RITORNO IN SALA, DAL VIVO. Manca poco all’asta di Arte Contemporanea meneghina di Sotheby’s, che sarà esitata il prossimo 13 aprile alle ore 18.
Il catalogo, di 52 lotti, offre una finestra sulle avanguardie artistiche più importanti del XX e XXI secolo attraverso una selezione di capolavori provenienti da collezioni private italiane ed europee.
Tra i top lot emerge un lavoro di Domenico Gnoli eseguito nel 1964, “Mise en plis n. 1” stimato 800 mila – 1,2 milioni. Dopo la grande retrospettiva alla Fondazione Prada a Milano, che si è chiusa lo scorso 27 febbraio, il primo passaggio in asta di una sua opera ha visto un ottimo risultato: “La Tranche” del 1965 è stata venduta da Sotheby’s a Londra lo scorso 2 marzo a 2,455,000 sterline, partendo da una stima di 1,2-1,8 milioni.
L’attuale record d’asta di Gnoli risale al febbraio del 2014, quando da Christie’s a Londra “Black Hair” del 1969 è stato venduto per 11.594.427 $ (7.026.500 £). La grande tela a tecnica mista, una folta chioma di capelli neri visti da dietro, era stimata “solo” 1,2-1,8 milioni £ e aveva superato di tre volte (l’allora) record precedente per l’artista.
All’ottavo posto nella top ten delle opere più costose di Gnoli in asta vi è l’unico lavoro di questa classifica venduto in Italia, da Sotheby’s a Milano: “Sofa” del 1968 aggiudicato a 2.737.780 $ (2.576.250 €) nel novembre del 2016.
L’opera in arrivo nell’asta di Sotheby’s a Milano è un tipico esempio dell’analisi pittorica di Gnoli sugli oggetti e gli interni domestici. “Mise en plis n. 1”, esposto proprio nella sopracitata mostra di Prada, pone l’attenzione su due motivi seminali all’interno della sua opera: le ciocche di capelli arricciati e intricati abiti ricamati, così come il suo approccio unico alla prospettiva.
Importante la data di creazione e la storia espositiva di “Mise en plis n. 1”, eseguito in un momento cruciale della carriera di Gnoli, quando – nel 1964 – abbandona il mestiere di illustratore grafico e scenografo per dedicarsi interamente alla pittura. L’opera è stata il fulcro della prima importante mostra di dipinti dell’artista alla Galerie André Schoeller di Parigi, inaugurata il 20 novembre 1964. Occasione che attirò personalità culturali di spicco, come l’architetto e designer Le Corbusier e Mario Tazzoli, proprietario della Galleria Galatea, che in seguito, con il mercante Jan Krugier, avrebbero rappresentato Gnoli nelle rispettive gallerie di Torino e Ginevra.
La mostra di Gnoli del 1964 porta dunque al successo e a una serie di ulteriori opportunità di esporre in nuove gallerie e di incontrare importanti collezionisti dell’epoca.
In una lettera dell’anno successivo l’artista stesso racconta le difficoltà all’inizio della sua carriera e come si sviluppa il suo lavoro e la sua “ricezione” da parte del pubblico e della critica: «Ho sempre lavorato [come pittore] come adesso, ma non lo si vedeva, perché era il momento dell’astrazione. Solo ora, grazie alla Pop Art, la mia pittura è diventata comprensibile. Mi servo sempre di elementi dati e semplici, non voglio aggiungere o sottrarre nulla. Non ho neppure avuto mai voglia di deformare: io isolo e rappresento. I miei temi derivano dall’attualità, dalle situazioni familiari della vita quotidiana; dal momento che non intervengo mai attivamente contro l’oggetto, posso avvertire la magia della sua presenza».
Da allora incrocia il minimalismo, l’iperrealismo e la Pop Art, anche se, come ha osservato lo scrittore francese André Pieyre de Mandiargues, “lo stile pittorico di Gnoli nel momento stesso in cui descrive le cose banali che compongono l’ambiente dell’uomo, le illumina. Illustrandole le nobilita; mentre gli artisti pop le volgarizzano”. E ancora lo storico dell’arte Salvatore Settis ha scritto “Gnoli riconosce di aver attraversato il cammino della Pop Art, ma con un diverso punto di partenza e verso un’altra destinazione“.
La Pop Art è dunque un punto di riferimento importante per leggere il repertorio dell’artista nell’ambito delle tendenze storiche dell’arte del Ventesimo secolo, ma Gnoli stesso ha preferito guardare al passato, soprattutto nella scelta dei materiali, ispirandosi agli affreschi dei maestri italiani Piero della Francesca e Giotto.
Sul podio dei top lot del catalogo milanese altri due nomi importanti e presenti molto spesso nelle aste italiane delle due major straniere, Mario Schifano e Giorgio Morandi. Quest’ultimo è in asta con tre nature morte. Una di queste raffigurante delle pere verdi (stima 120-180 mila) invece che le classiche bottiglie e barattoli.
La più cara quota 800 mila-1,2 milioni ed è stata eseguita nel 1948. Spesso Morandi nelle sue nature morte riutilizza più volte gli oggetti per concentrarsi più sulle variazioni tonali che sulla complessità compositiva: sposta di pochissimo gli elementi della composizione per indagare ancora più approfonditamente la stessa possibilità di rappresentazione.
La natura morta in asta mostra cinque oggetti posti in sequenza leggermente trasversale che inizia con la bottiglia in primo piano, seguono poi una serie di barattoli e contenitori che nascondono parte dell’alzatina in secondo piano. La linea che divide il piano d’appoggio dallo sfondo viene a delinearsi grazie alle ombre degli oggetti. Riguardo le proprie creazioni lo stesso Morandi ha affermato: “Ciò che vale in pittura è il modo individuale di vedere le cose: tutto il resto non conta“.
Mario Schifano è in asta con un monocromo blu quotato 800 mila – 1,2 milioni del 1962, un anno decisivo per la poetica di Schifano e per la sua affermazione nel sistema dell’arte, anche internazionale.
In questo periodo Schifano lavora in due direzioni apparentemente distinte. Da una parte inserisce sul piano pittorico i motivi dei cartelli pubblicitari. E in parallelo lavora utilizzando una pittura condotta su formati di ampio respiro che dichiarava apertamente il movimento della pennellata e rendeva evidente il processo esecutivo come componente fondamentale dell’invenzione artistica.
Il titolo del lavoro in asta è Milano e si spiega all’interno dell’uso di quei titoli provocatoriamente tematici adottati da Schifano per opere totalmente non figurative (Amerika, La stanza dei disegni, Botticelli, Segnale). Si legge nella scheda in catalogo: “In questo caso il colore blu di Prussia sta a indicare una città che vista da Roma è del nord, e forse fa riferimento ai riflessi del cielo sulle pareti specchianti dei primi palazzi vetrati inaugurati a Milano a inizio anni Sessanta“.
I lavori di Alighiero Boetti in catalogo sono sei. Spicca “Talvolta luna talvolta sole” un’opera della serie delle biro composta di quattro elementi. Ogni pannello è il risultato di un processo meticoloso. La disposizione delle virgole è apparentemente arbitraria in tutti i quattro pannelli. Ma un esame più approfondito rivela che compongono il testo Talvolta luna talvolta sole. Stima 400,000 – 600,000 euro.
Immancabili i “soliti noti”: Alberto Burri, Piero Dorazio, Piero Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Vincenzo Agnetti e Lucio Fontana. Questa volta il maestro dello Spazialismo non ha monopolizzato le prime posizioni nella Top List delle stime del catalogo. E’ in settima posizione con un unico taglio verde (400-600 mila). Presente anche una crocifissione (terracotta smaltata) e con due “palloni” in ottone, come denominava lo stesso Fontana in maniera informale le sue “Nature”.
Anche Fausto Melotti, solitamente presente con più lotti nelle aste milanesi delle due major, compare solo una volta con una ceramica smaltata del ’48 raffigurante una delicata figura femminile. La lavorazione del drappeggio è molto complessa tanto che – come sottolineato dagli esperti nella scheda in catalogo- “iscrive a tutto diritto questa figura femminile nella rosa delle “sculture in ceramica”, e non certo fra i lavori più commerciali”. Stima 50,000 – 70,000 euro.
Infine si segnala la presenza di un gruppo di artisti stranieri. Ma non stupisce perché sono ormai un po’ di anni che Sotheby’s Italia propone nei propri cataloghi di arte contemporanea a Milano opere di artisti internazionali alternate a quelle di artisti italiani. Tra i nomi: lo sculture americano John Chamberlain, Damien Hirst, Cy Twombly, George Condo e Atsuko Tanaka, artista dell’avanguardia giapponese.