Il pittore Giovanni Fattori (Livorno 1825-Firenze 1908) è il protagonista di una retrospettiva alla GAM di Torino. 60 opere (dal 1854 al 1894) tra tele di grande formato, piccole tavole e acqueforti compongono le nove sezioni attraverso cui si snoda la mostra.
Dai primi anni al Caffè Michelangelo di Firenze al periodo della “macchia” a Livorno; dai temi di soggetto militare a quelli legati all’Italia postunitaria; dalle Esposizioni degli anni Ottanta dell’Ottocento al mondo rurale; dalle incisioni all’acquaforte alla Maremma, sino alla lezione lasciata agli allievi Plinio Nomellini, Oscar Ghiglia, Amedeo Modigliani, Lorenzo Viani, e ancora Carrà e Morandi.
Il giovane Fattori, ribelle, portato per il disegno e non per gli studi, si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida del rinomato Giuseppe Bezzuoli. Insieme a un gruppo di compagni bohémiens, frequentatori del Caffè Michelangelo, crea il nuovo linguaggio pittorico della “macchia”, con forme nate da grandi campiture di colore accostate, abolizione di disegno e chiaroscuro. Così se nel bellissimo Autoritratto del 1854, volto fiero, baffi e gran capigliatura, e nel dipinto storico con Maria Stuarda al campo di Crookstone del 1861, è ancora percepibile l’insegnamento di Bezzuoli, nei piccoli oli su tavola del 1859 con i Soldati francesi del ‘59, sono già ben evidenti le sperimentazioni macchiaiole con le figure create da macchie di colore contrapposte.
Il forte sentimento patriottico di Fattori lo spinge a trattare il Risorgimento in una serie di opere di soggetto militare, realizzate con la nuova tecnica, come Garibaldi a Palermo del 1860-1862 o Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, esposta in mostra nella versione di misure ridotte del 1862. Con quest’opera il pittore vince nel 1859 il Concorso Ricasoli e, con l’Assalto alla Madonna della Scoperta (di cui alla GAM è esposto uno dei bozzetti del 1866-1867) è premiato al Concorso Nazionale di pittura. La guerra dipinta da Fattori è fatta di sole e terra con soldati morti e accasciati in campi di grano (Militari e cavalli in una pianura, 1870-1875; Soldati abbandonati, 1873 circa; In vedetta (il muro bianco, 1872).
Dalla metà degli anni Sessanta a Livorno, dove si era trasferito per curare la tisi della moglie con l’aria di mare, Fattori sperimenta e approfondisce la “macchia” con una nuova severità ed essenzialità. Nascono così quadri dal rigore cinquecentesco come il Ritratto della prima moglie Settimia Vannucci del 1865, Costumi livornesi, Le macchiaiole o la piccola tavola con Signora all’aperto del 1866. Negli anni Settanta il paesaggio diventa protagonista di quadri straordinari, con nuove soluzioni di luce e colore. Il mare e la campagna circostante sino a Castiglioncello sono ripresi nella loro purezza originaria con gli animali al pascolo (Bovi bianchi al carro; Buoi e bifolco in riva all’Arno; Pastura maremmana).
La mostra sottolinea anche il particolare rapporto che il pittore toscano ebbe con Torino, dove nel 1863 aveva inviato alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti l’Ambulanza militare (Episodio dell’Indipendenza italiana del 1859) e dove esporrà le sue opere sino al 1902. Nella città sabauda, molti furono i suoi estimatori, come il collezionista Riccardo Gualino. Più tardi, nel 1930, il nuovo direttore del Museo Civico, Vittorio Viale, acquisterà la preziosa tavola Gotine rosse, oggi conservata alla GAM.
La mostra
Fattori. Capolavori e aperture sul ‘900
A cura di Virginia Bertone, Silvestra Bietoletti e un comitato scientifico
Fino al 20 marzo 2022
Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, Via Magenta, 31.
Orari: Da martedì a domenica: 10.00 – 18.00; giovedì: 13.00 – 21.00; lunedì chiuso