de’ Barbari e sugli altri documenti esposti a supporto dell’evoluzione della produzione cartografica, per comprendere il prima e il dopo de’ Barbari.

La veduta prospettica Venetie MD di Jacopo de’ Barbari

La veduta è una xilografia stampata su sei fogli da sei matrici in legno di pero e misura cm 134,5 x 282 circa. Le matrici sono conservate al Museo Correr di Venezia.

L’opera, commissionata da Anton Kolb, richiese un lavoro di 3 anni da parte di una vera e propria ‘equipe’ di cartografi e incisori.

La sua straordinaria bellezza stupisce ma stimola anche la curiosità riguardo allo scopo cui servì una tale opera nell’anno 1500. La veduta, oltre ad essere un capolavoro artistico e della cartografia del Rinascimento, risulta essere un documento visivo e storico unico e irripetibile per la conoscenza urbanistica ed edificatoria della città in un preciso anno, il 1500, assurgendo così ad immagine emblematica e simbolica di Venezia nella mitografia della città stessa all’apice di uno dei momenti più fulgidi della sua civiltà, nel pieno della transizione da un’economia mercantile a un’economia fondiaria. La veduta segna anche una tappa fondamentale nella storia della geometria descrittiva, un passaggio epocale verso una nuova traduzione dello spazio urbano.

Venezia-che impresa
Venezia-che impresa

Considerata fin dall’inizio un capolavoro dell’incisione xilografica, la città è delineata e descritta così minuziosamente, anche mediante i toponimi, ed è riprodotta tanto fedelmente da essere ritenuta, ancora oggi, una fonte storica essenziale.

Vi si distingue la tipica sagoma a forma di pesce del centro storico, sono disegnati in modo verosimile le isole, i terreni, gli orti, i giardini, i campi e i campielli, le calli, i canali, i ponti, gli edifici, i fondaci, le botteghe, anche quelle sull’acqua, gli hospitali, le chiese e i campanili, i conventi, gli oratori, le scolette, gli squeri e i monumenti. Sono presenti numerosi elementi urbanistici oggi scomparsi o completamente cambiati, per esempio al centro della raffigurazione l’allora ligneo ponte di Rialto e la piazza San Marco.

Gli edifici sono resi con ricchezza di particolari: torri, merli, comignoli, logge e altane (liagò e diagò), cavane, muri, palizzate, pozzi, cisterne e sottoportici. Persone in atto di lavorare, di andare in barca, pescatori che rendono la città viva. Sono riconoscibili inoltre dettagli figurativi specifici sul tema alla navigazione: navi, barche e burchi, ovvero le imbarcazioni da trasporto.

Oltre al paesaggio cittadino e lagunare è descritta, seppure sommariamente, anche la terraferma con le torri di Marghera e Mestre e inoltre l’inizio della zona pedemontana, in particolare verso nord e Serravalle, valico di passaggio dei mercanti del nord Europa.

La veduta è arricchita da elementi figurativi perimetrali: nella parte superiore Mercurio con il caduceo sorretto da una nuvola che reca l’iscrizione “MERCVRIVS PRECETERIS HVIC FAVSTE EMPORIIS ILLVSTRO”; al di sotto la scritta “VENETIE” e l’indicazione dell’anno “MD”. Otto teste, intente a soffiare, personificano i diversi venti. Sovrasta il bacino di San Marco un imponente Nettuno, caratterizzato dal tridente, che cavalca un delfino. Questi sono anche particolari che hanno consentito l’attribuzione della veduta a Jacopo de’ Barbari, in quanto stilisticamente vicini alla sua produzione grafica: il caduceo è presente in numerose incisioni come firma di Jacopo de’ Barbari, tanto che l’artista viene ricordato come il Maestro del Caduceo.

Gli stati della veduta di Jacopo de’ Barbari

Della veduta di Jacopo de’ Barbari sono pervenuti oltre una ventina di esemplari che documentano almeno tre diversi stati principali (versioni) della xilografia, riconoscibili in particolare per la diversa configurazione del campanile di San Marco.

In mostra sono esposti un primo stato appartenente alla Fondazione Querini Stampalia e un terzo stato della collezione Intesa Sanpaolo, composti rispettivamente da sei fogli e da dodici fogli più piccoli.

Nel primo stato – ottobre 1500 (Mazzariol-Pignatti 1963, Schulz 1990, Romanelli 1999) – la sommità del campanile è formata da un tetto ribassato che ricopre una terrazza-loggiato; tale aspetto è quello che il campanile doveva avere dopo che un fulmine lo aveva colpito e gravemente danneggiato nell’agosto 1489.

Il secondo stato – pubblicato intorno al 1514 – mostra il campanile dopo che fu effettuata la ricostruzione della sommità, ricostruzione che fu ultimata nel 1514; la cuspide ha la nota forma piramidale, al vertice della quale (situato però nel foglio adiacente) è visibile la statua dell’angelo.

Il terzo stato – ascritto alla seconda metà del secolo XVI da Schulz – riporta il campanile all’aspetto che questo aveva prima della ricostruzione del 1514. Ciò fu dovuto al fatto che l’aggiornamento della veduta si presentava di difficile realizzazione, a causa degli estesi e importanti mutamenti urbanistici e architettonici intervenuti nel frattempo; si tentò perciò di riportare l’opera al suo stato originario, reinserendo anche il tassello con la scritta “VENETIE MD” che era stato tolto al momento della pubblicazione del secondo stato. L’impropria restitutio fu tuttavia condotta senza la necessaria accuratezza, tanto è vero che nel foglio adiacente superiore è rimasta la figura dell’angelo situato sulla sommità del campanile. Questa terza edizione dell’opera fu condotta con l’esplicito intento di “storicizzare” l’immagine della città, di ricondurla al modello ideale che essa rappresentava – e al tempo stesso istituiva – al principio del secolo.

Del terzo stato della veduta si tesse nei secoli una trama ingarbugliata, connotata da tirature differenti, dal XVI al XIX, sempre a partire dai legni originali.

In particolare, nel 1838, la Municipalità di Venezia decise il restauro delle matrici della veduta, per la stampa di alcune copie da donare all’imperatore Ferdinando I d’Austria, in visita in città. Pare che l’esemplare in mostra appartenga a una di queste.

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