Lo Scarabocchio – o meglio, il suo ruolo nel processo artistico – è protagonista della mostra Gribouillage / Scarabocchio. Da Leonardo da Vinci a Cy Twombly. Dal 3 marzo al 22 maggio 2022 a Villa Medici, Roma.
Sperimentale, trasgressivo, regressivo, liberatorio. Quale funzione si può attribuire allo “scarabocchio” nel processo di creazione artistica? Come affrontare la storia dell’arte attraverso i gesti grafici sul retro dei dipinti o sui margini dei libri? Associazioni, suggestioni, libero sfogo alle pulsioni del momento, gioca molto nei vasti territori dell’inconscio l’inconsueta, sorprendente (e raffinata) mostra dal titolo Gribouillage / Scarabocchio. Da Leonardo da Vinci a Cy Twombly in anteprima a Villa Medici.
Concepita dalle due curatrici Francesca Alberti (Villa Medici) e Diane Bodart (Columbia University), con la collaborazione di Philippe-Alain Michaud (Centre Pompidou), la mostra si sviluppa in due presentazioni successive e complementari, una a Roma e l’altra a Parigi: la prima a Villa Medici, dal 3 marzo al 22 maggio 2022, sarà seguita dalla seconda ai Beaux-Arts di Parigi dal 19 ottobre 2022 al 15 gennaio 2023. Con circa 300 opere originali che vanno dal Rinascimento all’epoca contemporanea, la duplice presentazione mette in luce uno degli aspetti più sconosciuti e meno controllati della pratica del disegno.
Scrittura, ghirigori, frottage, graffiti, incisioni: fra accostamenti e sovrapposizioni, i segni di queste azioni grafiche si depongono e si sedimentano facendo ri-affiorare gesti antichi, pratiche gestuali semplici, primordiali riattualizzati nei contesti storici in cui vengono attuati. I margini sono in genere i luoghi della licenza, ma anche soglia del caos, sospensione della concentrazione. Sono i luoghi dove si può dare libero corso, nei momenti di riposo e di de-concentrazione ai cosiddetti piaceri di noia, costellando i riquadri di manoscritti con una profusione di divertissements calligrafici, lettere e figure senza alcun ordine, misura, controllo.
I Surrealisti, che pure nella scrittura automatica e nell’automatismo verbale identificarono nuove potenzialità espressive, non tenevano conto però della seconda fase del lavoro psichico a carattere razionale, oppure lo ritenevano ininfluente rispetto al momento illogico, irrazionale, a carattere associativo della prima fase. Tralasciando dunque lo sperimentalismo surrealista che appare abbastanza sui generis, essendo l’arte teorizzata come pura espressione dell’inconscio, gli artisti si rappropriano di questi margini di libertà per giocare con un dispositivo che disfa e crea a piacimento, attivando quei processi che Ernst H. Gombrich definì “regressione controllata al servizio dell’Io”, in forte debito certamente con le intuizioni di Ernst Kris che, prima di diventare psicoanalista, era stato un prestigioso storico dell’arte al Kunsthisthorisches Museum di Vienna, (va detto che per Kris la regressione della funzione dell’io, nel caso dell’artista e di questo parliamo, rimane parziale, temporanea e controllata dall’io stesso).
Affrontando le molteplici sfaccettature dello scarabocchiare in ambito artistico, dagli schizzi sul retro dei dipinti agli scarabocchi che diventano vera e propria opera, in qualche caso opera d’arte, l’esposizione vuole mostrare come queste pratiche grafiche, regressive e liberatorie, hanno da sempre scandito la storia della creazione artistica. A partire dal Rinascimento in particolare, per liberarsi dai vincoli del disegno accademico, gli artisti iniziarono a produrre divagazioni calligrafiche a margine dei manoscritti, forme grafiche libere, istintive che evocano i disegni dei bambini, (del resto non fu Picasso a dire “mi ci è voluta una vita intera per disegnare come loro”?).
Già Leonardo da Vinci aveva definito con un ossimoro “componimenti inculti” gli schizzi rapidi e rudimentali adoperati per far sorgere figure, attitudini, movimenti attraverso il flusso costante di una linea aperta trascinata da un gesto esplorativo che cerca la forma senza definirla e lo stesso Michelangelo si divertiva a imitare i personaggi (fantocci) disegnati sulle facciate dei palazzi fiorentini. Questo procedimento adottato da Leonardo darà il via a numerose sperimentazioni di artisti che cercheranno questo stato volutamente, tra coscienza e sospensione di sé, “per trasformare la mano quasi in un sismografo atto a trasporre l’energia vitale del corpo, che rivela, per automatismo, le immagini latenti sedimentate nella memoria inconscia“. I fogli dei componimenti inculti si riempiranno di divagazioni e cancellature fino a diventare macchie, generatrici di immagini potenziali che Leonardo invita ad osservare anche sui muri stratificati, sporchi, vissuti, per nutrire l’immaginazione necessaria a comporre nuove storie.
Proponendo accostamenti inediti tra le opere dei maestri della prima modernità, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Pontormo, Tiziano, Bernini e quelle di noti artisti moderni e contemporanei, Picasso, Dubuffet, Henri Michaux, Cy Twombly, Basquiat la mostra si incentra sul concetto del disegno incompiuto, rimette in questione gli ordini cronologici e le categorie tradizionali (margine e centro, ufficiale e non ufficiale, classico e contemporaneo, opera e documento), ponendo lo scarabocchio al centro della pratica artistica.
Saranno soprattutto le avanguardie europee a ricercare l’ingenuità primitiva, quando gli artisti adottano il disegno trasgressivo, (Giacomo Balla identifica nei graffiti infantili a spirale le origini del Futurismo). I margini e le superfici si riempiono di sovrapposizioni, di profili, scarabocchi, antesignani dei doodles, disegnini ripetitivi fatti sovrappensiero. La sperimentazione di questo stile gribouillage servirà fra l’altro da premessa all’emergere della caricatura come forma d’arte a sé stante.
L’esposizione di Villa Medici presenta circa 150 opere, è articolata in sei sezioni tematiche e presenta in esclusiva alcuni prestiti eccezionali. Si può ammirare il palinsesto di disegni tracciati sul retro del Trittico della Madonna di Giovanni Bellini conservato alle Gallerie dell’Accademia a Venezia, disegni di Benozzo Gozzoli, Fra Bartolomeo, Michelangelo, Pontormo, Tiziano, Taddeo Zuccari, ma anche opere dei Carracci, Algardi, Bernini provenienti dalle più importanti collezioni italiane, il profilo grottesco di vegliardo di Leonardo da Vinci, dato in prestito dai Beaux-Arts di Parigi o il taccuino di Delacroix conservato all’Istituto nazionale di storia dell’arte di Parigi.
Il legame tra le due mostre di Roma e di Parigi è strutturato su un nucleo di opere comuni alle due sedi espositive, crea interessanti dialoghi fra artisti anche molto lontani tra loro, include, tele, lastre di rame incise per la stampa, porzioni di pareti staccate della bottega di Mino da Fiesole e dell’atelier di Giacometti, fotografie di Brassaï, opere di Fautrier, Asger Jorn, del gruppo Cobra, Luigi Pericle, Giacomo Balla, performances di Oppenhei. Il catalogo della mostra, pubblicato in versione italiana e francese da Villa Medici e dai Beaux-Arts, offre un’ampia sintesi delle 300 opere esposte nelle due sedi.