Alcarràs, l’ultimo raccolto. Dal 26 maggio al cinema l’Orso d’Oro 2022. Agricoltura, progresso e identità in un commovente ritratto famigliare
Alcarràs è un piccolo villaggio della Catalogna. Da quando ne ha memoria, la famiglia Solé vive del frutto di una terra che non è la sua ma a cui dedica tutti i propri sforzi. Questo raccolto però potrebbe essere l’ultimo: il proprietario ha nuovi piani per il frutteto, i peschi dovranno far posto ai pannelli fotovoltaici. Il progresso incombe, in atto ci sono cambi epocali. I Solé per la prima volta si trovano a dover affrontare un futuro incerto, rischiando di perdere tutto, compresa la loro identità, il loro posto nel mondo.
Con Alcarràs, suo secondo lungometraggio, Carla Simón ha conquistato l’Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino: «questa è una storia di appartenenza a una terra, a un luogo, ma e anche un dramma sull’eterna tensione generazionale, sul doloroso superamento delle antiche tradizioni e sull’importanza di rimanere uniti in tempi di crisi – ha spiegato la regista – Alcarràs è concepito come un film corale perché desideravo raccontare cosa significa essere parte di una grande famiglia. Dialoghi che si intrecciano, energie opposte, caos, gesti piccoli ma significativi, reazioni a catena emotive… Ciascun Solé cerca il proprio posto nel mondo in un momento in cui la famiglia è sul punto di perdere la propria identità collettiva».
Simón ha scelto di lavorare con attori non-professionisti della zona di Alcarràs per conservare un legame più profondo possibile con questa terra e con la sua lingua, cercando di farli diventare una vera famiglia; gli attori hanno passato molto tempo insieme, improvvisando per costruire le loro relazioni.
«La mia principale fonte d’ispirazione è la mia grande famiglia – ha raccontato la regista Carla Simón – sono una fonte inesauribile di storie. Ci riuniamo molto spesso e io mi ritrovo circondata da nonni, genitori, zii, cugini, fratelli… La mia vita è sempre stata piena di gente. Questo film è stato concepito come un’opera corale proprio per il mio desiderio di raccontare cosa significhi far parte di una grande famiglia. Dialoghi che si intrecciano, energie opposte, caos, gesti piccoli ma significativi, reazioni a catena emotive… Ognuno ha il suo interesse personale, ma tutti quanti devono trovare un modo per vivere insieme».
Nel 2017 con il suo primo lungometraggio, Estate 1993, la regista spagnola ha vinto il premio come migliore opera prima alla Berlinale, ricevendo anche il Gran premio della giuria nella sezione Generation Kplus. Il film ha ricevuto oltre 30 riconoscimenti in tutto il mondo, tra cui 3 Goya e una nomination agli EFA, e ha rappresentato la Spagna nella corsa all’Oscar.