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A Cuba continua la protesta. Diversi artisti provano a boicottare la Biennale dell’Avana

L'artista cubano Carlos Martiel all'interno della sua eloquente opera The Blood of Cain durante l'edizione 2019 della Biennale dell'Avana. Poco è sembra essere cambiato da quel momento. Photo: Sven Creutzmann/Mambo photo/Getty Images. L'artista cubano Carlos Martiel all'interno della sua eloquente opera The Blood of Cain durante l'edizione 2019 della Biennale dell'Avana. Poco è sembra essere cambiato da quel momento. Photo: Sven Creutzmann/Mambo photo/Getty Images.
L'artista cubano Carlos Martiel all'interno della sua eloquente opera The Blood of Cain durante l'edizione 2019 della Biennale dell'Avana. Poco è sembra essere cambiato da quel momento. Photo: Sven Creutzmann/Mambo photo/Getty Images.
L’artista cubano Carlos Martiel all’interno della sua eloquente opera The Blood of Cain durante l’edizione 2019 della Biennale dell’Avana. Poco è sembra essere cambiato da quel momento. Photo: Sven Creutzmann/Mambo photo/Getty Images.
In vista dell’apertura (21 novembre) della Biennale dell’Avana 2021, artisti e attivisti cubani hanno lanciato un appello per boicottare l’esposizione sostenuta dal governo. Diversi artisti si sono già dall’evento.

Nell’ultimo anno, il governo cubano ha infatti represso e censurato artisti e scrittori, imprigionando o “invitando” a uscire dal Paese i dissidenti. Così già a luglio migliaia di cubani avevano invaso le strade dell’Avana, in una delle più grandi proteste che l’isola avesse vissuto dal 1959. Poco dopo, le autorità statali hanno approvato un nuovo decreto che limita l’uso dei social media, con interruzione dell’accesso a tutti gli utenti accusati di sostenere le proteste pacifiche.

Nello stesso mese, era stato confermato che la 14a edizione della Biennale dell’Avana si sarebbe svolta come previsto, con il titolo Futuro e Contemporaneità. Futuro e contemporaneità di cui ovviamente possono fare parte solo coloro che sia allineano alla visione del governo. Molti artisti e intellettuali, decisamente non allineati, hanno allora chiesto la cancellazione dell’evento.

«Le istituzioni e i funzionari che organizzano la XIV Biennale dell’Avana sono gli stessi che si sono rifiutati di ascoltarci», si legge in una lettera aperta diffusa in ottobre. «Hanno avallato e partecipato alla violenza perpetrata contro gli operatori culturali cubani, i quali chiedono una maggiore autonomia artistica e il rispetto dei diritti civili per la tutta la cittadinanza. I problemi che abbiamo di fronte non possono essere ridotti a un caso isolato di censura. Stiamo lottando contro lo sforzo sistematico del governo cubano di mettere a tacere coloro che la pensano diversamente. La vita delle persone in campo culturale è a rischio».

La lettera è stata firmata da centinaia di operatori culturali di tutto il mondo, tra cui gli artisti Teresita Fernandez, Walid Raad, Coco Fusco e Tania Bruguera. Bruguera, della cui vicenda abbiamo già parlato, è tra i sostenitori della campagna di boicottaggio che si sta diffondendo sui social media sotto #NoALaBienalDeLaHabana. Gli artisti Julie Mehretu, Theaster Gates e Marina Abramović, così come il curatore Hans Ulrich Obrist, sono tra le figure di alto profilo a dare pubblicamente il loro sostegno alla campagna.

Diversi dei partecipanti annunciati si stanno ritirando dalla Biennale. Tra questi gli artisti Yazmany Arboleda, Abel Azcona e Joiri Minaya. Anche i curatori Nicolas Bourriaud e Ursula Biemann sembrano abbiano declinato l’offerta di partecipare ad alcuni eventi correlati.

«Sono arrivata alla conclusione che è difficile, contraddittorio, persino ipocrita, far parte di un evento organizzato da un regime che viola le libertà dell’artista dissidente; che tortura, imprigiona e deporta gli artisti per aver svolto il proprio lavoro o aver espresso le proprie opinioni», ha scritto Minaya, artista multidisciplinare dominicana e americana.

Basti pensare che il Decreto 349, una legge sulla censura approvata per la prima volta dal presidente cubano Miguel Díaz-Cane nel 2018, consente al governo del paese di controllare quali tipi di arte possono essere mostrati e venduti. La legge criminalizza inoltre l’attività culturale indipendente. Sulla questione è intervenuto anche Amnesty International, che ha definito la legislazione “distopica” e ha affermato: «Invece di consolidare il loro controllo sugli artisti percepiti per superare le critiche sanzionate dallo stato, le autorità cubane dovrebbero apportare cambiamenti progressivi per proteggere i diritti umani».

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