Il comune di Soliera, in provincia di Modena, grazie a un’amministrazione illuminata, dà ancora una volta spazio all’arte contemporanea con la mostra Mauro Staccioli. [re]action, curata da Lorenzo Crespi e visitabile fino al 30 gennaio 2022. La mostra espone alcuni lavori degli anni ’70 – che coincidono con il suo esordio da scultore politicamente impegnato – e dei primi anni Duemila, negli spazi interni ed esterni del Castello Campori. In occasione della mostra, inoltre, è stato installato all’ingresso nord di Soliera il Portale – realizzato da Staccioli nel 2014 –, il quale rimarrà a dare il benvenuto nella rinnovata Soliera fino al 2024.
La scultura – la mia scultura in particolare – fa percepire lo spazio, l’aria, l’ambiente come un corpo caldo sul proprio corpo. Essa dilata la sua presenza oltre la dimensione formale, nello spazio circostante determinando una connotazione altra, nuova del luogo. E il nuovo è la vita. L’opera spinge a formulare domande riguardanti la vita, ci aiuta a “vedere”, a percepire la morte del passato nel tentativo di immaginare un futuro possibile. (Mauro Staccioli)
A parlare è Mauro Staccioli (Volterra, 1937 – Milano, 2018), scultore noto in tutto il mondo per le sue monumentali geometrie essenziali, disseminate nei paesaggi italiani, europei, americani. Da queste sue prime parole ritroviamo tutto Staccioli, desideroso di instaurare dialoghi tra la sua scultura e lo spettatore e l’ambiente. Quelli che nascono sono dialoghi creativi, come ben ci racconta lo scatto di Enrico Cattaneo – profondamente legato a Staccioli – alla Biennale di Venezia del 1978, quando lo sculture presentò il Muro in cemento che ostruiva la vista dell’ingresso della Biennale, in cui ritrae una famiglia che interpretò il muro come muro della morte. Staccioli ci dice anche che l’opera ci aiuta a vedere, perché ci poniamo delle domande, a cui l’artista non intende dare risposte. Le sue sculture sono un campo aperto di emozioni, sensazioni, sguardi e contatti. A cui precedono, nella manualità e nell’artigianalità del suo lavoro, calcoli, osservazioni, passeggiate, fotografie, schizzi.
Dunque, sfatiamo subito il mito romantico dell’artista bohémien ispirato, guidato dall’istinto. Piuttosto, guardiamo all’artista come professionista, dotato di particolari competenze tecniche, che giunge alla forma desiderata per progressive modifiche. Solo così possiamo immaginarci Mauro Staccioli intento a misurare lo spazio, metro alla mano, attraversarlo, fermarlo in fotografie, studiarlo conversando con le comunità locali. Ma il suo è un lavoro che prosegue anche in studio, dove l’arista mette su carta le idee in forme geometriche essenziali. Il cerchio, pieno e vuoto, l’ellisse, il triangolo. Sono forme universali che trovano il loro posto nel mondo nella scultura ambientale. Le sculture di Staccioli non nascono mai come opere d’arte fini a sé stesse, ma sono concepite per il luogo, a partire dal luogo. Esse diventano parte integrante del paesaggio, ne incorniciano delle porzioni e ne offrono nuove prospettive.
Giuseppe Panza di Biumo, tra i più importanti collezionisti d’arte contemporanea, parlava della scultura di Staccioli nei termini di perfezione e semplicità: perfezione della forma e semplicità dell’idea. Difatti, nella scultura di Mauro Staccioli convive la magia degli opposti. Alla semplicità delle forme corrisponde la complessità del processo creativo; così come alla leggerezza che le sculture suggeriscono con loro slanciamento corrisponde la pesantezza dei materiali (come il ferro, il cemento, l’acciaio corten). In sintesi, come la critica ha più volte ribadito, le sculture ambientali di Staccioli vivono di un equilibrio instabile, sembrano sfidare le leggi della statica. Esse suscitano un sentimento di precarietà, che provoca delle domande nel pubblico che le osserva adagiarsi sulle colline siciliane o attraversare gli spazi della basilica normanna di Scolacium.
Prima di giungere a queste soluzioni più poetiche perché personali, Staccioli all’inizio degli anni Settanta era militante politico e intellettuale. Interessato alla condizione esistenziale dei cittadini negli anni di piombo, restituisce in scultura la violenza, l’incertezza e il terrore di quegli anni. Ecco che le sculture preferiscono il cemento e punte in acciaio e ferro che sporgono violente, stagliando ombre nette sulla superficie grigiastra del cemento, come fossero ferite, squarci. È il caso di Senza Titolo del 1975 o di Scultura intervento “Mura delle carceri vecchie” del 1976. È una scultura repulsiva, che allontana e respinge. Di tutt’altra natura sono le sculture degli anni successivi, che si offrono come finestre sul mondo che finiscono per inglobarci.
Come già detto, il disegno in Staccioli è un momento fondamentale di messa su carta delle informazioni ricavate dallo studio del paesaggio e del luogo. Tuttavia, non serve che a fissare le idee che si andranno poi a concretizzare in scultura. La mostra in corso al Castello Campori di Soliera ha esposto alcuni disegni dell’artista nella sala dedicata interamente ai bambini. Soluzione vincente che intende avvicinare i bambini all’arte, in questo caso condurli alla scoperta della scultura e della biografia di Mauro Staccioli, raccontata da un video animato, appositamente realizzato per la mostra. Inoltre, è esposto un modellino in scala ridotta “a misura di bambino” del Portale. L’idea è quella di favorire il senso delle proporzioni nei bambini, che nel viale alberato di accesso al centro storico trovano il Portale monumentale, alto più di 10 metri.
La mostra Mauro Staccioli. [re]action, nelle intenzioni del curatore Lorenzo Crespi, intende raccontare Mauro Staccioli come uomo politico, artista e intellettuale, attento alla formazione dei giovani. Come rivelano le parole di Giulia Staccioli, figlia dell’artista, le sculture di Staccioli vanno vissute, attraversate, interrogate. Esse costituiscono delle azioni da parte dell’artista a cui corrispondono sempre delle reazioni dello spettatore. Questa relazione fondamentale nel lavoro di Staccioli dà il titolo alla mostra, programmata fino al 30 gennaio 2022. Resterà invece a Soliera fino al 2024 il Portale, installato all’ingresso nord del centro storico. A sud invece i cittadini e i turisti troveranno ancora per un anno l’Obelisco per Cleopatra di Arnaldo Pomodoro (1926). Scultore di origini marchigiane, che ha ben chiaro, un po’ come Staccioli, il fine della scultura, affermando che “Il senso dello spazio nella scultura è tutto. É vincerlo”.