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Il Sassolino nella scarpa. Marco Tonelli sul Padiglione Italia

Gian Maria Tosatti, Padiglione Italia, Biennale Arte di Venezia 2022 Gian Maria Tosatti, Padiglione Italia, Biennale Arte di Venezia 2022
Gian Maria Tosatti, Padiglione Italia, Biennale Arte di Venezia 2022
Gian Maria Tosatti, Padiglione Italia, Biennale Arte di Venezia 2022

Rimpianti per aver “ceduto” Arcangelo Sassolino al Padiglione di Malta. E rilievi sulle scelte per quello italiano, “un readymade industriale”

Diciamocelo francamente: molti, me compreso, hanno pensato (e qualcuno ha avuto modo già di scriverlo pubblicamente) a un’occasione mancata, ma non perché non sia stato premiato né menzionato questo Padiglione Italia, bensì perché non fosse stato affidato a un altro artista italiano che, in un padiglione poco distante (quello di Malta), ha dimostrato cosa si può fare utilizzando acciaio e elettricità con una potenza emotiva straordinaria senza bisogno di alcuna complicata sceneggiatura socio-antropologica.

Di fronte all’opera di Arcangelo Sassolino, alle sue stelle cadenti di acciaio fuso a 1600 gradi che si spegnevano in 7 contenitori di acciaio pieni di acqua nera, quella di Gian Maria Tosatti, Storia della notte e Destino delle comete, nonostante il suo gigantismo, appariva ancor più statica, regressiva, malinconica e nostalgica di quel che fosse, con buona pace di chi ci ha visto dentro ben altro che un readymade industriale.

 

Arcangelo Sassolino, Diplomazjia astuta, Padiglione Malta
Arcangelo Sassolino, Diplomazjia astuta, Padiglione Malta

2 mila metri quadri

Perfino nel titolo dell’installazione nei termini “notte” e “caduta delle comete”, si poteva ravvisare alla lettera quanto invece con un titolo per la verità molto meno suggestivo (Diplomazjia astuta) accadeva di fatto nell’opera di Sassolino. Un curioso e forse irripetibile caso di inversione.

Due osservazioni infine più prosaiche: la prima riguarda l’unicità della scelta di affidare a un solo artista il padiglione italiano, che di per sé non è automaticamente impresa da elogiare: dipende poi da che uso ne fai, senza contare che una cosa è affidare padiglioni nazionali a un solo artista se dispongono di spazi enormemente ridotti (Germania Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna ad esempio), un’altra è fare lo stesso con un padiglione di 2 mila metri quadri e per di più nel paese ospitante l’intera Biennale. Un entusiasmo per il monopolio che non è così facile da spiegare.

 

Il latte dei sogni, Biennale di Venezia 2022
Il latte dei sogni, Biennale di Venezia 2022

Criteri non estetici

L’altra osservazione è che la mostra centrale del Padiglione Italia ai Giardini. (Quello vero, che Giovanni Carandente, quando diresse la sua prima Biennale di Venezia nel 1988, reintitolò tale come era in origine). Il latte dei sogni, basata su presupposti di sesso (binario, femminile e fluid), razza, provenienza extraoccidentale e fine dell’antropocentrismo (perfino sulla sostenibilità, altra sogno irrealizzabile, perché l’entropia non è reversibile), non è sembrato altro che la seconda puntata (al femminile) di quanto aveva fatto il marito stesso della curatrice. Il quale aveva diretto la Biennale nel 2013, il cui merito maggiore fu l’aver stimolato, senza volerlo, un grande studioso di estetica come Mario Perniola (realmente oltre i generi) a scrivere un libro critico e appassionato su di essa.

Intitolato L’arte espansa, seppure scritto molto a caldo, rimane uno dei libri più sferzanti e ragionati sul fenomeno dell’arte contemporanea quando integra dentro di essa criteri non estetici ma esclusivamente sociologici, antropologici, politici, di gender e di outsiders se non addirittura di dilettantismo. Vediamo se questa Biennale stimolerà altrettanto.

https://creativitacontemporanea.beniculturali.it/padiglioneitalia2022-biennalearte/

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