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Lo sciopero della cultura. Arte e musei nell’epoca della protesta

Laura Raicovich

Laura RaicovichLo sciopero della cultura. Arte e musei nell’epoca della protesta, in libreria il volume di Laura Raicovich

Lo sciopero della cultura. Arte e musei nell’epoca della protesta, è in libreria di Laura Raicovich sull’identità dei musei nella contemporaneità, tra ingerenze politiche, contraddizioni etiche e missione culturale. Le istituzioni culturali (musei, fondazioni, centri culturali, etc.) sono sempre più spesso nel mirino della contestazione: i manifestanti si sono mobilitati contro alcune fonti di finanziamento e contro alcune nomine nei consigli di amministrazione (Warren Kanders, produttore di gas lacrimogeni, per esempio, è stato costretto a dimettersi dal board del Whitney Museum), senza dimenticare manifestazioni contro specifiche mostre o opere d’arte.

Parola a Laura Raicovich. Direttrice museale e attivista, Raicovich racconta perché i musei sono sempre di più al centro di discorsi politici e in quale modo si potrebbe ripensarne la funzione. Ex-direttrice del Queens Museum di New York, nell’arco del suo mandato la Raicovich si è distinta per una serie di iniziative non convenzionali, nel tentativo di rendere l’istituzione culturale più connessa e vicina alla comunità locale, ma non ha avuto vita facile: le sue posizioni a supporto degli immigrati e dei ceti più svantaggiati, in aperta opposizione al governo Trump, sono state seguite da polemiche, proteste e non poche critiche.

Nel libro Lo sciopero della cultura. Arte e musei nell’epoca della protesta (Nomos) Raicovich prende in esame alcuni dei punti-chiave più critici per i musei fa il punto della situazione sui dibattiti contemporanei. Illustra la nascita dei musei d’arte come istituzioni coloniali, baluardi di una “ideologia della neutralità” che di fatto sostiene valori conservatori e capitalisti e suggerisce modi in cui i musei possono reinventarsi per meglio adempiere al loro compito pubblico.

Le proteste hanno toccato istituzioni di tutto il mondo, dal Guggenheim di Abu Dhabi all’Akron Art Museum. Le aspettative di un impegno attivo per il cambiamento della società da parte dei musei sono cresciute. Proteste da parte del pubblico, proteste da parte degli artisti. Nan Goldin, per esempio, ha fondato un’organizzazione militante, PAIN (Prescription Addiction Intervention Now), dopo essersi disintossicata dall’OxyContin (un oppioide antidolorifico). La missione dichiarata del gruppo PAIN è rendere note al pubblico le connessioni tra la produzione di farmaci e la famiglia Sackler, un nome legato ai musei d’arte di tutto il mondo: «Protestiamo contro i musei che permettono al nome Sackler di macchiare le sale e di deturparne gli spazi, celebrando la famiglia che ha guadagnato miliardi sulla pelle di centinaia di migliaia di persone», ha dichiarato l’artista. Nel 2019 la National Portrait Gallery di Londra rifiuta una donazione di 1,3 milioni di dollari da parte del Sackler Trust: Nan Goldin era in trattative con la pinacoteca per organizzare una retrospettiva sul suo lavoro. La Tate, il Metropolitan e il Guggenheim hanno seguito questa linea. Altri ancora, dopo l’omicidio Kashoggi, hanno iniziato a rifiutare i finanziamenti provenienti dal governo saudita. Senza schierarsi apertamente musei e gallerie hanno iniziato a perdere la loro (presunta) neutralità. Rinunciare alle donazioni di questo o quel mecenate significa ammettere che il denaro non è neutro.

I luoghi della cultura, sostiene Laura Raicovich, non devono essere neutrali. Nel libro l’ex direttrice del Queens Museum analizza in maniera chiara le disfunzionalità dell’universo culturale, per proporre un rovesciamento di paradigma rispetto alla natura stessa del museo come istituzione storicamente predatoria. L’esperienza in prima persona e una ricca galleria di esempi in ambito internazionale concorrono a costituire il ritratto di un panorama in via di cambiamento, troppo lento ancora, ma qualcosa si sta muovendo. Raicovich accompagna il lettore tra le incongruenze del mondo dell’arte, tra le contraddizioni dei meccanismi che lo reggono, dei miti fondativi e delle aspirazioni che spesso si scontrano con logiche pratiche, politiche e vessatorie. Ma non è un ritratto schiacciato dal pessimismo, piuttosto un modo per delineare i confini di un campo base da cui partire per una rivoluzione culturale, sfruttando le infinite possibilità del lavoro culturale.

 

LO SCIOPERO DELLA CULTURA Laura Raicovich

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