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La rivoluzione NFT arriva a Venezia con il Decentral Art Pavilion

Annibale Siconolfi
Raphael Lacoste

Decentral Art Pavilion ha portato a Venezia ha in sé la prospettiva che tutta questa nuova evoluzione decentralizzata del mondo dell’arte possa funzionare, e (forse) anche bene

Il nome non è fuorviante: situata nella splendida sede di Palazzo Giustinian Lolin, la mostra “Singularity“, curata da Florencia S.M. Bruck, Javier Krasuk, Diego Lijtmaer e Simone Furian presenta un insieme di oltre 200 opere d’arte NFT, create da oltre 80 artisti internazionali, mirando a “decodificare le NFT e il futuro dell’arte”. Presenta anche una selezione speciale curata da Robert Alice che guarda alle origini del movimento NFT, tracciandone la storia iniziale e presentando le prime opere d’arte che hanno contribuito all’ascesa di questa pratica capace di “scuotere il sistema”.

Ora, prima della nostra visita, ci siamo permessi di essere scettici: l’intero mondo NFT è da approcciare con attenzione, poiché porta con sé una serie di dicotomie, visioni diverse, speculazioni, dubbi, promesse di futuri democratici, flops e utopie di nuovi mondi che spesso non sono facili da elaborare per chi non naviga quotidianamente sul web3. Così, come tutte le cose nuove, più che cavalcarne le onde, ci piace osservarle da lontano.  

Annibale Siconolfi

Ci chiedevamo innanzitutto se la promessa della decentralizzazione potesse portare un valore aggiunto a Venezia. Il tutto dipendeva dalla linea curatoriale, che a nostro avviso doveva essere ben strutturata e accessibile ai non addetti ai lavori. Al Decentral Art Pavilion, tutte le caselle sono state spuntate, ed è stato interessante approcciarsi alla visita in continuità con la chiave di lettura ibrida presentata dal taglio curatoriale della Biennale di Venezia, che di per sé chiede di immaginare futuri possibili. 

“Singularity” – nelle parole dei curatori – “è un’immersione profonda nell’arte decentralizzata, con l’obiettivo di educare, coinvolgere e affascinare l’appassionato, il collezionista e il pubblico in generale”. Negli spazi di uno splendido palazzo veneziano, la mostra non è solo un’occasione per esporre l’ultima declinazione fenomenologica del mondo dell’arte, ma anche per iniziare una conversazione in grado di far luce su questo nuovo movimento che a molti pare oscuro, aiutando quindi “i profani” ad avvicinarsi a questo nuovo linguaggio. 

Fondamentalmente la mostra è incentrata su una volontà di uscire dalla “nicchia delle comunità tech”, portando le NFT su uno dei palcoscenici principali del mondo dell’arte per suggerire, promuovere – ma anche vendere – la promessa di un futuro cripto e decentralizzato. Dietro quella che qualcuno potrebbe chiamare retorica speculativa (soprattutto i profani), c’è una costruzione che ci ha convinto. 

courtesy of AKQA

Ciò che è intrinseco nella promessa delle NFT, e che si respira anche nella mostra qui a Venezia, è il senso di comunità e di appartenenza: nata in maniera decentralizzata (ovvero senza strutture o gerarchie di potere) e cresciuta tra le mura del web3, la comunità artistica NFT porta in sé un meccanismo sovversivo rispetto alle dinamiche del mondo dell’arte fisico (quante volte parliamo di comunità se non in senso politically-correct e strumentalizzato?). 

Il cambio di paradigma che potrebbe permettere, prevede non solo che gli artisti lavorino in armonia e condividano un forte senso di comunità (comune per gli internauti che contribuiscono attivamente al web3), ma anche un approccio più democratico a tutto ciò che è collezionismo. 

courtesy of AKQA

Tutti questi fattori sono presenti al Decentral Art Pavilion: la curatrice ci guida per la mostra spiegandoci che è stata curata dagli artisti stessi (senza gerarchie, per intenderci) e nuove opere di artisti interessati arrivano in continuazione, aggiungendosi al continuo flusso degli schermi allestiti nelle splendide stanze barocche del palazzo. Inoltre, chiunque può comprare le opere d’arte sul momento, scansionando il QR-code direttamente collegato ai wallet degli artisti: tutti i complessi meccanismi di acquisto dell’arte vengono semplificati da una transazione su blockchain. In futuro, forse, potremmo andare alle mostre e comprare arte in questo modo, indipendentemente dalle connessioni e dai legami che abbiamo con il sistema. E’ questo il nuovo significato di accessibilità del mercato intrinseco all’idea di decentralizzazione? Non lo sappiamo, ma è comunque una speculazione interessante. 

Infine, la volontà di favorire la connessione con il pubblico e di invitare gli scettici, i profani e tutti i curiosi ad entrare in questo “nuovo mondo” è portata avanti da un programma di 8 weekend talks incentrati sulle NFT, che toccheranno argomenti come Arte Generativa, Fotografia e NFT, Donne e NFT, NFT e musica e altro ancora. Il tutto, ovviamente, accessibile anche via metaverso. Come ormai sappiamo, NFT e metaverso vanno di pari passo, sono un “package deal” direbbero gli Inglesi: la necessità di un cambio di paradigma opera attraverso nuovi spazi, linguaggi, strumenti, tecnologie (come, storicamente, è sempre avvenuto). 

courtesy of AKQA

Le premesse ci sono tutte: la sede, la linea curatoriale, le opere, i talk, la volontà di aprirsi e avviare conversazioni e – ovviamente – più di 200 opere da esplorare, tra cui spiccano nomi come Beeple o Cryptopunks, ben noti anche ai più profani. 

Se la promessa della decentralizzazione avrà o meno il suo fondamento a Venezia verrà valutato in tempi successivi, nel frattempo consigliamo vivamente di visitare il padiglione e dare un’occhiata a come esteticamente e speculativamente appare quello che potrebbe essere il futuro dell’arte. 

decentralartpavilion.io

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