Presentato il progetto che porterà al raddoppio del museo Maxxi, con un nuovo edificio e grande attenzione a sostenibilità, innovazione e inclusione
“Sostenibilità, innovazione, inclusione”. Saranno queste le linee guida che informerano il nuovo, grande progetto. E nulla fa intuire di cosa si tratti: potrebbe trattarsi di un ospedale, di un centro sociale, di un palazzo dello sport. Un po’ più difficile immaginare si tratti di un museo, come invece è. Parlando di un museo ci si aspetterebbe che si prospettassero cose come rigore scientifico, ampiezza dell’offerta, aggiornamento ai nuovi studi in materia. E se quella materia è l’arte contemporanea, come nel caso in oggetto, ci si aspetterebbe che in qualche modo di arte contemporanea, o anche più astrattamente di cultura, si parlasse, presentandolo.
Cosa che non è avvenuta nelle due ore di presentazione del Grande Maxxi, animate oggi a Roma da ministri, sindaci, presidenti di varia estrazione. Un evento che ha restituito il prototipo dello strutturalismo burucratico di una certa Italia: tante parole, tanti bei concetti, tanta organizzazione, regole seguite alla lettera, ma ben poca sostanza. Lo notavamo in un articolo dello scorso novembre: nei suoi undici – ormai quasi dodici – anni di vita, il Maxxi è la fotografia di un fallimento. Una scatola pressoché vuota, ci si passi la volgarizzazione. Una complessa macchina, esteticamente bellissima, che esaurisce tutte le sue energie nell’organizzazione. Poche, pochissime le attività che ci si aspetta da un museo con quelle ambizioni.
Un ampliamento del già enorme edificio
Considerazioni tristemente rafforzate dalla presentazione odierna del Grande Maxxi. Cosa sarà? In breve, un ampliamento del già enorme edificio, con una nuova struttura su due livelli collegata alla costruzione di Zaha Hadid da un “corridoio verde”. “Un museo e un laboratorio di futuro”, ha poetato la presidente Giovanna Melandri. “Un polo di sperimentazione artistica e intellettuale, un grande progetto di rigenerazione urbana”. Senza troppo entrare nelle attività che sarà chiamato a svolgere, se non un generico “edificio sostenibile e ad alta tecnologia che ospiti un hub di ricerca per il dialogo tra architettura, arte, scienza e intelligenza artificiale”.
Un hub costosetto: e qui arriva la sostanziale differenza con le considerazioni che proponevamo lo scorso anno. Già, perché se prima potevamo accettare a parziale scusante la scarsità di fondi disponibili dal Maxxi, ora i soldi ci sono. E tanti. Perché il Grande Maxxi – inizio nel 2023, fine interventi entro il 2026 – costerà, a lavori conclusi, 42 milioni di euro. Che per la microscopica mangiatoia che pasce arti e musei italiani, non è poco. Si dirà: ma che c’entra, questi sono fondi strutturali, dedicati alla costruzione, mica utilizzabili per le attività. Ancora peggio: perché continuare a buttare tanto denaro in un museo che poi non avrà possibilità di proporre un’attività di livello?