Da Dresda a Berlino, la Germania festeggia i 90 anni di uno dei suoi artisti più celebri: Gerhard Richter. Un artista totale, radicato nel ‘900 e allo stesso tempo proiettato nel futuro.
L’artista vivente più famoso della Germania compie oggi (9 febbraio 2022) 90 anni. Un’occasione per augurargli il meglio, certo, ma anche per ricordare la caratura di un pittore che ha segnato la storia dell’arte. Dagli esordi fotorealisti fino al linguaggio astratto che lo ha reso celebre. La grandezza di Richter si misura nell’inesausta ricerca che lo ha contraddistinto. Una spinta che lo ha portato ad abbandonare i porti sicuri del figurativismo per gettarsi nell’ignoto. Una dimostrazione vivente che l’astrattismo non è una soluzione di ripiego per un pittore poco talentuoso, ma un’opzione espressiva valida quanto qualsiasi altra.
Oltre a queste valutazioni tecniche, Richter guadagna autorevolezza anche grazie al suo vissuto personale. Che poi inevitabilmente si è intrecciato con la sua pratica artistica. Riavvolgendo il nastro di 90 anni torniamo infatti al 1932. La guerra, il dopoguerra, il muro, la Germania della distruzione e della ricostruzione. Il suo maestro Joseph Beuys, l’incarico da insegnante, la ricerca della verità. Su di lui nel 2018 è stato tratto un film – Opera senza autore, di Florian Henckel Donnersmarck – e anche noi recentemente ne abbiamo raccontato una vicenda a dir poco sconvolgente.
Solo per accennare la vicenda, possiamo dire che ha inizio nel 1961, anno in cui Gerhard Richter, aiutato da un amico, sale su un treno della S-Bahn, la rete urbana di Berlino, e passa a Ovest lasciando Dresda. Quell’anno, ad agosto, sarebbe stato eretto il Muro e il pittore non avrebbe fatto ritorno nella città natale prima del 1986. In occasione dei suoi 90 anni è proprio Dresda, in particolare il museo Albertinum, a celebrarlo con una mostra: Gerhard Richter: Portraits, Glass, Abstractions. A impreziosire la già ampia collezione del museo dedicata a Richter sono le opere provenienti da grandi musei internazionali e dalla collezione privata dello stesso artista. Nello specifico si tratta principalmente dei ritratti, delle opere su vetro e di quelle astratte. Tra i lavori salienti c’è l’Autoritratto del 1996, in prestito dal Museum of Modern Art di New York. Ad accompagnarlo un altro lavoro piuttosto intimo: S. mit Kind (S. con bambino), del ’95.
Ma Dresda non è l’unica città tedesca a festeggiarlo. Richter, che ha smesso di dipingere nel 2017 quando è diventato troppo impegnativo dal punto di vista fisico, negli ultimi anni si è invece dedicato al disegno. Sessanta di questi sono in mostra alla Sies+Höke di Düsseldorf, la città in cui l’artista ha insegnato per molti anni. Quaranta dei disegni sono in vendita, per un prezzo compreso tra 20.000 e 1 milione di euro. Tutti, nessuno escluso, raccontano invece del processo creativo dell’artista, che vede nella carta e nel disegno il suo momento embrionale.
Stesso artista, stessa città, istituzione differente. Il K21 di Dusseldorf espone Gerhard Richter: Birkenau-Paintings, Drawings, Overpainted Photographs, in programma fino al 24 aprile. La mostra include il cosiddetto ciclo di Birkenau, il risultato di una ricerca decennale intesa come una risposta artistica all’Olocausto. Realizzati nel 2014, i quattro dipinti sono stati ispirati da fotografie documentarie di prigionieri realizzate segretamente da un prigioniero ebreo nel 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz II-Birkenau. L’anno scorso Richter li ha donati, insieme ad altre opere (per un totale di 100) al Museo del XX secolo di Berlino, progettato da Herzog & de Meuron. Le loro versioni fotografiche sono invece in mostra al Reichstag.
Un’altra mostra in occasione del 90° compleanno di Richter apre il 10 febbraio alla Neue Nationalgalerie, sempre a Berlino, fresca di un anno di ristrutturazione. Gerhard Richter: Artist’s Books viene descritta come la prima grande retrospettiva sui libri d’artista di Richter. L’autore ha prodotto il suo primo libro d’artista nel 1966 in collaborazione con Sigmar Polke e ha pubblicato regolarmente volumi del suo lavoro, fornendo spunti sul suo processo creativo e sul suo universo interiore. Uno si rivolge a Birkenau, mentre altri si incentrano su temi quali il ghiaccio e la foresta.
Viene evidenziata, inoltre, la stretta relazione tra la produzione editoriale e quella pittorica. Per esempio, il progetto per le sue vetrate dell’Abbazia di Tholey nel Saarland, che assomigliano a un tappeto persiano, deriva dal suo libro Patterns. La mostra, curata da Michael Lailach, esamina come Richter abbia utilizzato i libri per definire la sua immagine di artista, il suo uso della fotografia e il ruolo del caso nella sua sperimentazione. Per vederla c’è tempo fino al 29 maggio.