Per chi ama Venezia – e Venezia non si può non amare – c’è una bella mostra che ne celebra i 1600 dalla nascita, fissata per tradizione il 25 marzo del 421. Si intitola Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale. Venezia è una delle città che ha avuto più rappresentazioni nell’arte, in tutti i secoli, con alcuni apici dal ‘500 al ‘700, con i grandi paesaggisti Tintoretto, Canaletto, Guardi. Questa mostra riguarda invece l’Ottocento, sino ai primi del ‘900, alle soglie del mondo moderno.
Settanta opere di grandi artisti e un ricco catalogo (Mets Percorsi d’arte) raccontano la Venezia ottocentesca nelle eleganti sale del Castello Visconteo a Novara ( 30 ottobre 2021-13 marzo 2022), attraverso otto sezioni tematico-cronologiche, con alcuni nuclei monografici: dalla pittura di storia alla trasformazione della veduta in paesaggio, dal pittore Guglielmo Ciardi alla vita quotidiana, che a sua volta riguarda gli affetti famigliari e il lavoro, dal pittore Luigi Nono alle prime Biennali che favoriscono mutazioni di gusto con contatti e scambi con artisti stranieri.
A risvegliare la pittura veneziana dal clima di restaurazione creatosi con il Congresso di Vienna del 1815 è Francesco Hayez (Venezia, 1791-Milano, 1882) che, sotto l’egida di Canova e Cicognara, crea una pittura di storia con una nuova spazialità e tematiche che preannunciano il clima risorgimentale. Emblematici i suoi quattro dipinti esposti, tra cui la suggestiva tela storica con Valenzia Gradenigo davanti agli inquisitori del 1843-1845 (collezione privata) che mescola storia e invenzione in una una Venezia piena di intrighi. Di soggetto erotico-mitologico è invece la bellissima e sensuale Venere che scherza con due colombe (Ritratto della ballerina Cecilie Chabert) del 1830, ordinata al pittore dal conte trentino Girolamo Malfatti per 700 Marenghi, conservata al Mart di Trento e Rovereto dopo vari passaggi collezionistici.
Presentata all’esposizione di Brera del 1830, la tela con il vistoso nudo femminile scandalizzò per la distanza dai canoni formali tradizionali e per la sua vistosa e affascinante sproporzione. Eppure queste forme e questa posa audace permisero al pittore il superamento del neoclassicismo a favore del realismo del primo Romanticismo. Con Hayez in questa prima sezione ci sono opere di altri artisti, tra cui il drammatico Tancredi visita la salma di Clorinda del 1843 circa di Michelangelo Grigoletti (Pordenone,1801-Venezia, 1870), ispirata ad uno degli episodi cruciali (Canto XII) della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.
Interessante la seconda sezione Dalla veduta al paesaggio che presenta una Venezia sempre più vera e reale, animata da persone comuni. La Veduta della Riva degli Schiavoni a Venezia del 1834 di Giuseppe Canella (Verona, 1788-Firenze 1847) coglie un momento di vita quotidiana sulla riva chiara e luminosa, con persone che passeggiano, attendono alle proprie occupazioni, venditori, barcaioli, gondolieri, donne che fanno il bucato. Si tratta di un tipo di paesaggio nuovo, che supera i limiti della veduta ed entra nella vita, che Canella crea girando mezza Europa, dall’Italia alla Spagna, dalla Normandia all’Olanda, dove scopre quella luce chiara e atmosferica. Altrettanto poetico il suo Plenilunio in Laguna del 1837, realizzato dopo un viaggio in Germania e Cecoslovacchia alla ricerca di paesaggi sempre più reali.
L’impareggiabile Ippolito Caffi presenta la sua Festa notturna a San Pietro di Castello, Venezia del 1841 circa, un capolavoro tutto giocato su luce e ombra, con quei palazzi antichi messi in evidenza e la gente assiepata nella piazza. Lo stesso Caffi aveva scritto all’amico Antonio Tessari parlando di «nuovissimi effetti, forse nelle accademie italiane giammai veduti». Non meno magica, per gli effetti di luce la Veduta del molo di Palazzo Ducale verso la chiesa della Salute del 1858, un luogo ben noto di Venezia, oggi battuto da migliaia di turisti, dal fascino sottile, allora ancora maggiore con quelle gondole in attesa di imbarcare un gruppo di donne ingonnellate e uomini con cappelli a cilindro.
Guglielmo Ciardi (Venezia, 1842-Venezia, 1917) è un vero maestro del paesaggio veneziano come testimoniano i suoi dodici dipinti che interpretano Venezia alla luce del sole macchiaiolo, cui il pittore si era educato. Il Canale della Giudecca del 1867 si porta dietro quelle tonalità azzurre che rimarranno impresse in Amedeo Modigliani, dopo il viaggio a Venezia. L’Estate del 1872 con quelle donne che stendono panni al sole in un grande prato verde che ricorda le tematiche macchiaiole come il Mercato a Badoere del 1873 circa e la splendida Laguna veneta del 1875 circa, non troppo diversa da certi pezzi di mare di Castiglioncello.